Spin-off LE LETTERE DEL TERRESTRE


La Terra Il Cielo L'Universo L'Ostacolo (Katya Sanna)


KATYA SANNA
 


LE LETTERE DEL TERRESTRE
 


2002/2022
 


Spin-off della trilogia
Le Chant De L'Ange
 

Pubblicato nel 2022 questo spin-off risale al 2002.
Ideato in concomitanza con le due raccolte di racconti brevi
"Coloro che partirono dal centro del Cerchio" e "L'Esilio".
Con "Le lettere del terrestre"
si accede alle esperienze, ai ricordi e pensieri di Andrè,
personaggio presente nel capitolo
"La Revelation-La Rivelazione"
del romanzo "Le Chant De L'Ange - Il Canto Dell’Angelo"
e protagonista del racconto
"I Dormienti"
della raccolta "Coloro che partirono dal centro del Cerchio
 

INDEX
 
La Coltivazione
Il Nome
Andrè, Il Terrestre
Atlantide
I Principi
Il Dono
La Danse Des Anges
La Richiesta Del Messaggero
Dominante
Cavalieri Della Tavola Rotonda Assaggiamo E Vediamo Se Il Vino E’ Buono
Angeli & Black Bloc
L’Alba
Danse de Clèves
IL Giorno Più Bello
La Regina
Flash Mob
In Camper A Montségur
La Minore Di Tutte Le Sorelle
Il Giardino
Ipersfera
Incursione
La Via Dei Canti
 
 
 
Sono sempre Uriel, il Guardiano del Cancello Ovest,
oggi vi racconto di Andrè
 
 
La Coltivazione
 
Gabriel era seduto accanto alla teca, faceva il solletico al bambino custodito all’interno.
Il bambino aveva grandi occhi nerissimi, come la pelle e i capelli ricci e folti,
ridacchiava afferrando le dita di Gabriel.
Laviah si avvicinò e si appoggio sulla teca guardando Gabriel con simpatia:
- Partirà domani – disse guardando il bambino
Gabriel annuì, poi alzò lo sguardo verso Laviah:
- Ruanda – specificò serio
Anche Laviah si fece seria.
 
Gabriel e Laviah si trovavano nella Sala Delle Coltivazioni.
La Sala Delle Coltivazioni è il luogo dove sono allestite teche di cristallo in cui creiamo le vite.
Per intenderci posso dire che le nostre teche di cristallo sono “simili” alle vostre incubatrici, ma se le vostre incubatrici sono relative a situazioni problematiche le nostre teche, al contrario, sono il luogo in cui fiorisce la vita.
La parola fiorisce non l’ho scelta a caso perché di una vera e propria coltivazione si tratta.
Quando ci trovavamo nella nostra Città la Sala Delle Coltivazioni era un salone che occupava il piano più alto del palazzo dove c’erano i laboratori di Raphael.
All’epoca era molto luminosa con grandi vetrate che affacciavano sui giardini
Da quando fummo costretti a fuggire dalla nostra Città la Sala Delle Coltivazioni era sempre molto grande, sempre adiacente ai laboratori di Raphael ma senza finestre, piuttosto era illuminata da una luce blu molto riposante e dalla luce perlacea che proveniva dall’interno delle teche.
A prendersi cura dei nuovi nati poteva essere una persona singola, una coppia, un gruppo; fondamentalmente però tutti noi ci prendevamo cura di tutti i nascituri: erano figli di tutti.
La crescita è piuttosto veloce, e io in particolare mi diverto ad osservare le loro evoluzioni, passo le mezzore appoggiato alla teca a e mi perdo in mille pensieri su come sarà la loro vita…questo è uno dei motivi per cui spesso mi ritrovo ad arrivare in ritardo agli appuntamenti, mi rimproverano sempre che mi perdo in fantasticherie.
 
Io e Michael entrammo rompendo l’atmosfera ovattata della sala,
dal laboratorio Raphael fece capolino incuriosito
- Poche storie – sentenziò immediatamente Michael – da ora in poi quelli che partono per la Terra devono avere già un loro nome, deciso, insindacabile e immutabile!
- E’ più nervoso del solito – dissi io indicando Michael
- Un minimo di scelta? – lo canzonò ridacchiando Raphael tornando verso il laboratorio.
- Facci una tisana con le loro scelte! – tuonò Michael – nostro fratello sta mischiando le carte, sulla Terra non ci si raccapezzano! – poi indicando il bambino nella teca accanto a Gabriel: - Lo sai cosa rischia di diventare? Da ora in poi tutti devono ricordarsi da dove arrivano e cosa devono fare! - continuò Michael
- Ma il Re… - provai ad intervenire
- Uriel perfavore! Non ti ci mettere pure tu! Me la vedo io con il Re! – sentenzio Michael
- Camomilla? – gli sorrise Raphael tornando dal laboratorio porgendogli un bicchiere.
- Basterà? – ridacchiai

Il Nome
 
Era una mattina di una Primavera gelida:
Sole luminoso, neppure una nuvola, non c’era vento, ma faceva freddissimo!
Da quel cielo azzurro, piombarono giù quattro lunghe fiamme d’argento
puntando verso Maternité De La Croix-Rousse, Lione, in Francia,
entrarono nell’ospedale saettando velocemente:
due si fermarono di fronte alla vetrata da cui si possono osservare i neonati,
le altre due attraversarono corridoi e pareti per poi piantarsi come colonne maestose accanto al letto da parto per seguire gli ultimi momenti del travaglio di Isabelle.
Isabelle era molto giovane, fortunatamente per lei non ebbe un parto difficile:
- Un bel maschietto – notificò Mumiah
- Bene, andiamo prima che facciano danni - concluse Habuhiah
Così le due luci immediatamente si proiettarono verso la camera dove era ricoverata Isabelle, aspettarono il suo arrivo, con loro fattezze originali ma rimanendo invisibili.
 
Nella camera c’era Antoine il marito di Isabelle, ansioso guardava la televisione distrattamente saltando da un canale all’altro.
Quando vide entrare Isabelle ebbe una reazione esagerata, come avesse ricevuto una scossa elettrica:
- Come stai? Tutto bene? 
- Si sto bene, è andato tutto bene – rispose Isabelle
- Il bambino? Il bambino sta bene?
- Si tutto bene – intervenne l’infermiera – E’lei che non sta bene, le porto un ansiolitico?
Mumiah e Habuhiah si guardarono dubbiose, si avvicinarono a Antoine.
- Dobbiamo ancora decidere il nome – disse Antoine – Armand? François?
- Louis – disse Isabelle
Mumiah e Habuhiah si scambiarono un’occhiata seria:
- Andrè – scandì Habuhiah con tono minaccioso all’orecchio di Antoine
- René – disse Antoine
- Non ti azzardare! – esclamò nervosa Mumiah dando un pesante ceffone sulla nuca di Antoine
- Cosa c’è? – chiese Isabelle notando una strana smorfia sul volto del marito
- Non so una strana fitta tra capo e collo, mi fa malissimo.
Mumiah alzò gli occhi al cielo, sbuffando cambiò canale del televisore
lasciandolo sul cartone animato “Lady Oscar”
nel corso di un dialogo tra la protagonista e il suo attendente André Grandier.
- Andrè! – ripetè Habuhiah
- Andrè. Lo chiameremo Andrè  - sorrise Isabelle indicando il televisore
- Come un cartone animato? – chiese Antoine per niente convinto
- Parto con un altro ceffone? – brontolò Mumiah
- Ma si, è un bel nome – concluse Antoine sorridente.
 
Gabriel e Laviah erano in piedi di fronte alla vetrata
guardavano Andrè appena arrivato dalla sala parto.
Laviah era molto affezionata a Gabriel ed aveva l’abitudine di accostarsi a lui abbracciandogli un braccio appoggiando la testa sulla sua spalla, anche in quel momento era così.
- Siete parenti del bambino? – chiese una signora abbastanza anziana
- No – rispose Gabriel
- Lo guardate con così tanta tenerezza, pensavo che lei fosse il padre.
- No – rispose ancora Gabriel con un sorriso.
- Ma ci siamo presi cura di lui fino a poco prima che nascesse – intervenne Laviah.
- La madre è davvero fortunata ad avere un ginecologo e un’ostetrica così presenti – sospirò la signora.
A quelle parole Gabriel e Laviah si scambiarono uno sguardo divertito
- Mia figlia all’ultimo momento si è ritrovata con il ginecologo in ferie e l’ostetrica in malattia, per fortuna non ci sono stati imprevisti. Eccola là la mia nipotina. 
Gabriel e Laviah riconobbero i passi veloci di Mumiah e Habuhiah che si stavano avvicinando, si voltarono appoggiando la schiena sul vetro e le videro abbigliate con tanto di camici, Habuhiah aveva anche lo stetoscopio che sbucava dal taschino:
- Tutto fatto – disse
- Possiamo andare – concluse Gabriel

Andrè, Il Terrestre
 
Dopo una seconda gravidanza non portata a termine
Andrè rimase l’unico figlio di Isabelle e Antoine.
Isabelle era professoressa di Filologia Romanza,
mentre Antoine era un magistrato.
Ambedue provenivano da famiglie facoltose, molto facoltose,
in particolare Antoine discendeva direttamente da Jean de Villiers de L'Isle-Adam:
cavaliere medievale che divenne poi maresciallo di Francia, governatore di Parigi e pure cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro.
 
Isabelle, Antoine e Andrè vivevano in una grande residenza storica fuori Parigi,
una grande casa con un giardino pazzesco un vero e proprio parco
dove, con lo sconforto dei giardinieri, André organizzava partite di calcio con i suoi compagni di scuola, “i Mondiali troppo Mondiali” come li chiamava lui.
Ogni tanto si trasferivano a Lione,
mentre l’Estate la trascorrevano in un bel villino ad Arques, nell’Aude.
 
Andrè si rivelò un bambino molto educato, con un carattere mite, ma risoluto.
Piccolissimo passava ore a sfogliare i libri d’Arte della biblioteca affascinato dalle figure, appena iniziò a leggere si appassionò ai fumetti, ne collezionò tantissimi.
Gli piaceva strimpellare il clavicembalo del salone: gli piacevano le note alte e muoveva le dita velocemente, ma finché non iniziò a studiare musica era un tormento perché lui non si stancava mai, e rimbecilliva tutti con note a casaccio, spesso veniva allontanato a forza dal clavicembalo.
Era curioso, gli piaceva guardare il giardiniere come lavorava, anche stare in cucina e provare ad aiutare il cuoco a pulire la verdura o a fare il pane.
A circa 8 anni divenne improvvisamente vegetariano, così di colpo:
- Io non mangio animali morti! – strillò battendo i pugni sul tavolo
- Prova a mangiarli vivi – rispose il padre
Ma l’ironia di Antoine non lo smossero.
Non passò molto tempo che Isabelle e Antoine furono sorpresi da un’altra decisione di Andrè.
Isabelle diede una carezza sulla fronte del figlio spostandogli la frangia che si era allungata:
- Domani andiamo a tagliare i capelli – gli disse sorridendo
- No!!! – strillò Andrè allontanandosi dalla madre – I capelli non si tagliano!
- Ti coprono gli occhi, sembri un cagnolino – ridacchiò Isabelle
- No! – brontolò Andrè  - I capelli non si tagliano! I capelli sono Sacri!
Isabelle per qualche secondo fu paralizzata nel silenzio da un guazzabuglio confuso di imbarazzo, meraviglia, stupore, sorpresa, divertimento:
- Da dove esce questa storia? – gli chiese
- E’ così e basta! – rispose Andrè
Andrè era fortunato perché i genitori erano accondiscendenti, pensavano che era meglio non ostacolare quelli che potevano sembrare capricci o stramberie
perché erano convinti che con il tempo tutto sarebbe “rientrato nella norma”.
Invece a queste novità si aggiunse un passatempo che davvero li sbalordì,
tanto che un giorno Isabelle ed una delle domestiche entrarono nella camera di Andrè e rovistarono dappertutto, misero a soqquadro la camera in cerca di qualcosa che desse delle spiegazioni, ma non trovarono niente oltre quello che si può trovare nella camera di qualsiasi bambino della sua età: era tutto pacificamente ordinario, usuale, consueto, banale.
Cosa sorprese così tanto Isabelle e Antoine?
Andrè creava in giardino delle curiose scenografie,
una sorta di altari oppure delle costruzioni simili alle Piramidi Egizie o le Ziqqurat Caldee.
Alla domanda “cosa sono?” la risposta era
- Mi devo mettere in comunicazione con Il Popolo Delle Stelle.
Isabelle e Antoine gli regalarono un cannocchiale,
e gli indicarono anche dei libri che poteva trovare nella loro biblioteca che trattavano di Astronomia, gliene comprarono degli altri…
Insomma non lo lasciarono certo sprovvisto di mezzi.
Lui approfittò di tutti quei consigli:
per un breve periodo si appassionò di documentari scientifici,
diede anche uno sguardo ai libri, ma li abbandonò poco dopo,
preferiva i libri e i film di Fantascienza o Fantasy.
Al contrario prese l’abitudine di osservare costantemente il cielo con il cannocchiale, in particolare gli piaceva soffermarsi sulla Luna.
Ma il culmine lo raggiunse un’Estate ad Arques.
Una sua amica tra i regali di compleanno aveva ricevuto anche una bambola molto bella, antica di porcellana, con i vestiti cuciti a mano, una vera opera d’arte.
Quando Andrè vide quella bambola chiese alla sua amica se voleva battezzarla,
lei rispose entusiasta che era una bella idea.
Il pomeriggio seguente Andrè riunì in giardino tutti gli amici che frequentava ad Arques, la proprietaria della bambola portò alcune scatole di biscotti e Andrè avvolto, quasi sprofondato, nelle lenzuola ricamate si inventò sacerdote che officiava il battesimo, imponendo le mani sulla fronte della bambola così preziosa con notevole immedesimazione.
 
Trascorse un adolescenza spensierata, consapevole di essere nato in una famiglia privilegiata si godeva la vita: feste, molte frequentazioni, spesso in ambienti “alternativi” e artistici più frequentemente negli squat.
La musica fu il punto di rottura con il padre che confidava di vederlo notaio come suo zio, avvocato come sua cugina, o magistrato come lui…
insomma era convinto che avrebbe proseguito la tradizione di famiglia.
Invece della famiglia Andrè spezzò tutti i sogni e tutte le tradizioni perché decise di approfondire le sue passioni: l’antropologia, la musica, i miti, le leggende, l’archeologia.
Si iscrisse si all’università ma per seguire il piano di studi di Etnomusicologia.
 
Andrè era riservato, ma non timido, anzi piuttosto libero, eccentrico, disinibito.
Spesso amava indossare ampie gonne lunghe fino a metà polpaccio, accompagnate da stivali scuri, mai di pelle, ma sempre in materiali vegetali, “perché gli animali non si toccano”.
In famiglia sconcertati si chiedevano dove le prendeva certe idee. 
In età più adulta si fidanzò con Sylvie de Guéhéneuc,
figlia di una coppia di architetti.
Lei si che aveva seguito le orme dei suoi genitori,
non a caso era un’arredatrice d’interni molto quotata.
Andrè e Sylvie si conoscevano sin da bambini, dai tempi della scuola
e non si erano mai del tutto persi di vista.
Il fidanzamento con Sylvie fece illudere la famiglia che Andrè “stava mettendo la testa a posto” in particolare la nonna (”La Duchessa Henriette” così la si doveva chiamare, sempre anche in famiglia) che considerava il nipote “la rovina del casato”:
- Ti pare che un uomo deve perdere tempo dietro ai capelli! – brontolava spesso la duchessa.
Già perché i capelli di Andrè erano di un bel castano scuro, lunghissimi
sempre raccolti in treccioline che lui stesso curava ad ogni lavaggio.
I suoi amici gli chiedevano perché non si faceva definitivamente i dreadlock,
ma lui rispondeva che i dreadlock erano troppo convenzionali.
 
Atlantide
 
Andrè si era addormentato con il ticchettio ritmato della pioggia
che risuonava sui vetri della piccola finestrella sopra la sua testa, che dava sulla strada.
Si trovava alla periferia di Parigi nello squat dove abitava Alan,
uno dei più oltranzisti, integralisti, nichilisti dei complottisti che si potessero incontrare:
era contro tutto, contro tutti, non credeva in niente, a niente, a nessuno.
Era un genio della cibernetica, era un hacker.
Malgrado questo piglio così rigido e poco incline al dialogo aveva verso Andrè
una flessibilità e un affetto che sorprendeva anche lui,
Alan fu la prima persona a cui Andrè iniziò a confidare la parte più segreta della sua esistenza.
Da sempre la vita di Andrè fu caratterizzata dalla presenza di sogni misteriosi, a volte vividi e realistici, che lo proiettavano in una vita parallela a cui lui dava molta importanza.
 
Pioveva da giorni.
Andrè era stato sorpreso dal temporale improvviso e violento,
per ripararsi si era rifugiato in un fienile, forse abbandonato.
Se ne stava a rannicchiato sul fieno umido,
sperando di trovare un po’ di tepore,
ma tutta quella pioggia portava solo freddo e malessere.
Andrè era in un'altra epoca, forse neanche era lui.
Laviah si chinò sussurrandogli:
- Stiamo andando via.
Andrè aprì gli occhi sobbalzando
fu invaso da un senso di smarrimento, di puro terrore.
Come una visione,
un sogno nel sogno,
vide delle piattaforme
come isole,
come astronavi,
sganciarsi dal fondo del mare,
partire all’unisono verso il Cielo
abbandonare il Pianeta Terra.
La grande massa d’acqua spostata dall’urto della partenza
provocò colossali onde di tzunami
che ricoprirono le coste.
Poi la pioggia,
che non terminava mai.
Andrè era ancora in un'altra epoca, anche questa volta, forse neanche era lui.
Vestito con una casacca ruvida, calzari di legno, una borsa e una borraccia
stava tornando dal suo lavoro nei campi.
Camminava da solo.
Poi alla sua sinistra
tre piramidi,
maestose, solitarie, mute, abbandonate, dimenticate.
 
Andrè raccontò questo suo sogno ad Alan, durante il tragitto per raggiungere la brasserie dove fare colazione.
Camminavano sotto la pioggia coperti solo dai cappucci delle loro giacche.
- Da quello che racconti Atlantide sembra un concetto più che un continente – disse Alan
Andrè era silenzioso, con lo sguardo basso, molto pensieroso.
- Se credi che i tuoi sogni siano davvero messaggi – continuò Alan – Tu cosa devi farne?
- E’ questo che non capisco – rispose Andrè
- Scusa, ma… - mormorò sommessamente Alan – Non te l’ho mai chiesto…ma Sylvie c’è in questi sogni? - domanda per nulla disinteressata, Alan non aveva alcuna simpatia per Sylvie,
a dirla tutta non la sopportava proprio: carina, a suo modo anche simpatica, ma troppo chic, troppo trendy, sempre così cool, con suoi tacchi chunky…così borghese…cosa c’entrava con Andrè? Sylvie era la sintesi del tipo di persone che Alan più detestava.
- Mai – rispose secco Andrè – Mai, mai neppure una volta, Sylvie non c’è mai. Ci sono altre persone, mai viste e conosciute, tutte dello stesso tipo, sono molto alti, hanno l’aspetto umano, ma non sono esseri umani, sempre così calmi, così centrati, sempre sicuri, autorevoli.
 
Parlava di noi.

I Principi
 
Il giorno prima della partenza Laviah li riunì tutti in aula,
sembravano una scolaresca in fibrillazione per la prossima gita.
Gli insegnò dei canti, crearono delle belle polifonie, li fece cantare a lungo.
Erano i bambini destinati al Pianeta Terra.
Inaspettatamente entrò in aula Gabriel, si fermò accanto a Laviah per ascoltare il canto.
Laviah se ne accorse immediatamente:
- L’ha puntato – disse a bassa voce, assicurandosi però che Gabriel la sentisse.
Lo sguardo di Gabriel si era subito posato su Andrè, lo fissò per tutto il tempo.
- Cos’è? – sorrise ironicamente Laviah – Hai deciso di rovinargli la vita?
Anche Gabriel sorrise:
- Direi di no – le rispose prendendo un tamburo e indirizzandosi verso Andrè gli disse – tieni suona questo e continua a cantare.
Andrè improvvisò un ritmo dal sapore tribale e una bella melodia soave,
poco dopo tutti gli altri istintivamente seguirono il suo canto.
Gabriel si illuminò di gioia, Laviah lo guardava sempre più incuriosita:
- Quel’è il tuo piano? – gli chiese guardando Andrè
- Mi serve – rispose Gabriel – gli altri possono partire, lui rimane con me.
Appena Andrè terminò il suo canto Laviah richiamò l’attenzione di tutti:
- Potete uscire - tu – rivolgendosi ad Andrè – segui lui – indicando Gabriel.
I ragazzi andarono via, Andrè raggiunse Gabriel che gli tese una mano,
Andrè appoggio la sua mano in quella di Gabriel che la strinse sorridendogli
e lo portò via con sé.
 
Lo condusse subito nella Sala Della Musica dove i musicisti si riunivano ogni giorno per comporre nuove melodie, nuovi ritmi, nuovi suoni.
Andrè fu accolto da una serie di “Ciao Andrè”, gli sembrò che proprio tutti lo stessero aspettando.
- Canta seguendo quello che suono io – disse Gabriel ad Andrè.
Gabriel prese un violino e iniziò a suonare, Andrè non ebbe nessuna difficoltà a cantare, poco dopo si unirono gli altri musicisti: la sala si riempì di musica.
Andrè si divertì molto.
Per diversi giorni Andrè fu impegnato con i musicisti,
Gabriel gli ordinava dei compiti che lui svolgeva senza difficoltà,
spronandolo sempre più frequentemente a comporre da solo sue melodie.
 
- Oggi cosa facciamo? – chiese Andrè
- Andiamo da Raphael – rispose Gabriel – Imparerai cose molto utili, cerca di memorizzare tutto quello che gli vedrai fare.
Quando arrivarono al laboratorio, Raphael li accolse abbassandosi puntando le mani sulle ginocchia per scendere all’altezza del bambino:
- Chi mi hai portato questa volta? – chiese allegro
Andrè si avvicinò a Raphael incuriosito dalla sua lunga treccia che era scivolata in avanti mentre si era chinato:
- Che bella – disse ammirato – la voglio anche io una traccia così
- Non è difficile, basta non tagliare i capelli – disse Raphael facendo l’occhiolino a Gabriel
- Io vado – disse Gabriel facendo cenno di allontanarsi
- Ma poi torni? – chiese Andrè
- Tra qualche giorno – rispose Gabriel – Rimarrai con Raphael
- Ma poi torni – insistette Andrè
- Certo – lo tranquillizzò Gabriel sorpreso dall’ansia di Andrè
- Non ti preoccupare non ti abbandona – ridacchiò Raphael prendendo il viso di Andrè tra le mani.
 
Raphael non insegnò niente ad Andrè, semplicemente lavorava con Andrè accanto,
era il suo metodo.
Nei laboratori di Raphael c’erano tantissimi allievi e assistenti, Andrè non distingueva la differenza, notò immediatamente quanta serenità Raphael infondeva su tutti: malgrado la mole e il ritmo serrato di lavoro, si respirava un’aria allegra, tutti ridevano, scherzavano, si facevano dispetti.
Per Andrè era esaltante seguire gli esperimenti: si passava da silenzio e concentrazione sacrale ad un entusiasmo simile al tifo da stadio.
Se invece gli esperimenti non avevano l’esito sperato o addirittura negativo, alzavano le spalle come se niente fosse:
- Se le cose vanno male vuol dire che andrà bene la prossima volta, se le cose vanno bene vuol dire che hai imparato una cosa nuova – disse Raphael ad Andrè.
Andrè senza accorgersene imparò a realizzare moltissimi medicamenti, a coltivare piante e fiori.
Raphael lo faceva parlare tanto.
Quel giorno si trovavano nella serra intenti a piantare bulbi e staccare le foglie in eccesso ad altre piantine. 
- Ti trovi bene con Gabriel? – gli chiese
- Si, mi fa cantare, mi fa anche scrivere poesie
- Ti piace?
- Si tanto. Mi piace quando lui suona il violino e io canto.
Raphael sorrise.
- Cos’altro ti piace fare?
- Scrivere i pensieri alla fine della giornata, lui li legge sempre.
- Hai un diario?
- No, sono lettere.
- Ti fa scrivere delle lettere?
- Si, delle lettere: tutte le sere scrivo una lettera, a mano, su un foglio, uno solo, il giorno dopo lui la legge e poi con quel foglio mi insegna a fare delle figure. Mi ha detto di pensare a lui ogni volta che scrivo.
- Allora tu dovrai mantenere quest’abitudine anche quando vivrai sulla Terra: la sera, prima di andare a dormire, dovrai scrivergli una lettera, per raccontargli i tuoi pensieri – Raphael prese un gelsomino – Tieni, questo è il suo fiore. Ti faccio vedere una cosa.
Raphael avvicinò a sé Andrè accennando ad un piccolo gesto nell’aria:
si formarono due cerchi d’oro che si intersecarono tra loro creando al centro dell’intersezione uno  spazio, simile ad una mandorla, illuminato da una bellissima luce bianca:
- Cos’è? – esclamò Andrè meravigliato
- Vieni – disse Raphael prendendolo per mano
Attraversarono la luce bianca e si ritrovarono davanti ad una vasca circolare colma di acqua chiara che invitava a tuffarsi, e infatti c’erano alcuni bambini come lui che si tuffavano, ma con un certo sconcerto Andrè notò che nessuno tornava in superficie, sembravano fossero stati tutti inghiottiti dall’acqua.
- Dove sono finiti? – chiese a Raphael
-  Nella loro nuova casa, anche tu ti tufferai e così che arriverai sulla Terra.
- E quando?
- Lo deciderà Gabriel, ma non credo manchi molto.
Andrè si avvicinò alla vasca e immerse una mano nell’acqua: era fresca, invitante.
- Com’è? – chiese Raphael
- Bella – rispose Andrè
- Apri la bocca e tira fuori la lingua.
Andrè obbedì.
Raphael fece comparire una sottile cialda romboidale e la posò sulla lingua.
- Appiccicosa – ghignò Andrè – cos’è?
- Anticorpi, ti serviranno per non ammalarti mai.
Poi gli prese la mano sinistra ed al centro vi incastonò un diamante,
che scomparve immediatamente.
Andrè non chiese nulla, ma guardò Raphael con stupore:
- Sulla Terra la vita è molto dura, tu non puoi ammalarti e non devi trovare difficoltà.
- Sei gentile – disse Andrè meravigliato.
 
Quando mio fratello tornò a riprenderlo Andrè gli raccontò tutto quello che aveva imparato, come aveva passato il tempo, di quanto Raphael fosse premuroso.
Gabriel lo portò anche da me, cosa più unica che rara, nel mio Clan non ci sono allievi.
Decise di portarlo da me perché sapeva che eravamo impegnati a progettare nuovi modelli di motociclette proprio per il Pianeta Terra, dove continuavano insistentemente a utilizzare motori a scoppio, benzina, e, solo raramente nei casi più futuribili, l’elettricità...preistoria…anticaglia…
Come arrivarono Andrè rimase affascinato da come lavoravamo:
alcuni disegnavano, ma tutti gli altri realizzavano modelli elaborando dati matematici, e per lui era stupefacente vedere apparire e sparire le moto dal nulla, come per magia.
Gabriel lo spinse in avanti incitandolo ad unirsi a noi.
Io lo accompagnai davanti ad una Harley-Davidson Cruiser Softail-Standard:
gli assegnai subito il primo suo compito: smontare pezzo per pezzo la moto, catalogare ogni parte e riassemblarla…lo so che può sembrare un lavoro titanico, sproporzionato, ma credetemi ha un suo perché.
 
Andrè rimase con noi un po’di giorni, si interessò anche ai progetti,
che sicuramente erano più divertenti di smontare e rimontare una moto.
L’ultimo giorno della sua permanenza passò a trovarci Michael.
Trovò Andrè seduto a terra a lucidare una Moto Guzzi V11 Sport:
- Tu saresti il tuttologo – ridacchiò scompigliandogli i capelli.
Andrè si voltò per guardarlo, ma anche se provò a non togliere l’attenzione dal suo lavoro la figura Michael lo catturò: i suoi occhi chiarissimi magnetici, i capelli biondi che cadevano sulle spalle e sulla schiena con ciocche di lunghezze tutte diverse, selvatiche, la lunga gonna rossa che indossava, che si accordava ai suoi movimenti nervosi, e gli stivali neri che scandivano i passi.
Michael lo ipnotizzò.
- Gli piacciono le moto – dissi io.
- Ma qualcuno ti ha insegnato a cucinare? – chiese Michael ad Andrè sedendosi sulla poltrona dietro una delle scrivanie – Uriel – seguitò rivolgendosi a me indicando Andrè  - Non deve andare sulla Terra?
- Non contare su di me - risposi guardando Andrè - non ho nessun interesse per la gastronomia.
- Almeno Raphael! Tra una tisana e un decotto  – insistette Michael
- Ti sei impuntato sulla cucina? – ridacchiai
- Se impari a cucinare - proseguì Michael rivolgendosi ad Andrè - sulla Terra ti si aprono tutte le porte
- Lo avete accerchiato – Disse Gabriel entrando nella sala - Imparerà da solo quando servirà. Concluse appoggiandosi sulla scrivania davanti alla poltrona dove era seduto Michael.
Partì una musica ritmata molto aggressiva ad altissimo volume.
 - Cos’è? - Michael guardandosi intorno – Siamo in discoteca?
- Facciamo pausa – risposi io.
Mi avvicinai ad Andrè e li feci indossare dei sandali con grosse molle sotto la pianta.
Li indossammo io, Andrè e tutti i miei assistenti.
Gabriel rideva divertito, Michael mise le mani sulla fronte sbigottito:
- Un’altro fratello matto - sospirò appoggiando i gomiti sul tavolo e facendo scivolare le mani sulla testa – Ma senti che baraonda! – disse cercando complicità in Gabriel, che però non poteva trovare perché a Gabriel gli è sempre piaciuto il mio Clan: il più eccentrico di tutti. 
Ballammo come dei forsennati saltando sulle molle.
Io insegnai ad Andrè a fare salti, la ruota, la verticale, a camminare sulle mani.
Si stancò parecchio, ma quanto si divertì. 

Il Dono
 
- Dove siamo? – domandò Andrè
- Sulla Terra – rispose Gabriel
Passeggiavano attraversando diverse Porte (lo spazio luminoso simile ad una mandorla che Andrè aveva scoperto con Raphael) passando in situazioni sempre diverse:
campi coltivati, deserti, boschi…
Per Andrè fu un immersione nella bellezza della Natura, gli animali lo commossero, gli piaceva pure la frenesia delle città affollate, l’arte, la musica, lo sport, provò ad unirsi ai bambini che giocavano a pallone in un parco di una città, ma Gabriel lo fermò rivelando che loro non potevano vederlo.
Le emozioni di Andrè però cambiarono bruscamente,
fu un vero schiaffo improvviso.
Si ritrovarono a camminare negli allevamenti degli animali che lo disturbarono parecchio, poi una serie di in territori desolanti, aridi, bruciati, poi slam abitati da povera gente che non aveva niente.
Tutta quella sofferenza turbò Andrè che si intristì sempre più,
ogni tanto voltava lo sguardo verso Gabriel, come per chiedere spiegazioni,
ma Gabriel sembrava indifferente, continuava a camminare con calma, fermo, saldo, imperterrito, imperturbabile.
Andrè rimase atterrito quando vide campi di prigionia, uomini e donne ridotte a scheletri, cadaveri abbandonati in strada bruciati, oltraggiati.
Attraversarono città ridotte in macerie, con gli echi dei bombardamenti che fecero fischiare le orecchie di Andrè, che continuava a guardare Gabriel sperando in una spiegazione che non arrivava mai.
Gabriel dopo avergli mostrato la bellezza del pianeta dove avrebbe vissuto,
lo stava spingendo a sopportare l’insopportabile, ma continuava a non dire niente, sempre altero come se niente lo riguardasse, niente lo commovesse, niente lo toccasse..
Passarono ancora attraverso la Porta e si ritrovarono su una spiaggia,
Gabriel diede uno sguardo veloce ad Andrè senza che lui se ne accorgesse,
lo vide più tranquillo: il mare azzurro, il Sole caldo, la brezza, il profumo di salsedine lo aveva confortato.
Poi dal nulla sbucò un gatto, un bel gatto rossiccio che camminava sul bagnasciuga.
Gabriel guardò Andrè e lo vide impallidire: il gatto camminava trascinandosi sulle due zampette anteriori perché quelle posteriori erano ferite, forse prese da una tagliola.
Come se il suo stato di sopportazione fosse arrivato al culmine Andrè  scoppiò in un pianto disperato si lanciò verso il gatto, ma Gabriel lo trattenne fra le sue braccia.
Piangeva a dirotto poverino.
- Perché tanta sofferenza? – strillò Andrè
Gabriel non rispose, lo strinse forte e lo lasciò piangere, singhiozzi su singhiozzi:
- Ma a tu non piangi mai? - gli strillò Andrè - Non te ne importa niente?
Gabriel invitò Andrè a sedersi con lui sulla sabbia, di fronte al mare.
- C’è una guerra – gli rispose Gabriel – Prima le cose non erano così, non c’era sofferenza, non c’erano separazioni… - si interruppe, rimase in silenzio per un attimo poi con tono perentorio gli chiese - Vuoi aiutarci a far tornare le cose come un tempo?
Andrè annuì singhiozzando.
- Domani partirai – gli disse Gabriel – Ti porterò nella piscina che hai visto con Raphael, così arriverai qui sul tuo pianeta, troverai i tuoi genitori e vivrai la tua vita -  Poi – aggiunse posando il dito indice sul cuore di Andrè - Dovrai cantare.
- Mi piace cantare – sorrise Andrè.
- Quando canterai il tuo canto arriverà a noi, e da noi si espanderà in Cielo e in Terra, poi altri canteranno con te, il tuo canto formerà una rete di persone, pensieri e anime che ci permetterà di tornare. Solo allora la guerra sarà davvero vinta.
Andrè era confuso, mille pensieri si affollavano nella sua mente ascoltando le parole di Gabriel, bastava cantare per eliminare tutto il male che aveva visto?
Ma pochi istanti dopo capì che quelle parole non erano solo chiarificatrici di una condizione, erano ordini: Andrè aveva un dono e lo doveva usare.
- E tu dove sarai? Non ti vedrò più? – chiese Andrè
- Mi vedrai nei sogni, rivedrai me, ma anche gli altri che hai conosciuto prima di partire.
Andrè si appoggiò a Gabriel che lo cinse con un braccio.
Poco dopo l’attenzione di Andrè fu richiamata dalla comparsa di un bellissimo cavallo bianco, di una bianco splendente quasi fiammeggiante.
Gabriel mise Andrè sulla groppa del cavallo a passeggiarono sul bagnasciuga,
senza più pensieri, senza malinconie, finché non attraversarono l’ultima Porta
Andrè si ritrovò seduto a cavalcioni sulle spalle di Gabriel, davanti ad una delle grandi vetrate dell’Astronave dove vivevamo da tempo, nascosta su Amaltea, un satellite di Giove.  
 
La Danse Des Anges
 
Un’unica nota accompagnava la danza
il passo a due di Manakel e Rochel.
Danzavano bendati
immersi in immagini di Pianeti e Stelle
con quell’unica nota che divenne assordante, fastidiosa
e agitava il sonno di Andrè.
Le immagini dei pianeti si dissolsero
La nota divenne un sibilo insopportabile
Manakel e Rochel si tolsero la benda e guardarono Andrè.
Sparì tutto
Rimase solo la Luna
 
Andrè si svegliò agitato.
Per tutto il giorno ripensò a quel sogno, ma non ne venne a capo.
Una cosa però la notò: che tutti i sogni avevano a che fare  con la Luna:
iniziava a sognare ad ogni Luna Nuova e terminava con la Luna Piena.
 
I giorni seguenti passarono normalmente, sereni, senza preoccupazioni, senza imprevisti, come era sempre stata la sua vita, una vita senza intoppi, fortunata.
 
Poi solo pochi giorni dopo, un nuovo sogno.
 
Si trovava davanti ad un grande oblò
Come fosse su un’astronave
Tutto l’Universo era davanti ai suoi occhi
Pianeti
Stelle
Tutto di fronte a lui
Una voce alle sue spalle
Insistentemente ripeteva
“Tutto quello che vedi è un’illusione”
Una voce calma ma assertiva
definitiva
a cui non era permesso obiettare
Andrè conosceva quella voce
intuiva anche la presenza alle sue spalle
era la voce di colui che inspiegabilmente considerava il suo Maestro
una voce bella, ma rigorosa
insisteva, ferma e severa
era importante che Andrè ricordasse bene le sue parole
“Quello che vedi non esiste,
esiste solo perché il tuo Mondo è un inganno”
Gli spiegò il perché
Andrè ebbe il privilegio di venire a conoscenza delle Leggi Dell’Universo.
Il suo Maestro gli spiegò dettagliatamente ogni cosa,
leggi fisiche, matematiche, filosofiche
che lui capiva perfettamente ma che sentiva di dimenticare all’istante.
Tutta quella sapienza svaporava nello stesso istante in cui l’assimilava.
 
Solo pochi giorni dopo… mai aveva avuto sogni così ravvicinati.
Questo lo scombussolò. Questa volta i sogni stavano interferendo sul suo umore.
Rimase cupo e pensieroso, solitario, cominciò ad avere dubbi sulla sua sanità mentale.                 
Era davvero in crisi.
La decisione improvvisa di andare a teatro lo rianimò,
decise che quella serata sarebbe stata una svolta, perché era arrivato il momento di non dare più peso a dei sogni, che infondo erano solo sogni.
 
Malgrado le raffiche vento che in quei giorni allertavano tutta la città,
Andrè passò a prendere Sylvie con la sua moto, Sylvie non ne fu affatto contenta e lo ripeté per tutta la serata, ma Andrè non le dava molto ascolto. Il malumore lo stava, imprigionando di nuovo.
 
Comunque lo spettacolo si rivelò molto bello.
Si trattava di uno spettacolo di danza contemporanea del coreografo e ballerino Marcel Dubois, stimato come ballerino e coreografo, per le attività di insegnante, molto amato per le sue attività di volontariato.
Marcel spendeva molto del suo tempo, e anche dei suoi guadagni, per insegnare danza gratuitamente alle categorie di persone definite “disagiate”,
combinava regolarmente le tournée con workshop, corsi, e lezioni anche private,
ovunque ce ne fosse stata fatta richiesta.
Il titolo dello spettacolo era “La Danse Des Anges”, diviso in 3 parti:
la prima era corale, con molti ballerini che danzavano all’unisono sul ritmo dei tamburi suonati dal vivo da 10 percussionisti. Molto avvincente, ad Andrè piacque tantissimo.
La seconda parte era l’assolo di una ballerina con lunghissimi capelli neri che danzava con una spada d’oro su un’improvvisazione di violino, suonato dal vivo ma con numerosi effetti:
- Sembra la musica di un altro mondo – disse Sylvie
Andrè annuì.
La terza parte era un passo a due.
Due ballerini uomini, uno dei quali Marcel Dubois,
che danzavano su una sola nota, illuminati da proiezioni di galassie e pianeti.
Ad intermittenza irregolare, quasi un disturbo, una voce metallica che ripeteva ossessivamente “Quello che vedi non esiste”.
Andrè sobbalzò, ebbe quasi un malore.
Sylvie gli appoggiò una mano sul viso e gli chiese se stesse male.
Andrè non rispose, continuò a seguire la coreografia come in trance.
 
Alla fine della rappresentazione Andrè volle conoscere Marcel Dubois,
Sylvie invece voleva raggiungere altri amici al ristorante,  ma Andrè quella sera proprio non le prestava ascolto insistette nel voler rimanere finché Marcel non lo avesse ricevuto.
Sylvie ebbe molta pazienza perché dovettero aspettare un bel po’,
non erano gli unici a volersi complimentare con Marcel.
Andrè non voleva solo complimentarsi, voleva incontrarlo…ma per dirgli cosa?
“Hai coreografato un mio sogno”? No, non ci pensava proprio.
Finalmente arrivò il loro turno. La porta del camerino si aprì.
Marcel era proprio là davanti: piccolino magro magro, molto più minuto di quanto apparisse sul palco. Il suo sguardo incrociò immediatamente quello di Andrè.
Sylvie subito si complimentò con lui per le emozioni che le aveva trasmesso. Sylvie parlava, ma Marcel guardava Andrè.
- So che sei interessato a dare lezioni gratis – disse Andrè avvicinandosi a Marcel.
- Si, sempre volentieri – gli rispose - chiamami – prese subito un suo biglietto da visita da visita e glielo porse - con calma ne parliamo.
Andrè guardò il biglietto da visita:
- La Luna? – disse indicando la grafica del biglietto
- La Luna – annuì Marcel
Usciti dal teatro Sylvie tornò a chiedere ad Andrè si andare al ristorante,
ma lui rispose che l’avrebbe accompagnata ma che sarebbe tornato a casa.
- E’ tutta la sera che mi tratti come fossi un’estranea – sbottò Sylvie – Ti parlo e non mi ascolti!
Andrè non rispose, era mortificato, Sylvie aveva ragione: in effetti erano giorni che la considerava poco più di una dama di compagnia, quasi una presenza decorativa. Non si era mai comportato così con nessuno.
 
Marcel ed Andrè si incontrarono.
C’era sempre troppo vento un vento impetuoso che impediva di camminare, rovesciava i tavoli.
Andrè non perse tempo e chiese immediatamente a Marcel cosa aveva ispirato il suo spettacolo:
- Tre sogni – rispose immediatamente Marcel – Lo scorso anno avevo deciso di dedicarmi solo all’insegnamento e abbandonare le tournée. Erano giornate come queste, con un vento insopportabile. Una notte faticai a prendere sonno perché il vento faceva sbattere qualcosa su una finestra non lontano dalla mia camera. Evidentemente questo suono percussivo mi suggestionò tanto che mi addormentai e sognai le 3 coreografie che hai visto ieri sera nello stesso ordine in cui le ho messe in scena…
- L’ultima… – interruppe Andrè
- …L’hai sognata anche tu? 
Andrè stentò a credere alle sue orecchie.
- Si.
- Io ho sognato te – disse fermo Marcel – Intendiamoci io non sono né un sensitivo né uno che perde tempo in discipline equivoche. Ma da quella notte dopo quei 3 sogni ne ho fatti altri dove alcuni personaggi mi chiedevano di portare sul palco quello che avevo sognato e di aspettare il tuo arrivo.
I due personaggi che nel sogno danzavano l’ultima coreografia, mi parlarono di te, mi fecero vedere una tua immagine riflessa sull’acqua in una notte di Luna, mi dissero che eri stato allievo del Principe Della Luna. Mi dissero che ti avrei riconosciuto e che avrei dovuto chiederti di cantare per delle coreografie da rappresentare in strada.
Andrè era ammutolito, smarrito e incuriosito.
“Principe Della Luna” non aveva mai sentito prima quello strano titolo, ma senza capire come mai, non gli suonava sconosciuto, istantaneamente lo associò al personaggio e alla voce dei suoi sogni, ed ebbe anche la certezza che fosse sempre lui il destinatario delle lettere che ogni sera istintivamente amava scrivere sin da quando era bambino.
- Questo vento porta novità – continuò Marcel – indipendentemente da tutto io sono disponibile a dare lezioni gratuite se vuoi.
- Si – trasalì Andrè come se quelle ultime parole di Marcel lo avessero fatto tornare sulla Terra – Si ti voglio presentare Alan, con lui potrai organizzare dei corsi.
 
Iniziò così l’amicizia tra Andrè e Marcel.
Andrè registrò alcune melodie solo con la sua voce, su cui Marcel allestì delle coreografie che da solo rappresentava per le strade e ai festival in giro per il mondo.
 
La Richiesta Del Messaggero

Erano giorni che Alan non riusciva a venire a capo di alcuni messaggi che ogni notte apparivano sugli schermi dei suoi computer.
In piena notte, le macchine si accendevano, la sveglia suonava, lui si svegliava di soprassalto e regolarmente trovava questo messaggio “Perché non metti la tua rabbia al nostro servizio?”.
Altro che rabbia Alan era furioso:
parolacce, bestemmie, imprecazioni di ogni tipo che io tradurrei in:
“Chi è questo nullafacente che mi scrive queste cose che non servono  niente?”
Una notte accadde l’impensabile, e Alan si spaventò di brutto.
Le macchine si accesero tutte, contemporaneamente, la sveglia prese a suonare all’impazzata, Alan si svegliò stordito, provò a spegnere la sveglia ma quella continuava, gli schermi dei computer e dei telefoni producevano immagini a casaccio, finché tutto si spense.
Alan rimase seduto sul letto immerso nel silenzio assoluto e nel buio pesto,
non sapeva cosa fare o cosa pensare.
Dopo alcuni minuti di smarrimento stava per rimettersi a dormire,
quando nel buio apparve una sfera d’argento, grande come un pallone da basket
apparve davanti a lui, a si e no 30 cm dal suo viso, immobile, muta, per sparire di colpo, lasciando Alan nel puro panico.
Gli ci volle un po’ per riprendersi e poter riuscire a dormire.
Appena rivide Andrè e Marcel disse di non raccontargli più le loro storie “metafisiche” perché lo avevano suggestionato tanto da fargli fare degli incubi.
Ma sia Andrè che Marcel non diedero peso al suo tono minaccioso perché conoscevano Alan, al contrario insistettero che raccontasse di che incubi fossero, ma lui niente, non raccontò nulla, continuò invece a lamentarsi di quello che accadeva alle sue macchine e del messaggio che continuava a ricevere.
Una notte però non poté confondersi: perché quello che accadde non lo trovò addormentato.
Era appena rientrato nella sua stanza.
Era notte fonda, ma non era stanco, non era ubriaco.
Si sdraiò sul letto e decise di accendere la radio.
La radio non si accese.
Perse immediatamente la pazienza, si alzò in piedi nervosissimo,
la luce della lampada vicino al letto si spense e si ritrovò al buio.
Non fece neanche in tempo a brontolare che davanti a lui apparve una colonna di luce argentata altissima, luminosissima, accecante.
Alan indietreggiò spaventato e si ritrovò seduto su letto con gli occhi fissi sulla luce che si avvicinò a lui minacciosa.
La colonna di luce si raggomitolò su se stessa formando una sfera
che immobile davanti ad Alan sembrava fissarlo.
- Ciao Alan – la sfera di luce parlò, Alan sobbalzò – Te lo ripeto ancora una volta – disse - Perché non metti la tua rabbia al nostro servizio?
Alan era disorientato: la voce che parlava era una bella voce femminile, quieta, gentile
- Ma chi sei? – chiese Alan flebilmente
- Il mio nome è Habuhiah – rispose subito la luce - Appartengo al Clan di Gabriel,
sono qui per portarti la Guarigione.
- Ma io sto benissimo – rispose Alan
- No – rispose Habuhiah
Alan avvertì un inaspettato tono ironico in quella risposta
- Alan io sono qui per te – continuò Habuhiah
- Ma chi ti ha cercato?
Alan non capiva, quelle erano cose che accadevano ad Andrè, qualche volta a Marcel, ma lui?
Lui era un materialista, scettico, irreligioso, miscredente, eretico, ateo,
insomma non aveva alcun sentimento o attitudine spirituale.
- Alan – insistette Habuhiah – Te lo ripeto – Perché non metti la tua rabbia al nostro servizio?
- Ma cosa potrei fare io? – rispose stranito
- Esattamente questo: trasferire la tua rabbia al nostro servizio – concluse Habuhiah
La sfera di luce sparì.
La luce della lampada si riaccese.
Alan rimase seduto sul letto incredulo.
 
Ci vollero un po’ di giorni prima che Alan raccontasse cose gli fosse accaduto ad Andrè e Marcel, era troppo a disagio: proprio a lui dovevano accadere certe cose?
La sua paura era anche di ritrovarsi a perdere il suo tempo in meditazioni e filosofie metafisiche verso cui non aveva nessun interesse, e non voleva neppure iniziare ad averne.
Però conosceva Andrè da troppi anni e in effetti ai suoi occhi non gli era mai parso uno di qui tipi che camminano a piedi nudi nei boschi abbracciando alberi o recitare il rosario verso la Luna…
Prese coraggio una sera dopo uno spettacolo di Marcel, mentre cenavano raccontò tutto ai suoi amici:
- Ben venuto nel club – sorrise Andrè
- Ci faccio una coreografia – disse Marcel
Tutto qui? Si era fatto tanti problemi per avere queste reazioni?
Alan rimase di stucco. Si rassicurò, per fortuna niente era cambiato.
Non era vero.

Dominante

Andrè aveva avuto una giornata difficile, aveva dovuto ammettere di aver lasciato da tempo l’Università, una decisione inspiegabile per tutti, sua nonna, la duchessa, ne fece una tragedia: per lei Andrè era un parassita, senza arte né parte, che perdeva il suo tempo in frequentazioni dubbie, a cantare per strada come un mendicante, e, riporto le sue parole: “con quel ballerino lì, né maschio né femmina”, parole della duchessa.
Sylvie dava segni di insofferenza, voleva dare una svolta alla loro relazione che andava avanti da anni, condita dai ricorrenti tradimenti di Andrè che lei non aveva mai combattuto.
Bisognava mettere un punto e decidere cosa fare. 
Appunto, cosa fare?
Andrè si addormentò a fatica, ma alla fine gli occhi si chiusero.
 
Sentiva la risacca,
le onde.
Aprì gli occhi e si accorse di essere sdraiato sulla sabbia
una spiaggia illuminata dalla Luna:
davanti a sé il mare
alle sue spalle il bosco.
Si alzò il vento
passava tra gli alberi creando un suono sordo.
Con il vento si alzò anche un misterioso vapore a pelo d’acqua,
sembravano due braccia, o forse due ali,
enormi, impressionanti
erano là davanti a lui
lo guardavano.
Il vento si fermò
le strane ali si sbriciolarono cadendo in acqua.
Non c’era più il mare
Non c’era più la spiaggia
Non c’era più il bosco
C’erano terra arida, tronchi di alberi bruciati, la carcassa di una balena morta chissà da quanto.
Non c’era il mare
c’era poco più di una pozzanghera
Non c’era la Luna
c’era un Cielo nero, senza Stelle
 
In dormiveglia Andrè si agitò.
Gabriel appoggiato alla pediera del letto lo sorvegliava; si avvicinò e gli si sedette accanto.
Andrè poco dopo si svegliò.
Nell’attimo in cui apriva gli occhi intravide qualcuno seduto accanto a lui.
Sembrava una figura maschile, vestita da una tunica bianca con una cintura azzurra sulla vita, i capelli che sfioravano le spalle, sembravano lunghi.
Era una presenza frastornante che incuteva soggezione: stava appoggiato su un braccio che sormontava le sue gambe, come per impedirgli di muoversi e lo osservava con uno sguardo indefinibile, dolce e severo, sensuale e distaccato.
Lo vide solo per un attimo, forse meno di un attimo, perché aprendo gli occhi la figura svanì nel nulla come i suoi sogni, tanto vivi e reali quanto nebulosi.
- Il Principe della Luna – disse fra sé Andrè
Aveva riconosciuto mio fratello.
Andrè ebbe la percezione di avere qualcosa di importante da fare.
 
Cavalieri Della Tavola Rotonda Assaggiamo E Vediamo Se Il Vino E' Buono
 
Gabriel camminava velocemente sotto la pioggia, sulla banchina del porto di Marsiglia.
Stava andando a salutare Laviah, si erano dati appuntamento in una caffetteria:
la trovò al tavolo accanto alla finestra che affacciava sulla strada.
Come la vide Gabriel scosse la testa divertito:
- La versione nouveau della Grande Madre? – chiese ironico Gabriel sedendosi al tavolo.
In effetti Laviah aveva assunto un aspetto diametralmente opposto al suo,
di lei c’erano soltanto i capelli biondi e gli occhi nocciola,
il resto era bizzarro, fuori dal tempo in cui si trovavano, Gabriel la guardava con la curiosità con cui si guarda un pellicano che fa la fila all'Ufficio Postale.
Laviah si era “vestita” con le sembianze di una corpulenta donna di mezza età,
abbigliata con un abito ricco di ricami in rilievo, una scollatura generosissima arricchita da pizzi e perline, un paio di guanti di merletto e come se non bastasse un sontuoso cappello con grosse rose sulla falda, da cui sbucavano lunghi boccoli biondi…una pacchianeria senza confini.
- Ci sono novità – disse Gabriel
- Ieri sera lo spettacolo di Marcel ha riunito tantissima gente - continuò Laviah – proprio qui davanti, malgrado la pioggia, e molti cantavano insieme ad Andrè.
- Sta per sposare Sylvie, e gli ha anche chiesto di lavorare con lei – intervenne Gabriel facendo apparire un origami, un elefantino.
- L’ha fatto Andrè? – chiese Laviah indicando l’elefantino di carta
- Si, è la sua lettera – rispose Gabriel aprendo l’origami.
Lesse la lettera ad alta voce:
 
Mi capita sempre più spesso di essere avvicinato da persone decisamente non comuni.
Una signora si è presentata dicendo di appartenere al Popolo delle Stelle in missione segreta sulla Terra, e che  poteva uscire allo scoperto con me perché io sapevo di cosa stesse parlando.
Mi ha chiesto di mettere in scena uno spettacolo dedicato alle donne: devo scrivere delle poesie e cantarle mentre Marcel deve coreografare una danza contro la violenza sulle donne.
Io ho risposto che lo farò volentieri, anche Marcel ne è entusiasta.
La signora ripeteva insistentemente che portare sulle strade lo spettacolo che ci suggeriva  è molto molto importante, perché sarà la donna a sconfiggere il Male che domina e tiene in ostaggio la Terra e noi come uomini abbiamo il dovere di agevolare il riscatto delle donne.
Credo abbia ragione, ho solo paura di non riuscire a mantenere l’impegno con Marcel,
lui preferisce che io canti in scena mentre io pensavo di registrare la voce in modo che lui possa rappresentare la sua coreografia anche se non avessi modo di partecipare.
La mia vita sta subendo degli scossoni, ormai ho deciso: presto sposerò Sylvie e inizieremo anche a lavorare insieme, sta aprendo un secondo studio di Interior & Garden Design io curerò la progettazione dei giardini, non avrò più il tempo per partecipare ai suoi spettacoli, ma cantare si, voglio continuare, è una cosa che faccio da quando sono nato e mi piace aiutare Marcel.
Mi sembra di vivere due vite parallele completamente slegate l’una dall’altra:
c’è quella nazista di mia nonna che vive fuori dal mondo e sa solo offendere, i miei genitori che sicuramente ho deluso, ci sono i sogni che mi fanno vedere altri mondi, c’è Marcel che anche lui si barcamena tra sogni e coincidenze. C’è Sylvie che vuole da me una vita regolare…è sempre stata molto paziente con me, ma si è stancata di fare la perenne fidanzata, vuole creare qualcosa di più concreto. La sposo volentieri ci conosciamo da quando eravamo bambini, e sarà poco più di una firma su un documento che tranquillizzerà la mia famiglia, senza sentirci in gabbia…per fortuna c’è Alan che con il suo cinismo sdrammatizza tutto
 
- La nostra principessa Alice si era sposata per simpatia, Andrè si sposa per noia – sorrise Laviah.
Anche Gabriel sorrise e volse lo sguardo verso fuori, per guardare la pioggia.
Laviah allungò le braccia sul tavolo gli prese le mani e le strinse nelle sue:
- Come stai? – gli chiese
- Sto bene – rispose serio
- Preoccupato?
- Sempre - sorrise lui
- Cos’hai in mente per Andrè?
- Gli sto ricordando perché è qui.
Entrò un venditore di fiori, si diresse verso Gabriel e Laviah
- Un omaggio per la signora? – disse il venditore mostrando a Gabriel il cesto pieno di fiori.
Gabriel prese dal cesto un mazzolino di margherite e le offrì a Laviah,
Laviah prese un paio di margherite dal mazzetto e le mise nel taschino della giacca di Gabriel e sorridendo gli sistemò anche la cravatta.
Manakel e Rochel bussarono al vetro della finestra per attirare la loro attenzione.
- Vieni anche tu? – chiese Gabriel a Laviah
- No rimango qua a prendere appunti – rispose lei mostrando il taccuino
- Ricamato pure quello – rise Gabriel 
- Si, oggi va così – rispose allegra Laviah
Manakel, Rochel e Gabriel si incamminarono verso un bistrot non lontano,
come arrivarono trovarono Andrè, Alan e Marcel attorniati da un bel po’ di gente:
cantavano in coro Chevaliers de la table ronde, una canzone popolare che Andrè cantava da bambino. 
Manakel, Rochel e Gabriel si sedettero ad un tavolo appartato, da cui era comunque facile osservarli.
- Alticci i nostri amici – disse divertito Manakel
- Alan è proprio partito – rispose Rochel imitando la gestualità di Alan
Gabriel teneva lo sguardo fisso su Andrè, non lo mollava un secondo,
finché Andrè casualmente non incrociò lo sguardo di Gabriel,
gli venne un dubbio “perché aveva la sensazione di averlo già visto?” “ma dove?“
prese la chitarra e ricominciò a cantare. Improvvisò delle ballate che raccontavano storie fantastiche di città scomparse, di Principi e Principesse che viaggiano nel tempo e nello spazio, di antichi Sovrani che sarebbero tornati.
Finito il concertino il capannello di fans si sciolse e i tre amici iniziarono a chiacchierare:
- Allora mi fai da testimone? – chiese Andrè  a Marcel
- Si – rispose entusiasta Marcel
- Ma almeno sei innammmorato? – sbuffò sarcastico Alan – Ti batte il corazzón quando vedi Sylvie?
- Le voglio bene si – rispose Andrè
- Che entusiasmo! – rise Alan
- Andrè – sorrise ironico Marcel – “Le voglio bene” è un po’ pochino.
- Le voglio bene – rispose Andrè noiosamente – mi capisce, non mi assilla, c’è molta complicità, sono sicuro che mi piacerà occuparmi dei giardini…
- Andrè – ridacchiò Marcel dandogli una pacca sulla spalla – io il testimone lo farò, ma questo non è amore, sembra che parli di tua sorella!
- Ma io non mi innamoro di nessuno – sorrise Andrè alzando le spalle
- Amore! Ammoore! - rise Alan – L’Amore non esiste, è solo una questione di ormoni.
Manakel scoppiò a ridere.
- Andiamo bene… – sospirò – Marcel - Davvero pensi questo?
- Mica sono romantico come te – ribadì Alan -  L’Amore è una convenzione sociale, la fedeltà è una follia! Ancora non ho capito chi ha deciso che si può stare solo con una persona alla volta…La famiglia è una struttura ipocrita, tutta facciata, balle su balle, convenzioni sociali per soffocare la propria natura, assicurare la progenie, assicurare braccianti, operai, schiavi, su cui lucrare e arricchirsi! Anche no, io a questo gioco non ci sto! Io non metto al mondo altri infelici, in un mondo di infelici, un mondo dominato dalla sofferenza, dalla violenza, dalla sopraffazione, con me questo gioco non va avanti.
- Stai facendo un comizio – rise Andrè
- Ma così fermi la vita – disse Marcel
- Si – rispose fiero Alan
- Hai il cuore di tungsteno! – esclamò Marcel
La conversazione venne interrotta da un frastuono inaspettato: 
dal retrobottega arrivarono le urla e  pesanti scambi di offese tra il titolare e una delle cameriere, che fino a pochi istanti prima era stata simpatica e sorridente. 
- Che succede? - si chiese Marcel. 
Improvvisamente nella sala irruppe la cameriera con in mano un cesto colmo di tovaglie e tovaglioli piazzandosi al centro del bistrot.
- Vuoi fare teatro? - le strillo il titolare.
- Guarda bene che ne faccio dei tuoi stracci! - strillò lei.
- Cosa credi di dimostrare? - strillo lui
- Sono una cameriera io, non sono la tua sguattera! - strillo lei lanciando per terra tutto il contenuto del cesto - falli stirare a tua moglie - gridava calciando le tovaglie e i tovaglioli sul pavimento - se ancora ti dà retta - concluse lanciandogli contro la cesta. 
Fu talmente veloce e talmente violenta che lo prese in pieno.
Alan si alzò in piedi e battè le mani fragorosamente:
- Brava! - esclamò fortissimo - brava! Fatti valere! - poi si rivolse a tutti gli altri presenti - Che fate voi, guardate e basta? Fatevi sentire pecoroni!
Alan fu trascinante, tutti si alzarono in piedi a battere le mani, anche Manakel, Rochel e Gabriel.
 
Angeli & Black Bloc
 
Alan sembrava caricato a molla, in quei giorni era particolarmente agitato.
Fu un escalation fino alla sera in cui toccò la vetta:
a Parigi ci furono degli scontri con la polizia che in tenuta antisommossa arrestarono più di 100 persone, tra gli attivisti c’era anche Alan che correndo, lanciando sassi, impugnando bastoni e spranghe cadde rovinosamente da una scala rompendosi il malleolo peroneale destro.
 
Finì in ospedale, ricoverato con una prognosi di 30 giorni.
Fu portato nella stanza dove era ricoverato Gerard un ragazzone dall’aspetto atletico, massiccio, che dava l’idea di essere indistruttibile.
Come Alan anche lui era caduto dalle scale e anche lui si era rotto il malleolo peroneale destro, ma Gerard non aveva partecipato alle manifestazioni, era caduto da 2 gradini dell’ingresso della palestra in cui lavorava, era istruttore di Boxe.
Non era mai accaduto che due persone a pochi minuti di distanza fossero ricoverate per lo stesso identico trauma, tanto che i medici, gli infermieri e pure gli addetti alle pulizie li soprannominarono i separati alla nascita.
- Non capisco perché ti hanno ricoverato – esclamò Marcel al telefono – per una banale frattura ti tengono in ospedale? Allettato?
- Tengono anche il mio compagno di stanza – rispose Alan
- Allettati per una frattura al malleolo non si è mai sentito! – insistette Marcel
- E’ la polizia che ha chiesto di fermare tutti quelli arrivati in ospedale durante gli scontri, forse per fare le indagini – disse Gerard.
A quelle parole Alan subito pensò “Stavolta finisco dentro”.
Passarono diversi giorni nella noia più assoluta, i due si continuavano a chiedere perché non li lasciassero uscire sopratutto perché, se la polizia stava facendo indagini, nessuno li aveva interrogati?
Rimasero là parcheggiati quasi dimenticati, pensarono anche questo:
che fossero stati dimenticati o fossero stati scambiati per qualcun altro…
insomma le pensarono tutte, comunque lì erano e lì rimanevano.
Fortunatamente per Alan, Gerard era un tipo molto simpatico, gli piaceva giocare a carte, passavano così il loro tempo in grandi tornei di tutti giochi possibili.
Alan iniziò a scrivere poesie e aforismi umoristici (un po’-bel po’-osè)
che presto divennero lo scherno dei suoi amici quando andavano a trovarlo in ospedale:
leggevano ad alta voce poi si lamentavano perché “mancavano le figure”.
Insomma la camera di Alan e Gerrard sembra un Cabaret.
 
In piena notte Alan e Gerard vennero svegliati da un sibilo insopportabile.
I due si guardarono perplessi.
Dopo alcuni istanti due colonne di luce apparvero davanti ai loro rispettivi letti.
Gerard guardava la luce davanti a lui, incantato
Alan invece sobbalzò spaventato.
Le due luci si proiettarono sul soffitto crearono due cerchi che roteavano velocemente.
- Le vedi pure tu? – chiese Gerard ad Alan mantenendo lo sguardo fisso sul soffitto
- Si – rispose Alan guardando Gerard
- Sta parlando anche a te?
- Si – rispose Alan – Cosa ti dice?
- Che dobbiamo seguire… – rispose Gerard
- Andrè – dissero simultaneamente.
Si guardano stupiti. Le due luci sparirono.
L’episodio di quella notte tenne banco per tuta la mattina seguente,
scatenando una litigata furibonda tra Gerard e la sua fidanzata Françoise.
- Ancora queste storie? – strillava Françoise
- L’ha vista pure lui – insisteva Gerard – diglielo Alan
- Anche tu credi negli extraterrestri, angeli, arcangeli divinità stellari? – domandò irritata Françoise ad Alan, poi rivolgendosi al fidanzato – ho dimenticato qualcuno? Demoni? Madonne? Madonne Nere? Maya, Anasazi…chi altro?
- L’arcangelo Gabriel sta inviando i suoi Angeli per preparare il ritorno del Re e la Regina – sottolineò convinto Gerard
- C’è pure una Regina? – strillò Françoise – Questa non l’avevi mai nominata…
- Sto rivalutando Sylvie – brontolò fra sè  Alan
- Senti: io me ne vado a lavorare! - sbuffò Françoise - Non ho tempo da perdere dietro i tuoi discorsi demenziali!
Françoise uscì dalla stanza sbattendo la porta quasi in faccia ad Andrè e Marcel che stavano entrando in quel momento.
- Che è successo? – chiese Marcel
- Una sfuriata della mia ragazza – rispose Gerard.
Gerard e Alan raccontarono ad Andrè e Marcel cosa era accaduto durante la notte,
e della reazione di Françoise.
- Dice che mi devo far curare, che ho le allucinazioni, che ho preso troppe botte quando facevo il pugile. Io e Françoise andiamo d’accordo solo quando facciamo le gite con il camper - mormorò sommessamente - per il resto è un tira e molla continuo.
Gerard iniziò a disquisire su Gabriel come messaggero celeste per il ritorno del vero Re e della Regina dimenticata, Marcel seguiva i suoi discorsi convinto stessero per accadere cose importantissime, Alan invece sempre più frastornato:
- Ma tu non parli mai di Angeli o Arcangeli – disse ad Andrè
Andrè non riuscì a rispondere perché venne distratto dalla suoneria del telefono:
era Sylvie che lo aggiornava riguardo i preparativi del loro matrimonio imminente.
La telefonata di Andrè e il chiacchiericcio filosofico sugli Arcangeli in astronave
vennero repentinamente interrotti dall’ingresso improvviso di un medico e due infermieri:
- Ma voi qui? – chiese con fare decisamente villano il medico
- Noi che? – si stizzì Alan
- Dovete lasciare i letti! – protestò il medico, poi rivolgendosi agli infermieri – Come mai sono ricoverati?
- Non lo sappiamo – rispose uno dei due - nessuno ci ha detto niente…
- Voglio sapere chi ha dato l’autorizzazione a ricoverare due persone per una frattura al malleolo!  
Sempre più arrabbiato scoprì le gambe di Gerard
- Hai il tutore – tuonò – Tu? – scoprì anche le gambe di Alan – Hanno il tutore! Avanti alzatevi!
- Oh! Stai calmo! – strillò Alan
- Aria aria! – continuò il medico – lasciate la stanza libera! I letti servono a chi sta male davvero!
 
L’Alba
 
Gabriel aveva seguito Andrè tutto il giorno, invisibile ma presente.
Andrè rimase a dormire a casa di Sylvie.
Gabriel attese che i due fidanzati si addormentassero, poi come colonna di luce si piantò ai piedi del letto davanti ad Andrè, rimase fermo finché Andrè non si allungò supino allora Gabriel si aggomitolò formando una sfera che rimase sospesa all’altezza del cuore di Andrè
 
Andrè era seduto ai piedi di un albero nel bosco che si affacciava sulla spiaggia
era già stato là
guardava il mare illuminato dalla luce argentata della Luna
la risacca delle onde
il  frinire dei grilli
 
La sfera di Luce si distese, formando un velo luminoso sospeso su Andrè
 
Dal fondo del bosco Andrè vide avvicinarsi una figura
alta vestita con un abito lungo bianco, una tunica con una cintura azzurra sulla vita
Andrè sussultò
- Il Principe Della Luna – mormorò fra sé
 
Il velo luminoso scese avvicinandosi al corpo addormentato di Andrè
 
Il Principe Della Luna si sedette a terra di fronte ad Andrè
- Come ti chiami? - chiese Andrè
- Gabriel
Andrè era ipnotizzato, non riusciva a parlare
invece quante cose voleva dirgli, quante cose voleva chiedergli
Gabriel prese una treccia di Andrè e la fece scorrere tra le dita
Andrè si ricordò di aver preso tra le mani la treccia di un’altra figura simile al Principe Della Luna
Gabriel agli occhi di Andrè era altero, misterioso
si sentiva esaminato, scandagliato dal suo sguardo e dal suo silenzio
Gabriel si alzò in piedi:
bastò una sua occhiata che Andrè capì che anche lui doveva alzarsi
capì che DOVEVA che non poteva far altro che eseguire i suoi ordini.
Camminarono sulla spiaggia
uno accanto all’altro
una passeggiata silenziosa quieta
come tra due vecchi amici che si ritrovano
poi improvvisamente Gabriel si fermò davanti ad Andrè:
- Cosa vuoi davvero? - gli domandò severo
Andrè non seppe rispondere
- Chi vuoi essere? – domandò ancora
Gabriel avanzò verso Andrè
- Chi vuoi davvero essere? – insistette sempre più spinoso
- Non mi incalzare così – mormorò quasi spaventato Andrè, facendo un passo indietro.
Gabriel restò fermo davanti a lui con lo sguardo indagatore
Andrè era confuso
- Devi rinascere – gli disse infine Gabriel
Andrè non capì
Gabriel voltò Andrè verso il mare:
Andrè non era più sulla spiaggia ma su un altura
che precipitava sul mare blu che si infrangeva sugli scogli con onde calme.
Gabriel lo spinse in avanti
Andrè si tuffò
 
Il velo luminoso planò su Andrè ancora addormentato, attraversandolo come uno scanner
 
Il tuffo fece immergere Andrè nelle profondità del mare.
Vide una città d’oro imprigionata dal ghiaccio
Vide un drago con gli occhi viola che stringeva tra gli artigli una corona.
Andrè emerse dal mare all’aria
trovò una aurora fresca, accogliente
tre luci come tre Soli illuminavano il cielo
le tre luci si mossero creando una formazione a triangolo
 
Andrè si svegliò, aprì gli occhi su Sylvie che dormiva accanto a lui 
 
Danse de Clèves
 
Laviah si avvicinò a Gabriel e lo prese sottobraccio appoggiando la sua testa sulla spalla di lui:
- Non startene isolato a rimuginare – gli disse
Gabriel gli porse la lettera che Andrè gli aveva scritto,
Laviah iniziò a leggerla:
 
Ho comprato un grosso tamburo Taiko, è stata una decisione improvvisa, volevo cantare suonando le percussioni così sono entrato in un negozio di strumenti musicali dove mi sono imbattuto in un grosso tamburo Taiko. Il negoziante ha cominciato a guardarmi da quando mi sono avvicinato alla vetrina del negozio, non mi parlava ma mi osservava, poi ha indicato il tamburo e mi ha detto che sicuramente cercavo quello. A quel punto ha iniziato a parlare come se mi conoscesse da sempre.
Disse che sei stato tu ad insegnarmi a suonare, disse che non avevo memoria, ma era così. Poi ha detto che noi terrestri non ricordiamo mai niente, scuoteva continuamente la testa, era arrabbiato, brontolava continuamente. 
Insisteva a dire che noi (noi terrestri) siamo irrecuperabili, siamo cattivi, delle belve, che nessun altro animale di questo Pianeta è crudele come noi, in nessun’altra parte dell’Universo ci sono esseri  così egoisti come noi. "Quante ne ho viste, quante ne ho viste, non è mica un giorno che sono in giro" ripeteva spesso. Aggiunse anche che siamo stupidi, cattivi e stupidi, che ci facciamo abbindolare da banalissimi giochi di specchi. A a quel punto ha elencato notizie di cronaca nera, stupri, pedofilia, razzismo, guerre, dittature, terrorismo, inquinamento, il disprezzo verso le donne,verso la natura, verso gli animali (...sembrava di sentire Alan) e che per risolvere i problemi spesso e volentieri ne creiamo altri ancora peggiori.
Poi mi ha puntato la penna che aveva in mano come fosse un’arma e mi ha detto che se vogliamo sperare di cambiare davvero le cose dobbiamo darci una bella svegliata, sennò finisce tutto a ramengo. 
Improvvisamente si è ammutolito, mi ha consegnato la fattura, e mi ha dato un bacio sulla fronte. 
                                                                                                                               
Riconoscemmo subito Remiel nascosto nei panni del negoziante.
- Allegria! – esclamai cercando di riportare un po’di buon umore.
Io e Raphael eravamo poco distanti da Gabriel e Laviah ed avevamo ascoltato la lettura della lettera, Raphael appoggiato alla parete con le braccia conserte, io con il mio gomito ben puntellato sulla sua spalla.
- Mi ridai la spalla? Mi hai preso per uno scaffale?  – mi chiese Raphael provando a spostarsi.
Laviah piegò la lettera e la restituì a Gabriel
- Remiel ha perso la pazienza – disse Rapahel
- Succede quando si è lontani da troppo tempo – rispose contrariato Gabriel.
- Sono stata fortunata a non dover partire – disse Laviah
Gabriel annuì.
- Venite? – dissi a Gabriel e Laviah – Abbiamo organizzato un ballo nel salone.
- Distraiti, stai un po’ con noi – disse Raphael a Gabriel
- Non dire di no – disse Laviah a Gabriel – Dai su concedimi un ballo.
Gabriel sorrise.
Tutti e quattro entrammo nella sala grande dell’astronave dove vivevamo.
Avevamo organizzato una serata di danze, voi le conoscete come basse danse
la danza di corte del XV e inizio XVI secolo.
Quando arrivammo nel salone io mi diressi verso Michael:
- Mi concede questo ballo? – gli chiesi facendo un inchino
- No dai – sospirò Michael – Macchè mi tocca ballare con te? No vi prego, salvatemi! – esclamò verso gli altri che ridevano e scuotevano la testa.
- E non fare il difficile! – io continuavo a prenderlo in giro.
- Ballare con te è un inferno! – continuò a brontolare Michael
E’ vero: sono indisciplinato, mi distraggo, dimentico i passi e non vado mai a tempo.
- Dai dai – ridacchiai io prendendolo per mano come si prendono per mano i bambini.
Mi piace fare i dispetti e mettere a disagio Michael, tanto alla fine si diverte sempre.
Passammo una bella serata.
Raphael fece coppia con un suo collaboratore, Michael si rassegnò a ballare con me, Gabriel con Laviah, c’erano anche il Re e la Regina.
Ad un certo punto Michael mi fece cenno di guardare Gabriel, aveva cambiato espressione:
- Devo andare – disse a Laviah
- Lo so che non è qui che vorresti stare – gli disse lei
- Cos’è ti sei distratto troppo? – gli disse Michael un po’ severo ma anche un po’ rammaricato.
 
Arrivato nel suo appartamento Gabriel trovò una nuova lettera di Andrè:
 
Stanno cambiando tante cose.
Ho iniziato da tempo a lavorare con Sylvie, è un bel lavoro il mio:
creo composizioni floreali nei giardini e nelle terrazze, affianco i giardinieri per creare delle sculture con le siepi…mi piace. Sylvie insiste che devo comprare una macchina, una bella macchina, perché non posso lavorare spostandomi solo con la moto, ha ragione ma non credo che l’asseconderò così presto, solo il pensiero di starmene chiuso in una macchina per tutta la giornata mi fa stare male.
Alan  ha avuto una mutazione repentina.
Una sera stavamo guardando un film, un film quindi finzione, in questo film c’era una breve scena dove uno schiavo veniva frustato…Alan è scoppiato a piangere disperato! A piangere!
Siamo rimasti senza parole, piangeva, singhiozzava, bestemmiava, un fiume di tutte le emozioni del mondo, non l’abbiamo mai visto così, non trovava pace.
La mattina dopo è andato alla Police Nationale e da quel giorno lavora per il Ministero degli Interni! Si occupa del Dark Web: si è impuntato che deve stanare pedofili e mercanti di donne che si nascondono là dentro, passa nottate intere a cercare, si infiltra ovunque ed è bravissimo,
A volte sembra un invasato, per lui è diventato tutto un caso personale.
                                                                                                            
Gabriel posò la lettera andò nella Sala Delle Arti,
lì cerano tutti i materiali utili per disegnare e dipingere.
Andrè si trovava a casa di Sylvie.
Gabriel prese una tela piccola bianca e un pennello pulito:
toccò con la mano la tela bianca su cui apparve il viso di Andrè   
Andrè si sedette davanti allo specchio e mise davanti a sé i rossetti e gli ombretti di Sylvie
Gabriel fece scorrere il pennello sul viso di Andrè apparso sulla tela
Andrè fece scorrere sul suo viso le dita colorate con i rossetti e gli ombretti di Sylvie
Gabriel coprì il viso di Andrè di colori, linee, punti
Andrè colorò il suo viso come le pitture sciamaniche che aveva studiato all’Università
Gabriel staccò il pennello dalla tela
Andrè si fermò
Gabriel fissò il disegno che aveva creato
Andrè fissò il suo viso allo specchio
Gabriel annuì
Andrè sorrise soddisfatto
- Perfetto – sorrise Gabriel
- Oh mio Dio! – esclamò Sylvie vedendo il riflesso del viso di Andrè sullo specchio,
entrò in camera e si avvicinò al suo fidanzato piuttosto perplessa.
Gabriel si appoggiò al tavolo fissando il viso di Andrè sulla tela.
- Cosa hai combinato? – chiese Sylvie ad Andrè guardandolo allo specchio, era incuriosita ma anche parecchio sconcertata.
Gabriel continuava a fissare il viso di Andrè sulla tela.
Andrè non rispondeva a Sylvie, ma continuava a guardare il suo viso allo specchio.
Gabriel posò le sue dita sulle labbra del viso di Andrè apparso sulla tela.
Andrè si voltò verso Sylvie e le rispose:
- Serve per chiamare il Popolo Delle Stelle.
Gabriel sorrise.
Sylvie rimase imbambolata.

Il Giorno Più Bello
 
Era arrivato quel giorno.
Il giorno tanto atteso.
Il giorno che tutti definiscono il più bello.
Il giorno indimenticabile.
Il giorno del matrimonio di Andrè e Sylvie.
 
I due promessi sposi erano ognuno nella propria casa.
Sylvie con le sue due damigelle e i testimoni:
sembrava ci fosse una gara a chi fosse più emozionato, sempre a controllare e sistemare, il vestito, i capelli, il velo, le scarpe, il make-up.
Erano tutti elettrici:
il vestito cade bene? Si cade bene.
Il velo ha delle pieghe. Sistema le pieghe. 
Le scarpe queste o queste? Prima queste, poi queste altre. Queste le metto per la cerimonia, queste per il ricevimento. No meglio il contrario: queste per la cerimonia e queste per il ricevimento.
Il velo lo tieni sempre? No lo tolgo appena fuori la chiesa, ma credo che forse è meglio che lo tolgo al ricevimento, si forse è meglio.
Il diadema? Si vede? Non è che il velo lo copre?
Ma come fa a coprirlo se il diadema è sopra il velo?!
Le ciglia sono ben incollate?
Sono sempre state ben incollate, le ciglia le incolla l’estetista, mica l’elettrauto!
Quel giorno sembrava che tutto potesse cedere
dalle ciglia ai tacchi delle scarpe ai bottoni del vestito.
Ma che vi succede quando vi sposate? Vi evaporano tutti i neuroni? Non capite più niente!
Andrè invece era più tranquillo perché oltre il bell’abito scuro da cerimonia tagliato e cucito su misura non aveva accessori che potevano preoccuparlo, l’unico vezzo era il nastro di velluto blu a legare la coda che raccoglieva tutte le sue trecce, con grande frustrazione della nonna convinta che in occasione del matrimonio avrebbe deciso di tagliarle dando finalmente un definitivo cambiamento alla sua vita perché con il matrimonio davvero avrebbe messo la testa a posto.
Andrè, lo sposo, era tranquillo, per niente emozionato, Marcel il suo testimone altroché se era emozionato e osservava con certo stupore Andrè che gli sistemava l’abito e lo scherniva:
- Sembri un damerino. Che dici si va? – chiese Andrè
- Direi che sarebbe ora – rispose Marcel – Vorrei ricordarti che oggi è il tuo matrimonio.
- Allora andiamo a prender moglie – rise Andrè
Marcel per l’occasione era anche l’autista di Andrè, emozionato anche di guidare un’auto che per lui (e per molti da che ne so io) era irraggiungibile, una Bugatti La Voiture Noire, per tutto il percorso non faceva altro che ripeterlo:
- Quando mi capita più di mettere le mani su un gioiello del genere.
Al contrario Andrè continuava a ripetere che non c’è auto che possa sostituire la bellezza di andare in moto. 
Il viaggio verso la chiesa fu piacevole, lo dissero anche gli invitati già tutti seduti  ai loro posti, arrivati freschi ed entusiasti nella Chiesa di Sainte-Croix di Provins un piccolo comune a 70 km da Parigi, nell’Ile-de-France, dove Sylvie aveva una piccola casa nella bella campagna circostante e dove era stato allestito il ricevimento.
Stiamo parlando di una matrimonio “lusso-chic di basso profilo” insomma roba per pochi, infatti gli invitati erano meno di una cinquantina, solo parenti stretti e amici di vecchia data, ma fuori dalla chiesa c’era tutto il paese ad accogliere la sposa,
cerano anche Gabriel, Manakel e Rochel, erano invisibili, ma vestiti per l’occasione.
Andrè arrivò poco prima di Sylvie, il tempo di parcheggiare e aspettarla poco distante dalla chiesa, era stato deciso che avrebbero fatto l’ingresso insieme.
- Eccoli – disse Manakel
A quelle parole arrivò anche una gatta bianca con gli occhi nocciola che si sedette al lato dell’ingresso.
- Laviah – rise Rochel guardando la gatta – ci sei anche tu
- Voleva vedere la sposa – rispose Gabriel
- Che bella! – esclamò Manakel guardando Sylvie.
Andrè e Sylvie arrivarono accolti dagli applausi degli astanti che rimasero lì fino a che i due non entrarono nella chiesa, poi si allontanarono, perché anche se il portone della chiesa rimase aperto furono molto rispettosi del fatto che si trattava comunque di un matrimonio strettamente privato.
Mentre Andrè e Sylvie percorsero la navata centrale Gabriel, Manakel e Rochel,
li seguirono, invisibili, percorsero le navate laterali come a creare un cerchio in cui chiudere l’intera cerimonia, continuarono così per tutta la durata della liturgia: camminavano tra le colonne e tra gli invitati, nessuno li vedeva, nessuno tranne due bambini:
- Mamma guarda ci sono gli angeli – disse uno guardando Rochel
- Si belli si – rispose la madre guardando distrattamente le vetrate della chiesa
Una bambina invece fissava Manakel che le sorrise.
Piano piano Gabriel, Manakel e Rochel raggiunsero l’altare vi si appoggiarono come fossero affacciati ad un balcone ad osservare il sacerdote immerso nel suo ministero e gli sposi che si guardavano sorridendo.
Sylvie non era più in preda della frenesia dei preparativi, gli invitati loro invece si che erano  emozionati:  le due damigelle di Sylvie si sentivano delle principesse, i testimoni di Andrè, sua cugina Odette si era prenotata come testimone da subito “Devo essere io! Se scegli qualcun altra ti tolgo il saluto!”, Marcel ancora non credeva che tutto quello che stava accadendo potesse essere vero, i genitori di Andrè sempre felici per lui, qualunque cosa facesse, i genitori di Sylvie che conoscevano Andrè da sempre, e lo consideravano il loro figlio maschio, la nonna (ops…la duchessa! Bisogna chiamarla così) di Andrè che aveva l’aria fiera come se avesse vinto una guerra perché “Finalmente Andrè si stava sposando”, “Finalmente Andrè aveva messo la testa a posto”, “Finalmente Andrè sposava una brava ragazza, e non una di quelle sciacquette con cui spesso si trastulla”.
Gabriel fece un cenno con il capo a Manakel e Rochel: l’ordine di spostarsi.
Si mossero verso i due sposi.
Non mancava molto al momento in cui il sacerdote avrebbe fatto la domanda fatidica.
Manakel e Rochel strinsero a sua insaputa il sacerdote tra loro due
mentre Gabriel si fermò davanti ad Andrè.
Andrè che era molto concentrato con lo sguardo basso, Gabriel lo fissava.
Istintivamente Andrè alzò gli occhi davanti a lui,
Gabriel con la punta delle dita gli toccò lo sterno,
Andrè si guardò il petto e portò la sua mano all’altezza del cuore facendo un piccolissimo passo indietro.
Gabriel ritirò la sua mano dal petto di Andrè.
Andrè voltò le spalle all’altare e con passo calmo ma risoluto si avviò verso l’uscita.  
Rimasero tutti attoniti, impietriti, lo guardarono allontanarsi e dissolversi nella luce che arrivava dall’esterno, ammutoliti sconcertati, storditi.
Marcel corse verso Andrè.
Sylvie disorientata si sedette sulla poltroncina, ma senza scomporsi, si accomodò così tranquillamente, come se fosse tutto normale. I suoi testimoni e Odette l’abbracciarono e provarono a confortarla anche se sembrava volessero rassicurare loro stessi.
Il silenzio venne sostituito dal brusio dello sconcerto di tutti, e dai brontolii della nonna di Andrè, che a bassa voce ma aspra continuava a dire:
“Vostro figlio è un mentecatto!”, “Vostro figlio è una canaglia, un mascalzone!”, “Vostro figlio è un criminale!”, “Adesso si che gli levo tutto! Lo lascio senza un centesimo”
- Poverina – mormorò Manakel guardando Sylvie
Gabriel Manakel e Rochel uscirono dalla chiesa lasciano alle loro spalle la confusione.
Ritrovarono la gatta:
- Abbiamo finito – le disse Rochel.
 
Marcel aveva raggiunto Andrè che zitto camminava verso la macchina.
Marcel camminava affianco a lui, si voltò a guardarlo sperando in una spiegazione
Andrè si voltò verso Marcel ma non disse niente.
Arrivarono alla macchina:
Andrè salì al posto di guida, Marcel accanto a lui, in silenzio.
In silenzio Andrè mise in moto e in silenzio partirono.
Tutto il viaggio così, nel mutismo più totale.
Ogni tanto Marcel si voltava verso Andrè che rimaneva zitto e attento alla guida.
Marcel inviò un messaggio ai loro due amici, Alan e Gerard.
- Andrè a mollato Sylvie sull’altare e se ne andato!
- Ha fatto bene – rispose Alan
- Eh!? – rispose Gerard – E ora?
- E ora boh…stiamo tornando verso Parigi, ma non parla, non dice una parola.
Arrivati a Parigi, Andrè si diresse in banca:
- Faccio in un attimo – furono le uniche parole di Andrè mentre scendeva dall’auto.
Marcel dovette aspettare un bel po’di più di un attimo, perché Andrè fece delle transazioni, vendite, svuotò il conto e prese tutti i contanti possibili.
- Tieni – disse a Marcel porgendoli una mazzetta di euro – Per il disturbo.
- Ma sei impazzito!? – esclamò stupefatto – Sono un sacco di soldi!
- Non contarli, così sembrano di meno – rispose riprendendo a guidare.
Durante la guida chiamò il suo avvocato, mise il vivavoce e partì una conversazione su soldi, famiglia, eredità, cessioni, rinunce, legittime, cambi di residenza…
Marcel se ne stava con quei soldi in mano e gli occhi puntati sul suo amico inghiottito da discorsi per lui incomprensibili. Per Marcel fu una giornata davvero strana.
Andrè parcheggiò l’auto e scendendo velocemente disse:
- Vado dal notaio e ti riporto a casa.
- Va bene – rispose Marcel rassegnato.
Inviò un nuovo messaggio a Gerard e Alan:
- Non ci sto capendo niente!
- Come sta? – chiese Gerard
- E’ andato in banca, ha chiamato l’avvocato e adesso sta dal notaio: ma…è più ricco, molto molto più ricco di quanto immaginassi!
- Non l’avevi capito? – ridacchiò Alan
Andrè tornò si rimise alla guida, senza proferire parola, accompagnò Marcel a casa.
- Come rimaniamo? – chiese ancora più frastornato Marcel
- Ci sentiamo la prossima settimana.
- Ok – rispose quasi in automatico Marcel chiudendo la portiera della macchina.
 
Andrè fu di parola, la settimana successiva lui Alan, Gerard e Marcel erano di nuovo tutti insieme.

La Regina
 
La notte era buia, freddissima.
 
La nostra Regina
seduta a terra
ricamava
da sola nella sua camera
in silenzio
prese il tessuto tra le dita e lo stese sul pavimento
mosse il telo provocando delle onde ampie e morbide
come le onde del mare
alzò lo sguardo di fronte a lei
 
Gerard si era addormentato su una panchina, aveva litigato ancora una volta con la sua fidanzata.
 
Una spiaggia lunga bianca
accarezzata dalle onde del mare limpide e calme
il Cielo azzurro
il Sole caldo
     
Alan era in pausa, si era addormentato su una sdraio un po’scomoda nello spogliatoio della caserma presso cui svolgeva le indagini
 
In alto una luce correva nel cielo
sembrava un secondo Sole
sembrava un’astronave
guardava la spiaggia e il mare sottostante
 
Marcel dormiva abbracciato al suo nuovo fidanzato, era contento.
Marcel era romantico
 
Una strana ombra, un vapore nero avanzava
voleva avvolgere tutto
voleva coprire il Cielo, il Sole
voleva cancellare il mare, la spiaggia
 
Andrè dormiva tra le due amiche con cui aveva trascorso la serata.
La finestra accanto al loro letto si spalancò facendo entrare il l’aria fredda di quella notte gelida
 
Gabriel galoppava sul suo cavallo
alzò lo sguardo verso il Cielo
verso la luce che si muoveva sopra di lui
 
All’unisono Gerard, Alan, Marcel, Andrè ebbero un brivido di freddo, ma non si svegliarono
 
Eravamo tutti con Gabriel
galoppavamo veloci
gli zoccoli dei nostri cavalli squassavano la sabbia
 
Gerard riconobbe Rochel, Alan riconobbe Habuhiah, Marcel Manakel

C’ero anche io
c’era anche Laviah
c’era anche Raphael
c’era anche Michael con le sue legioni
 
Gerard, Alan, Marcel, Andrè riconobbero tutti noi, ma non si svegliarono
 
Michael sguainò la spada
le sue legioni alzarono gli stendardi
io aprii il palmo della mia mano verso il Sole facendo apparire una sfera di fuoco
 
All’unisono Gerard, Alan, Marcel, Andrè ebbero un brivido di freddo, ma non si svegliarono
 
Una figura femminile galoppava accanto a Gabriel
aveva i capelli nerissimi lunghissimi scompigliati dal vento
aveva una spada d’oro legata ai fianchi
lei da sola accelerò la galoppata
Era una guerriera
 
All’unisono Gerard, Alan, Marcel, Andrè sobbalzarono, ma non si svegliarono
 
La guerriera avanzò risoluta, determinata
un suono assordante, grave e pieno
come quello di un corno
la guerriera puntò la sua spada d’oro contro l’ombra nera che avanzava
tagliò l’aria con la lama
qualcosa si squarciò
come se l’aria fosse di cellophane
l’ombra nera arretrò
le Stelle e la Luna apparvero nel Cielo insieme al Sole
le Stelle, la Luna e il Sole
illuminarono il Cielo azzurro che brillava come un mantello carico di pietre preziose
 
All’unisono Gerard, Alan, Marcel, Andrè si svegliarono
tutti e quattro si chiesero chi fosse la guerriera.
Andrè lasciò cadere il suo sguardo verso la finestra ascoltando il suono della nuova giornata che stava iniziando. 
 
Flash Mob
 
Gabriel si girava e rigirava tra le coperte nel suo letto.
Si fermò osservare l’alba di Amaltea che illuminava la vetrata della sua camera.
- Un attacco di malinconia? – lo schernì Raphael che apparve seduto ai piedi del letto.
- Nostalgia di un futuro mancato – rispose Gabriel.
Raphael si sdraiò accanto a lui e Gabriel si voltò a suo favore.
Raphael ha sempre avuto la capacità di scrutare nella profondità dei pensieri, non gli si può nascondere niente. Osservava Gabriel con tenerezza e lieve sarcasmo, provò a distrarlo:
- Come sta il tuo pupillo? - gli chiese riferendosi ad Andrè
- Si diverte – sorrise Gabriel arricciando il naso affettuosamente
Fece apparire due origami che porse a Raphael
- Ti scrive sempre – disse Raphael aprendone uno.
Lesse ad alta voce il messaggio di Andrè:       
 
Non pensavo fosse così facile sparire.
Si dice che se vuoi nascondere un albero lo devi nascondere in una foresta,
io sono l’albero nella foresta.
Da quando ho lasciato Sylvie non ho più fatto sapere niente di me, a nessuno,
solo ieri tramite il  mio avvocato ho fatto pervenire una lettera per i miei genitori,
glielo dovevo, non potevo lasciarli così, senza neanche un saluto.
Ho costituito una fondazione, finanziamo ONG, cerchiamo fondi e volontari,
stiamo realizzando centri di accoglienza per donne, per bambini, per i migranti, rifugiati, per chi vive in strada…c’è molto da fare: troppa violenza, troppe guerre, troppa povertà…
Il periodo che ho dormito in stazione, tra tanta miseria un ragazzo in particolare mi ha commosso: era un giovane, bengalese, sporco, a piedi nudi che camminava avanti e indietro, un’andatura senza senso, girava a vuoto. Ho pensato al suo viaggio, a quanti chilometri aveva fatto dal suo paese, a quante speranze lo avevano spinto fino qui in Europa…per finire così…straziante! Alan, Gerard e Marcel sono entusiasti dei miei nuovi progetti e senza che neppure glielo chiedessi si sono attivati per aiutarmi, Gerard nella palestra dove lavora coinvolge tutti: allievi, parenti, amici, raccoglie pasti preparati a casa che distribuisce a chi ne ha bisogno, ha creato dei corsi gratuiti di autodifesa destinati esclusivamente alle donne.
Io, Marcel e Alan organizziamo Flash Mob  delle incursioni di musica e danza per stuzzicare la curiosità dei passanti, per provare a farli riflettere sul messaggio che stiamo portando e sulle attività che finanziamo.
 
- Accidenti – esclamò piacevolmente sorpreso Raphael aprendo il secondo origami per leggere il secondo messaggio:
 
Da quando ho iniziato questa nuova vita ho scoperto di avere molti talenti, trovo facilmente lavoro, riesco sempre bene,imparo in fretta, come se avessi già fatto pratica in un’altra vita, o in mille altre vite.
Sperimento situazioni sempre nuove, anche gli alloggi sono provvisori: mi stabilisco dove trovo lavoro, nell’ultimo mese avevo una stanzetta nel retro dell’officina dove facevo le pulizie.
Adesso mi sto occupando di un signore che non può camminare.
Alan non capisce perché sto facendo questa vita da vagabondo quando potrei vivere comodamente, non gli so rispondere perché, ma so che per il momento è bene che sia così, magari tra un po’ mi stancherò e mi pentirò di non aver continuato con Sylvie…ma non credo
 
La lettura di Raphael venne interrotta dalla voce di Habuhiah che chiedeva di entrare nella camera di Gabriel.
- Venite venite – rispose Gabriel che riconobbe la risata di Xue una bambina che sarebbe partita il giorno seguente.
Appena entrati in camera Xue  lasciò la mano di Habuhiah e corse verso il letto lanciandosi su Gabriel ridendo fragorosamente.
- Ti voleva salutare prima di partire – disse Habuhiah
Gabriel prese al volo Xue e la fece giocare lanciandola verso l’alto e riprendendola fra le mani, poi  Xue si sdraiò tra Raphael e Gabriel:
- Verrai a trovarmi quando sarò sulla Terra? – chiese a Gabriel – ha detto che abiterò in Cina – concluse indicando Habuhiah
- Certo che verrò – rispose Gabriel – Verrò nei tuoi sogni, verremo tutti, anche lui – disse indicando Raphael
- Anche tu? – chiese Xue guardando Habuhiah
- Si – rispose Habuhiah annuendo
Xue sorrise contenta e chiudendo gli occhi abbracciò Gabriel stringendosi a lui che le baciò la fronte, mentre Raphael le accarezzò i capelli con il suo tocco gentile.
 
In Camper A Montségur
 
- Maledetto! – strillò Alan – Io ti ammazzo! Ti faccio a pezzi! Io ti anniento!
Alan strillava e batteva i pugni sul tavolo, rabbioso.
Si trovava in caserma, continuava il suo lavoro per la Police Nationale per il Ministero degli Interni immerso nel Dark Web.
- Ha contattato un sicario per sfigurare la moglie con l’acido! – continuava a strillare
Le sue urla fecero allarmare i colleghi tanto che arrivarono i superiori per capire cosa stesse accadendo. Trovarono Alan fuori di sé:
- Calmati Alan! – disse un suo collega
- Cosa sta succedendo? Cos’è questa confusione? – accorse l’Ufficiale
- Alan è stanco – rispose uno dei colleghi di Alan
- Non sono stanco, sono furioso! – strillò Alan – guarda qua: vuole bruciare il viso della moglie con l’acido! Guarda quest’altro: ha seviziato la fidanzata, le ha tagliato le mani e l’ha legata ad un albero! Quest’altro rapisce i bambini e guarda che fa: li usa per stupri di gruppo con i suoi compari nella cantina, li filma e rivende i video! E questo? L’ha chiuso in un sacco di plastica l’ha appeso al soffitto e la lasciato penzolare sopra un falò!
- Stai calmo – disse un altro collega prendendogli le spalle tra le mani
- Alan – intervenne l’Ufficiale – lavori troppo, troppe ore, da troppo tempo. Devi staccare, trovati un hobby, creati una famiglia, creati una vita fuori da questo…
- Ma quale famiglia! – urlò Alan – Io non la voglio alimentare questa vita! Io la voglio distruggere!
La stanza si riempì di gente tutta preoccupata per Alan, che continuava ad elencare in velocità una raffica di orrori su orrori mostrando immagini e video come una turbina impazzita:
- Questa è stata uccisa a morsi! A morsi vi rendete conto? Bambine sue coetanee sono state costrette a ucciderla a morsi! Non potevano mica rifiutare, lo sapevano che sarebbe potuta accadere la stessa cosa anche a loro! Questo poi! guardate questo - fece partire un altro video - Questo batte tutti! Guarda qua: per bruciare un bosco ha dato fuoco al suo cane che si e' messo a correre...
- Alan Basta! Basta! – urlò spazientito l’Ufficiale schiaffeggiandolo pesantemente
Alan si zittì.
L’Ufficiale assicuratosi che Alan si fosse calmato lo invitò a seguirlo nel suo ufficio:
- Alan – gli disse – siamo tutti molto contenti di te, hai fatto un lavoro egregio, sei il migliore, ma adesso basta, stai male. Ti serva una pausa.
Alan scuoteva la testa mantenendo lo sguardo basso.
- Alan stai male – insistette l’Ufficiale – prenditi una pausa, esci, vivi la tua vita, fai una vacanza.
A malincuore Alan dovette accettare di essere esonerato causa burnout ovvero:
stress da lavoro, vero e proprio esaurimento nervoso.
Era circa mezzogiorno quando Alan uscì dalla caserma, la luce del Sole gli sembrò più accecante che mai, i colori gli sembrarono più accesi del solito, il traffico, il vociare nelle strade gli erano insopportabili: in quel momento si rese conto che stava male davvero.
Prese a camminare, camminò tantissimo, senza una meta, poi pensò a Gerard e decise di andare a trovarlo in palestra.
Gli raccontò l’accaduto, era mortificato, si sentiva un fallito.
Gerard lo ascoltò con apprensione poi gli venne un’idea:
- Domani andiamo a prendere Andrè, finisce un lavoro che ha trovato a Montségur, così torniamo a Parigi insieme – disse – ti passo a prendere con il camper per le 6.00 e andiamo. Fatti trovare pronto.
Alan annuì. Era davvero sottosopra, ma l’idea di Gerard gli piacque.
 
L’indomani alle 6.00 puntualmente si fece trovare pronto,
e alle 6.00 puntualmente Gerard arrivò con il suo camper,
puntualmente giunsero a Montségur dopo otto ore di viaggio.
Videro subito Andrè che in quei giorni lavorava come elettricista in un cottage adibito ad albergo nel villaggio nei pressi del Castello.
Anche se stanchi per il viaggio si prestarono ad aiutare il loro amico nel suo lavoro:
dovevano finire il nuovo impianto elettrico di tutto il cottage.
Lavorarono fino a sera, fino all’ora di cena.
Cena che fu un piccolo banchetto: Anchoiade, Aligot detto anche “Il purè dell’amicizia”, Garbure, ma per Andrè assolutamente senza carne! Pissaladier, Cassoulet che Andrè saltò a piè pari preferendo invece un antico piatto medievale del luogo, una sorta di pasticcio di pesce e pane (piacque solo a lui), Coquille Saint-Jacques, la spettacolare Gateau la broche (la torta allo spiedo) Pélardon ma anche la Millas…e poi il vino, dimenticavo il vino…i vini…Coteaux du Languedoc,  Faugères, Clairette du Languedoc, La blanquette de Limoux…poi boh…non me li ricordo più….
Stanchi decisero di andare a dormire piuttosto presto, il proprietario del cottage offrì due camere a Gerard e Alan.
Per Alan che arrivava da giorni non facili il sonno arrivò immediatamente, ma per Gerard no, lui non era per niente assonnato, si sdraiò momentaneamente sul letto, fissando il soffitto poi si alzò e decise di fare due passi.
Si incamminò per le vie del paese da solo.
Certo per chi è abituato a vivere in una grande città Montségur non offre che poche viuzze e poche case, ma senz’altro il silenzio in cui Gerard si trovò immerso a Parigi di sicuro non c’era.
Camminava così, per perdere tempo, senza pensieri, una passeggiata senza scopo. Ogni tanto alzava lo sguardo verso il castello che torreggiava sulla cima rocciosa: resti solenni che agli occhi di Gerard parevano un Re ferito, ferito, ma non sconfitto.
- Turista? – chiese un signore anziano che si affiancò a lui
- No – rispose Gerard sorpreso – sono venuto a trovare un mio amico che sta lavorando…
- Andrè?
- Si – rispose stupito
- Qui siamo pochi se arriva qualcuno da fuori ce ne accorgiamo subito – sorrise il signore – molto piacere Louis Germain – disse porgendo la mano a Gerard
Si strinsero la mano, subito Louis tornò alla sua postura iniziale: spalle un po’ curve e mani incrociate dietro la schiena – come mani questa passeggiata notturna? Qui oltre la visita al castello e un po’ di escursioni non c’è molto altro da fare.
- Non ho sonno.
- Io invece ho litigato con mia moglie – disse Louis facendo l’occhiolino a Gerard – quando attacca a strillare io prendo esco di casa e faccio un bel giro, il tempo di farla sbollire, poi ritorno.
- E quando torna non la trova ancora più furiosa?
- No, la trovo offesa, meglio così perché quando si offende non mi parla per tre anche cinque giorni di fila…che pacchia! In quei giorni se ne sta zitta e posso stare in pace.
- Anche io con la mia fidanzata non vado tanto d’accordo – ridacchio Gerard 
- Le capisci le donne tu? Non sono mai contente di niente – continuò Louis – qualunque cosa fai è sbagliata, loro fanno sempre tutto meglio, allora facessero tutto loro, e poi si lamentano che tu non fai niente e che fanno tutto loro…     
- Louis! – esclamò un signore affacciato alla finestra
- Ciao Vincent – salutò Louis fermandosi sotto la finestra del suo amico   
- Nuova azzuffata con tua moglie? – chiese Vincent ironico
- Più invecchia, più peggiora – rispose Louis – quando era giovane – continuò rivolgendosi a Gerard – era così carina, dolce – a quelle parole Vincent annuì – parlava poco, era gentile…
- Sembrava una bambolina – si inserì Vincent – ben vestita, ben pettinata…
- Poi – continuò Louis - Ha cominciato a brontolare per qualsiasi cosa, continuamente, una pila di fagioli! Più passano gli anni e più brontola. Da quando sono in pensione si è scatenata, sembra che gli do fastidio! Sempre arcigna! Sempre arrabbiata. A me non piace litigare allora quando comincia a strillare prendo e me ne vado, che strillasse al muro!
Vincent raggiunse Louis e Gerard, continuarono a passeggiare.
- Torni a cantare nel coro? – chiese Vincent a Louis
- Si
- Andrè canta bene – intervenne Gerard – organizziamo anche spettacoli in strada
- Chi l’elettricista di Parigi? – chiese Vincent
- Si l’elettricista di Parigi – ridacchio Gerard  
- L’avete mai cantata Lo Boièr? – gli chiese Vincent
- No – rispose Gerard piuttosto interdetto
- Non conosci Lo Boièr? – domandò Loius
- No
- E’ una vecchia canzone di queste parti, parla di un bovaro che torna dai campi e trova la moglie in punto di morte e che gli detta le istruzioni per la sua sepoltura e poi sale in Paradiso con le sue capre.
- Che storia triste – disse Gerard
- Gliela facciamo sentire? – chiese Vincent a Louis
-  Si – rispose Louis - tu - rivolgendosi a Gerard concluse – quando senti che noi diciamo “A, e, i, o, u” canta insieme a noi 
Alla fine Gerard tornò in stanza tardissimo, la mattina dopo tardissimo si svegliò
trovando Andrè e Alan nel salotto del cottage  seduti sul divano che lo aspettavano.
- Ma come hai fatto a fare così tardi? – chiese Alan
-  Le tentacolari notti di Montségur – rise Andrè
Gerard raccontò come aveva trascorso la notte,
Alan e Andrè lo presero in giro per tutta la durate del viaggio di ritorno verso Parigi
 
La Minore Di Tutte Le Sorelle
 
Il Re si stava avvicinando incuriosito dal brusio intervallato da improvvisi cori, esortazioni e applausi.
- Accostati alla parete! – avvisò la Regina
Il Re fece appena in tempo a seguire l’avvertimento che venne sfiorato da una grossa palla di fuoco che avevo appena lanciato. Ci fu la ola, tutti applaudirono, il Re si guardò intorno smarrito:
- Che si sta inventando? – chiese alla Regina guardando me
- Sta provando un nuovo gioco – gli rispose la Regina
Si trattava di un gioco che si svolgeva a più livelli: incrementando il punteggio si saliva di livello e salendo di livello cambiava l’ambientazione: si passava da un galeone corsaro, ad una pista per pattinaggio su ghiaccio, e molte altre ambientazioni, in quel momento mi trovavo su campo simile al campo da golf, ma sviluppato su colline molto ripide che, a seconda delle difficoltà della partita, si muovevano ondeggiando repentinamente.
Il gioco era molto realistico perché ricreavo dal vero l’ambientazione, così anche gli spettatori si ritrovavano di volta in volta in luoghi diversi, sorpresi e sconquassati come dalle vertigini…
si stavano divertendo tutti.
- A chi vuole inviare questa calamità? – chiese il Re alla Regina indicando me      
- Ai terrestri – rispose la Regina
- Facciamo anche che no? – sorrise il Re
- Ma come no!? – esclamai deluso fermandomi sulla cima della collina
- Li vuoi far rimbambire del tutto? – rise lui
- Ma no! – sbuffai puntando i piedi
- Spegni tutto – ridacchiò il Re facendo cenno di scendere dalla collina da cui stavo giocando.
Il Re è così: sorride, ridacchia, è simpatico, amorevole, ma le sue sentenze sono definitive.
- Una piccola modifica? – supplicai
- Ecco bravo modificalo bene - rispose.
- Eh…però! – sbuffai scendendo dalla collina che stava scomparendo.
Andai dalla Regina e inizia subito a proporre le modifiche, supportato da tutti gli altri che sostenevano le mie idee.
In quel guazzabuglio di conversazioni, Gabriel si avvicinò al Re,
dispiegò l'origami che fece comparire sulla sua mano così che il Re potesse leggere la nuova lettera di Andrè:

Gerard ha nuovamente litigato con la sua fidanzata.
Gerard mi ha detto che Françoise l’ha trattato da pazzo visionario, che “decidesse di fare l’uomo invece di perdere tempo”.
In tutta sincerità non mi pare che Gerard sia un perdigiorno, anzi è molto serio, piuttosto sensibile, insegue e coltiva i suoi ideali, non mi pare così male…
Proprio Gerard mi ha fatto incontrare Mei.
Gerard aveva conosciuto Mei durante una gita con Françoise a Le Conquet, e si era intenerito.
La sera stessa del suo ritorno dalla gita mi disse che dovevamo aiutarla assolutamente.
Così siamo partiti con il camper e siamo andati a trovarla.
Trovammo Mei dove Gerard l’aveva sempre vista: molto anziana, nascosta in un rifugio di fortuna di coperte stracci e cartoni, costruito a ridosso del forte sulla penisola di Kermorvan, isolata e in balie delle intemperie tra il mare e la campagna.
In paese la conoscevano tutti ma nessuno sapeva davvero chi fosse, era talmente solitaria e silenziosa che tolleravano la sua presenza senza farci troppo caso.
Nei due giorni che siamo stati con lei non ha mai parlato, si nascondeva sotto le coperte con lo sguardo basso, si dondolava per riscaldarsi e nient’altro.
Le dicemmo che poteva venire con noi che le avremmo potuto trovare un alloggio, dei pasti caldi, vestiti puliti, che potevamo aiutarla, ma lei chiudeva gli occhi e scuoteva la testa.
Sembrava che non potessimo fare nulla per lei, allora le tenevamo compagnia suonando la chitarra e cantando delle canzoni, sembrava le piacesse la musica.
La terza sera che passammo con lei era agitata, ma se provavamo ad aiutarla ci spingeva via. Poi con una mossa brusca prese una quaderno nascosto tra gli stracci su cui posava la testa e lo lanciò via, Gerard lo prese e sfogliandolo scoprì che era pieno di disegni, le domandò se li avesse fatti lei ma Mei chiuse gli occhi e non rispose. Gerard mi mostrò una pagina con delle frasi, allora io le lessi ad alta voce sperando di ricavarne almeno una reazione:
 
Xantyan ha deciso di trasferirsi su ICA
ICA: un grande pianeta ai confini con il Sistema Solare.
Per occupare definitivamente tutto il Pianeta e farne la sua nuova casa Xantyan ha fatto scomparire il pianeta da qualsiasi strumento di navigazione
agli occhi di chiunque ICA non esiste.
ha distrutto tutto:
la tecnologia non esiste più
la medicina non esiste più
non esiste più alcun nessun mezzo di trasporto,
nessun mezzo di comunicazione
gli edifici sono stati rasi al suolo, distrutti o incendiati
nessun mezzo di sussistenza
non c'è più acqua
sorgenti, laghi, mari sono stati avvelenati o prosciugati
sono state diffuse malattie mortali
campi minati ovunque
dal Principato di Falbash arrivano acqua e medicinali
chi non riuscirà a fuggire è destinato ad essere annientato
 
Le chiesi se fossero appunti per un racconto fantasy, ma non rispose. Gerard si convinse che tutto quello che era descritto in quelle righe fosse vero, e che forse Mei era stata su ICA, o addirittura fosse un’abitante originaria di ICA. Allora io le chiesi cosa significasse il suo nome,  mi rispose “La minore di tutte le sorelle” e continuò a parlare “La mia vita è stata come la luce di una candela: fioca e tiepida. Non c’è mai stata abbastanza luce, non c’è mai stato abbastanza calore. Spero che la morte sia più gentile di quanto la vita sia stata con me”. Io e Gerard ci guardammo, Gerard era commosso. Io presi la chitarra e le chiesi se voleva sentire ancora un po’ di musica, Mei annuì. Le tenemmo compagnia tutta la notte, io e Gerard cantavamo e suonavamo, lei si assopiva e si risvegliava, si assopiva si risvegliava, si assopiva, si risvegliava. Finché non si risvegliò più. Gerard non voleva accettare che fosse morta. La scuoteva, la toccava. Ha dovuto abbracciarla per realizzare che era morta davvero.
Nei giorni a seguire ci siamo occupati noi di organizzare un funerale laico e una sepoltura per regalarle almeno il diritto di essere ricordata.
Gerard conserva ancora il quaderno di Mei.
 
- Non c’è più tempo – disse Gabriel a Re.
Il Re era pensieroso ma non rispose.
Michael si avvicinò a loro
- Che vogliamo fare? – intervenne durissimo verso il Re.
Il Re rimase muto, restituì la lettera di Andrè a Gabriel e si allontanò serio.
Gabriel e Michael si guardarono perplessi.
- Non parla. Quando deciderà a muoversi? - brontolò Michael guardando il Re 
 
Il Giardino
 
- Che te ne pare? – chiesi a Gabriel
- Funziona – rispose contento – Bella idea, bravo!
- Lo so lo so che sono bravo – risposi io
Gabriel era seduto su una panchina nel parco di Ashikaga, in Giappone, immerso tra grappoli pendenti dei glicini.
Stava collaudando una mia invenzione: una penna/pennello che permetteva di dipingere con tutti i colori senza aver la necessità di avere con sé tutto il kit di pennelli, acqua, spugne, tavolozze per la miscelazione…era tutto nella penna! Sono un genio!
Gabriel era così concentrato sul suo lavoro che non si accorse che tre giovani ragazze si erano avvicinate e lo osservavano sussurrando tra di loro commenti su di lui…insomma per farla breve: mio fratello aveva fatto colpo sulle tre giovani, se ne accorse per caso quando alzò lo sguardo e le vide sedute sulla panchina davanti alla sua.
Quando lo sguardo di Gabriel incrociò le tre ragazze quelle arrossirono all’istante, e lui sorrise divertito.
- Sei un’artista? – gli chiese una
- No, sto provando l’invenzione di mio fratello – rispose lui mostrando la penna
- Possiamo vedere? – chiese l’altra
Come Gabriel annuì le tre erano già intorno a lui.
- Ma non stai dipingendo questo giardino – si sorprese una delle tre
- No.
Gabriel continuò il suo lavoro, aggiungendo al suo quadretto quattro figure maschili:
 
Andrè camminava da solo nei vialetti di un giardino formato da composizioni di
Delphinium  Gigli  Glicine  Lillà  Mimose  Caprifoglio
Non ti scordar di me  Orchidee  Tulipani  Solidago  Crisantemi rossi.
Non capiva dove si trovasse, capiva che stava sognando,
era inebriato dal profumo dei fiori e dai loro colori
Si guardava intorno cercando di capire cosa fosse quel posto e perché fosse lì.
Laviah gli apparse accanto prendendolo sotto il braccio appoggiando la sua testa su quella di Andrè
- Lo so che non sei romantico – le sorrise – Ma sei sufficientemente sensibile
Andrè non capì.
Andrè e Laviah continuarono a camminare tra i fiori
immersi in una serenità che Andrè non aveva mai provato.
Andrè camminava pensando e ripensando a quanto fosse stato fortunato
per aver avuto in sorte una vita priva di scossoni e di amarezze
ma la gioia e la beatitudine che sentiva in quel momento gli era del tutto sconosciuta.
Ogni tanto guardava Laviah
credendo fosse lei a trasmettergli quelle emozioni
- No -  le rispose Laviah che ascoltava i suoi pensieri - Non sono io
gli sorrise accarezzandogli il viso
Andrè si sentì attraversare da uno strano turbamento, quasi si commosse.
 
Alan da solo nei vialetti di un giardino formato da composizioni di
Delphinium  Gigli  Glicine  Lillà  Mimose  Caprifoglio
Non ti scordar di me  Orchidee  Tulipani  Solidago  Crisantemi rossi.
Non capiva dove si trovasse, capiva che stava sognando,
era inebriato dal profumo dei fiori e dai loro colori
Si guardava intorno cercando di capire cosa fosse quel posto e perché fosse lì
Habuhiah gli apparse accanto:
- Sai cosa rappresentano questi fiori? – chiese ad Alan
- No, è Andrè l’esperto – gli rispose
- Sai dove ti trovi?– continuò a domandare Habuhiah
- No che non lo so
- Sai perché sei qui?
- Ufff! – sbuffò Alan alzando gli occhi al cielo - Non mi ci raccapezzo nelle vostre filosofie.
- Ma perché non provi a lasciarti andare?
Alan le rispose con uno sguardo beffardo.
- Fermati un secondo! – rise Habuhiah  - Non ti piace questo posto?
- Si, bello…è bello…embeh? Tanto è un sogno…
- Ci sono sogni e sogni – ridacchiò Habuhiah
- No! Dai ti prego! – esclamò Alan spazientito – Non ce la posso fare!
 
Marcel da solo nei vialetti di un giardino formato da composizioni di
Delphinium  Gigli  Glicine  Lillà  Mimose  Caprifoglio
Non ti scordar di me  Orchidee  Tulipani  Solidago  Crisantemi rossi
Non capiva dove si trovasse, capiva che stava sognando,
era inebriato dal profumo dei fiori e dai loro colori
Si guardava intorno cercando di capire cosa fosse quel posto e perché fosse lì
Era avvilito, demoralizzato, si lasciò cadere seduto su una panchina circondata dai fiori.
Piegato in due sulle ginocchia fissava il suolo
Manakel gli apparse accanto e si chinò su di lui provando a consolarlo
- Ogni volta è la stessa storia – si lamentò Marcel – ero sicuro che fosse la persona giusta e invece mi tocca ricominciare daccapo! Io non voglio rimanere da solo!
- Perché dovresti rimanere da solo? – chiese Manakel – Chissà quanti altri conoscerai…
- Tu di queste cose non capisci niente! – lo rimproverò Marcel
Manakel fu sorpreso da quella reazione
- Ma che ne sai tu! Voi non avete questi problemi – continuò Marcel
- Chi può dirlo? – ironizzò Manakel appoggiandosi alla panchina stiracchiando le gambe
guardò davanti a sé e fece l’occhiolino a Gabriel
 
Gabriel sollevò lo sguardo dal suo disegno e gli sorrise
 
Marcel continuava a starsene ricurvo su di sé con i gomiti poggiati sulle ginocchia
- Non ti abbattere così – gli disse Manakel
Manakel in effetti non sapeva come consolarlo
all’insaputa di Marcel
lanciò un’occhiata interrogativa verso Gabriel alzando le braccia in segno di resa
sperava in un suo suggerimento
 
Gabriel gli rispose con un sorriso alzando le spalle, con un lieve cenno del capo lasciò intendere di non dargli troppo peso  
 
Gerard da solo nei vialetti di un giardino formato da composizioni di
Delphinium  Gigli  Glicine  Lillà  Mimose  Caprifoglio
Non ti scordar di me  Orchidee  Tulipani  Solidago  Crisantemi rossi
Non capiva dove si trovasse, capiva che stava sognando,
era inebriato dal profumo dei fiori e dai loro colori
Si guardava intorno cercando di capire cosa fosse quel posto e perché fosse lì’
Rochel gli apparse accanto
- Vogliamo dare una sistemata al tuo camper? – chiese a Gerard
- In effetti…sarebbe proprio il caso: ultimamente io e Françoise non abbiamo più fatto gite - rispose sommessamente Gerard
- State sempre a bisticciare! – replicò Rochel -  Dai sali su io intanto raccolgo un po’ di fiori.
Gerard riordinò l’interno del camper
Rochel portò parecchi fiori dal giardino
tutto il camper si saturò di profumo
Gerard e Rochel sistemarono i fiori in ogni angolo del camper
divenne il prolungamento del giardino
Gerard si fermò a guardare il camper: non era mai stato così colorato
- Senz’altro la tua Françoise apprezzerà quest’infiorata – rise Rochel
- Mah… Françoise è una tipa sportiva – rispose dubbioso Gerard – non l’ho mai vista comprare fiori – poi trasalì - piuttosto sembra tutto pronto per ospitare una principessa – rise
– Eh si! Hai detto bene - esclamò Rochel
 
Gabriel aveva terminato il suo disegno.
- Disegni bene – disse una delle ragazze
- Lascia perdere ragazzina – intervenne bruscamente un vecchietto che si stava avvicinando a loro camminando ricurvo sul bastone – E’ inutile che fai la smorfiosa!
Gabriel e le tre ragazze si voltarono a guardare il vecchietto.
- Ma che vuole? – brontolò una
- Lascia perdere – insistette il tipo – lui non è un uomo come noi…
- Certo come te non è di sicuro – bisbigliò una
- Lui è un Arcangelo! – continuò imperterrito il vecchietto – Lo sapete che cos’è un Arcangelo?
Gabriel lo guardava divertito, le tre ragazze si misero a ridere:
- E questa, da dove è sbucata? – disse una strattonando la sua amica
Laviah era apparsa alle spalle di Gabriel china sul disegno appoggiato sulla panchina.
- Anche lei è un Arcangelo? – chiese una ragazza
- No lei è solo un Angelo semplice – rispose sicuro di se il vecchietto
- Sono una sua ex allieva – disse Laviah appoggiando il mento sulla testa di Gabriel.
- Me lo regali? – chiese la giovane indicando il disegno guardando Laviah con un attacco di gelosia
Gabriel rispose di si ma Laviah si sedette sulla panchina, completò il disegno inserendo uno stendardo raffigurante un nuovo personaggio
 
Si alzò il vento
Rochel si appoggiò alla parete del per osservare Gerard
Gerard si affacciò da uno dei finestrini del camper e vide uno stendardo mosso dal vento
si voltò verso Rochel sperando in una spiegazione
ma Rochel lo osservava muto
Gerard allora uscì poco fuori dal camper
Rochel lo seguì continuando ad osservarlo restando alle sue spalle
Lo stendardo raffigurava una figura femminile
che a braccia alzate puntava una spada verso il cielo
Gerard disorientato si voltò verso Rochel
Rochel lo fissò dritto negli occhi senza dare spiegazioni
 
Si alzò il vento
Manakel invitò Marcel a guardare poco distante da loro
Marcel notò uno stendardo mosso dal vento
- Non c’era prima – disse Marcel
- Adesso c’è – rispose Manakel
Marcel si alzò dalla panchina e si avvicinò allo stendardo
Manakel lo seguì come un’ombra
Marcel osservava interdetto lo stendardo
- Assomiglia al personaggio di una mia coreografia – disse Marcel indicando lo stendardo
- La coreografia che ti ha fatto incontrare André – confermò Manakel
posando una mano sulla sua spalla
Lo stendardo raffigurava una figura femminile
che a braccia alzate puntava una spada verso il cielo
Marcel incuriosito si voltò verso Manakel
Manakel lo fissò dritto negli occhi senza dare spiegazioni
 
Si alzò il vento
Alan si ritrovò da solo
Habuhiah non era più accanto a lui
Alan si sentì smarrito si guardò intorno per cercarla
ma Habuhiah non c’era
Alan iniziò a camminare tra le aiuole del giardino
voleva ritrovare Habuhiah
il vento si fece impetuoso
muovendo foglie e petali vorticosamente
ad Alan sembrava che il vento le foglie ed i petali volessero aggredirlo
camminava riparandosi gli occhi con un braccio
poi il vento cessò
all’improvviso
di colpo
il silenzio
abbassò il braccio
trovò Habuhiah davanti a lui
seria
severa
indicò ad Alan di guardare alle sue spalle
Alan si voltò
Alan si ritrovò davanti ad uno stendardo
ne fu rapito
Lo stendardo raffigurava una figura femminile
che a braccia alzate puntava una spada verso il cielo
Alan ammirato si voltò verso Habuhiah
Habuhiah lo fissò dritto negli occhi senza dare spiegazioni

Si alzò il vento
Andrè e Laviah camminavano tra i fiori
finchè non raggiunsero un aiuola con al centro uno stendardo
Andrè e Laviah si fermarono per guardarlo
Andrè ne fu colpito
Lo stendardo raffigurava una figura femminile
che a braccia alzate puntava una spada verso il cielo
Andrè si voltò verso Laviah
- L’hai già vista  – disse Laviah
- Non me la ricordo – rispose perplesso André
Laviah lo fissò dritto negli occhi senza dare spiegazioni
 
Gabriel riconobbe la figura dello stendardo,
Laviah gli abbracciò il braccio e appoggiò la sua testa sulla spalla di lui come sua abitudine.
- Tieni – disse Gabriel porgendo il disegno alla ragazza
Le tre ragazze rimasero affascinate dalla figura inserita da Laviah
- Potrebbe essere tutte voi – spiegò Laviah
 
Alan si svegliò con la certezza che la sua vita sarebbe cambiata drasticamente.
Marcel si svegliò con una gioia di vivere incontrollabile, una felicità che lo sorprese, la certezza di una speranza che portava ad un futuro inatteso.
Gerard si svegliò con l’intenzione di sistemare il camper e di invitare Françoise ad una lunga gita.
Andrè ancora addormentato aveva davanti a sé lo stendardo con quella figura che elevava la spada al cielo. 
Ancora nel sonno si chiedeva perché Laviah diceva che l’aveva già vista…dove l’aveva vista?
Alan, Gerard, Marcel, Andrè parlarono del misterioso stendardo visto nel sogno che tutti e quattro avevano fatto nella stessa notte.
André affermò sicuro:
- E’ la guerriera che cavalcava accanto a Gabriel. 
 
Ipersfera
 
Andrè si trovava in ufficio, nella sua fondazione, appena arrivato con al sua moto da Melun.
Prese un foglio, una penna e come sua abitudine scrisse una lettera.
Una volta terminata, con il foglio costruì un aeroplanino che si divertì a far volare all’interno dell’ufficio. 
 
Noi invece eravamo nella Sala Della Musica per ascoltare Mumiah e Laviah suonare l’arpa.
Eravamo in tanti, c’erano anche Raphael e Gabriel, loro erano accanto alle due musiciste a trascrivere le melodie che eseguivano, io ero sdraiato a terra con le caviglie incrociate e una mano sotto la nuca, con l’altra afferrai l’aeroplanino che Gabriel fece volare verso di me,
lessi la lettera di Andrè: 
 
Questa mattina mi trovavo ancora a casa di Masako, la geisha che frequentavo da diverse settimane.
Mi ero seduto alla scrivania davanti alla finestra per scrivere la mia lettera,
ma il  suono dell’acqua della fontana della piazzetta e la presenza di Masako mi hanno distratto.
Mi sono girato verso di lei e mi sono guardato intorno:
io ero così calmo e rilassato, Masako così indaffarata e concentrata sui suoi ritmi, controllava e ricontrollava l’agenda e l’orologio, continuava a ripetere che era in ritardo. Mi sono ritrovato a riflettere su quanto fossimo simili: affiatati, amici, complici, in qualche modo affezionati, ma completamente disinteressati l’uno dell’altra.
Guardavo lei e la sua casa come mai avevo fatto prima: mi piaceva andare da lei, la sua compagnia, l’atmosfera della sua casa, tutto aveva il sapore di una vacanza.
In quel momento ho avuto la sensazione di quanto tutto lo vivessi come “provvisorio”, “buffo”,
ho realizzato che quelli erano gli ultimi minuti che avrei passato con lei.
Mi dispiaceva? No. Perché stavo prendendo quella decisione? Non lo so. Ne sono addolorato? No, piuttosto ne sono divertito. Che io non sia mai stato un tipo sentimentale lo sanno pure i sassi.
Ogni tanto ripenso a Sylvie, chissà se mi odia o se in cuor suo si aspettava una fine del genere. 
Mi è venuto da ridere, mi sono alzato dalla sedia, ho infilato la giacca, ho dato un bacio a Masako e me ne sono andato. Amici come prima, a mai più.
 
- Risoluto il tuo pupillo – sorrise Raphael a Gabriel
- Sin da bambino - intervenne Mumiah
- A me sta simpatico – dissi – sa cogliere il lato leggero delle cose, senza tante paturnie inutili.
- Siete sicure che l'arpa sia l'accompagnamento giusto per un tipo come Andrè? - sorrise Gabriel
- Meglio questo? - ridacchio Laviah cambiando il suono che proveniva dall'arpa.
- Si! – esclamai alzando le braccia in alto
Laviah e Mumiah ripresero a suonare l'arpa, ma con le note che avevano il suono del rombo del motore di una moto
- Eccellente esempio di Musica delle Sfere - rise Raphael
 
Alan aprì gli occhi e si accorse che era ancora notte fonda.
- Gran brutta cosa il sonno leggero - disse una voce femminile alle sue spalle,
Alan sussultò spaventato anche se aveva riconosciuto la voce di Habuhiah
- Fai tanto il rude ma alla fine della fiera sei un gran fifone - continuò lei
Alan si voltò e la vide seduta sul suo letto a gambe incrociate intenta a leggere il suo quaderno di poesie
- Sono così spaventosa? - gli chiese chinandosi su di lui
Alan alzò lievemente un sopracciglio con un lieve sorriso, perché Habuhiah è tutt’altro che spaventosa, è bellissima.
- Ah beh! Vorrei vedere! - esclamò Habuhiah che aveva ascoltato i suoi pensieri.
- Non leggere… - brontolò Alan provando a toglierle di mano il suo quaderno
- Che fai ti vergogni? – rise Habuhiah – Credi che non abbia mai letto cose come queste? A quale  genere le vogliamo catalogare? Erotic/Sexy/Porn/Poetic/Fantasios?
- Sono pensieri privati!
- Uh! Quante storie! – rise allontanandoli il quaderno – Hai una bella fantasia lo sai? – continuò a canzonarlo, posando lo sguardo su altri versi – Alice sarebbe capace di cantarli
- Adesso chi è questa Alice? – sbuffò Alan alzando gli occhi al cielo.
- E’ una mia amica, la conoscerai – rispose fra sé, poi guardando Alan, con voce bassissima e cavernosa alzò le braccia verso l’alto con fare un po’ epico e un bel po’ ironico tuonò – Alice è un guerriero dalle ali rosse, che scortata da Michael e le sue legioni, con la sua spada d’oro decapiterà Satana!
- Ma falla finita! – brontolò Alan lasciandosi cadere sul cuscino.
- Te l’ha mai detto nessuno che sei insopportabile? – gli chiese Habuhiah
- Tutti – rispose orgoglioso Alan.
- Ecco appunto.
- E poi, magari, si viene a scoprire che quest’Alice non è altro che una tipa con una banalissima mantella rossa.
- Ottimo! Ma quante belle soddisfazioni mi dai! - rise Habuhiah pizzicandoli il naso facendogli ondeggiare la testa
- Ridammi il quaderno! - ribadì lui schiaffeggiandole la mano
- No! 
 
Gerard e Françoise si trovavano sul camper per una gita nella provincia di Gipuzkoa in Spagna.
- Per carità appena arriviamo togliamo questi fiori dal camper! – esclamò Françoise – Ma come ti è saltato in mente di riempire il camper con tutti questi fiori?
- Volevo farti una sorpresa, pensavo ti facesse piacere.
- Mi gira la testa, altro che piacere.
Quello fu l’argomento di gran parte del viaggio, finché non arrivarono nei pressi di Hondarribia.
 
Gerard cominciò a guidare in modo strano: ridusse sempre più la velocità del camper, fino a proseguire a passo d’uomo con un bizzarro zig-zag, inspiegabile per Françoise che cominciò a guardarlo dubbiosa.
- Chissà perché hanno bloccato così la strada – mormorò Gerard
Françoise lo fissò spaventata.
- Guarda qui, sacchi di sabbia, cavalli di Frisia – si voltò verso Françoise – Deve essere successo qualcosa. Senti se alla radio danno qualche notizia, guarda che roba, non si riesce a camminare!
Françoise continuava a guardarlo con sospetto, perché lei aveva davanti a sé la carreggiata libera da intralci e anche dal traffico perché in giro sembrava ci fossero solo loro.
Per Gerard no: transitare per quella strada era una vera gincana,
- Bella questa voce - disse Gerard - che radio è?
- Che voce? Io non ho acceso la radio?
- C'è una voce che canta...
- Io non sento nessuno cantare - troncò Françoise.
- E' una bella melodia - continuò sicuro Gerard.
Françoise non replicò, lui non parlò più di alcuna voce, ma era evidente che lui fosse convinto di sentire qualcosa, perché muoveva il capo come quando ascoltava la musica.
Un sobbalzo improvviso: Gerard sterzò bruscamente verso una strada secondaria.
- Adesso dove andiamo? – chiese Françoise  
-No lo so, ma almeno, vedi, qui è tutto libero.
Françoise oltre ad essere spaventata stava anche perdendo la pazienza:
- Mica possiamo girare a vuoto così, il Sole sta per tramontare…
- Siamo sul camper…
- Voglio un posto che abbia pareti in muratura e un tetto!
Françoise si stava convincendo sempre più che Gerard stesse male.
- Che meraviglia guarda! – esclamò Gerard indicando davanti a loro
Françoise si irritò:
- Guarda cosa?! Non c’è niente!
- Non la vedi?
- Cerchiamo un posto dove passare la notte, io voglio scendere da questo camper!
- Io la seguo – continuò convinto.
Françoise posò una mano sulla fronte per cercare di calmarsi.
Gerard vedeva una luce argentata che si muoveva davanti al camper:
un velo d’argento che ai suoi occhi sembrava volesse guidarlo.
La luce scomparve nei pressi di una bella casa rurale  
- Ti prego fermati qui! – implorò Françoise indicandogli l’edificio
- Certo - rispose Gerard convinto che la luce lo avesse portato là di proposito
Non appena Gerard fermò il camper Françoise saltò giù sbattendo la portiera alle sue spalle avviandosi di corsa verso l’ingresso della casa.
- Potete ospitarci? – chiese nervosa alla signora che le venne incontro
- Abbiamo un paio di camere libere…
- Va bene va bene – tagliò corto Françoise
Era un albergo molto bello: l’aspetto di una baita, l’interno era ancora più bello e accogliente, a Gerard piacque moltissimo:
- Guarda in che meraviglia ci hanno portato – diceva guardandosi intorno
Ma Françoise non lo ascoltava affatto, saliva le scale battendo i piedi sui gradini con lo sguardo basso.
- Mi spieghi cosa sta succedendo? – urlò arrabbiata appena entrarono in camera.
Litigata furiosa.
Le persone presenti nella casa li sentirono litigare tutta la sera: Françoise era convinta che Gerard fosse impazzito, che doveva farsi curare, mentre lui continuava a ripetere che se non fosse stato per le sue visioni non avrebbero mai avuto l’occasione di trovare un posto così bello.
Due monologhi tra due sordi.
Quella notte Françoise dormì vestita sdraiata sul letto, mentre Gerard passò parte della notte davanti al camino del salotto all’entrata, per poi uscire sulla veranda.
Rimase in piedi a guardare il panorama illuminato dalla Luna, poi si sedette su una delle poltroncine di vimini.
- Chissà come proseguirà la vostra vacanza? – gli sussurrò una voce
Gerard si guardò intorno, ma non vide nessuno.
Sentì battere sulla sua spalla, Gerard si voltò e vide Rochel che si sedette sulla poltroncina di vimini accanto a lui:
Gerard e Rochel si guardarono divertiti:
- E...certo che... - mormorò Rochel un po' deluso ma anche un po' sarcastico
- Mah… - mormorò Gerard scrollando le spalle
- Boh… - sorrise Rochel
- Che ti devo dire... - sorrise imbarazzato Gerard - Ma si…mi ci sono abituato - rise - A proposito chi era che cantava? Aveva ragione Françoise o davvero c'era una voce che cantava?
- Si era Alice - rispose Rochel - Tra non molto la conoscerai.
 
Marcel aveva appena finito la sua lezione di danza.
In quei giorni si trovava a Collioure: insegnava a danzare a chi è costretto su una sedia a rotelle, bambini e adulti, tutti insieme.
Una volta salutati tutti i partecipanti al corso, rimasto solo, tornò al centro della sala e di fronte allo specchio improvvisò alcuni passi e salti, una vera coreografia.
Marcel era talmente concentrato che non si accorse che lo specchio di fronte a lui dapprima si appannò poi si liquefece fino a diventare traslucido…per farla breve Manakel apparve da dietro lo specchio, lo attraversò e posizionandosi affianco a Marcel e ballò con lui.  
Dopo una serie di salti e acrobazie si sedettero a terra davanti allo specchio.
- Che bravo che sei – si complimentò Manakel
- Perché non sei venuto quando c’erano gli allievi? – domandò Marcel
- Chi ti dice che non ci fossi?
- A che serve essere presenti se non ti possono vedere?
- Chi ti dice che non mi hanno potuto vedere?
- Non ti hanno visto - sorrise Marcel scuotendo la testa
- Forse non tutti - replicò Manakel - forse non mi hanno visto, forse mi hanno sentito…
- Troppi forse…
- Tu mi vedi?
- Certo che ti vedo.
- Può bastare, no? 
- Forse no…
- Un forse di troppo - ridacchiò Manakel
Una voce, una melodia troncò la loro conversazione.
Marcel si guardava intorno senza capire da dove arrivasse quel canto:
- Che bella voce – disse a Manakel
- Avrai modo di conoscerla – gli rispose invitandolo ad alzarsi
Dallo specchio arrivarono molti di noi, che presero l’aspetto di varie tipologie di persone, anche sulle sedie a rotelle come gli ultimi allievi di Marcel
- Sarà la tua nuova coreografia – disse Manakel
Ballarono tutti seguendo il canto della voce che si propagava nella sala.
All’improvviso la porta si aprì, la signora che gestiva il centro culturale interruppe Marcel che concentratissimo danzava da solo al centro della sala prove:
- Marcel balla anche senza musica – disse la signora - ci serve la sala, il tuo turno è finito.
 
La luce della Luna illuminava la stanza occupata da Andrè, che in quel periodo viveva e lavorava come aiuto giardiniere nella Villa Ephrussi de Rothschild a Saint-Jean-Cap-Ferrat, sulla Costa Azzurra.
Una voce, una melodia, Andrè si sedette sul letto guardandosi intorno senza capire da dove arrivasse quel motivo.
Si sdraiò e continuò ad ascoltare il canto con gli occhi chiusi.
 
Una voce, una melodia intonata da una figura femminile
che danzava la basse danse con Gabriel
danzavano circondati da tulipani rossi e garofani rosa
erano felici
tutti eravamo felici
 
Una voce, una melodia intonata da una figura femminile
che combatteva con il bastone insieme a Gabriel
combattevano circondati da tulipani rossi e garofani rosa
erano felici
tutti eravamo felici
 
Una voce, una melodia intonata da una figura femminile
che combatteva con la spada insieme a Gabriel
combattevano circondati da tulipani rossi e garofani rosa
erano felici
tutti eravamo felici
 
Una voce, una melodia intonata da una figura femminile
che dipingeva insieme a Gabriel
dipingevano circondati da tulipani rossi e garofani rosa
erano felici
tutti eravamo felici
 
Una voce, una melodia intonata da una figura femminile
che camminava da sola in un deserto sferzato dal vento gelido
non c'erano più i tulipani rossi non c’erano più i garofani rosa
nessuno era felice
 
La voce si dileguò, Andrè aprì gli occhi, vide Gabriel in piedi accanto alla porta finestra aperta che lo stava osservando.
Mio fratello non disse niente, uscì verso il giardino.
Andrè si sbrigò a seguirlo, così come si trovava, scalzo e con i pantaloni del pigiama.
Mio fratello camminava spedito davanti a lui, Andrè dovette allungare e velocizzare parecchio
il passo per raggiungerlo.
Il canto e le immagini di Gabriel con la sua misteriosa compagna gli occupavano la mente:
era lei che stava cantando, era lei la guerriera che cavalcava sulla spiaggia accanto a Gabriel e con tutti noi, era sempre lei ritratta sullo stendardo. Andrè sperava in una spiegazione, ma Gabriel non diceva niente, Andrè doveva solo seguirlo in silenzio.
Si diressero verso la parte più alta del giardino.
Gabriel si sedette sui gradini di un tempietto classicheggiante, Andrè accanto a lui.
La Luna illuminava il giardino ai loro piedi, con la grande fontana al centro del viale, che spenta, sembrava dormisse.
- La conoscerai presto - disse Gabriel
Andrè si voltò verso di lui curioso di ascoltarlo. 
- Hai già incontrato altri come lei - riprese Gabriel - Viaggiatori con l'incarico di raccogliere informazioni su come si vive sotto il dominio di Xantyan. Ha viaggiato tanto, per tutto l'Universo, per tanto tempo, ha attraversato tanti mondi, tante vite, tante storie, separata da tutti noi, senza niente, senza riferimenti, senza conforto, da sola, come voi. Voi sulla Terra vivete così, vi chiedete perché siete qui, per quanto tempo, per fare cosa. Fate così tanta fatica a dare un senso alla vostra vita - si fermò - Ha ancora strada davanti a sé - riprese - e una missione difficile da affrontare... - si interruppe di nuovo - Per l'ultima parte del suo viaggio vorrei che fosse più serena - disse guardando dritto negli occhi Andrè - E' cambiata - continuò Gabriel guardando la fontana spenta - non le interessa più sapere dove si trova, cosa deve fare, non le interessano le persone che incontra, le interessa solo tornare a casa. Io non voglio che sia infelice - Gabriel tornò a guardare Andrè - Vorrei che tu e i tuoi amici l’accompagnaste per l’ultima parte del suo viaggio, o almeno finché lei vorrà stare con voi.
- Certo! - disse prontamente Andrè, come per tranquillizzarlo.
- Vorrei che capisse che la vita qui sulla Terra può essere bella anche con le difficoltà che vi opprimono, vorrei che cogliesse l’opportunità di vedere la vita come un’esperienza piacevole, da voler ricordare e non come una pratica da chiudere e archiviare per sempre…Alcuni viaggiatori hanno addirittura scelto di rimandare il ritorno da noi e restare con voi. Ci sono così tante cose belle da scoprire qui, e tu sei in grado di trasmetterle tutto questo.
Andrè osservava attento Gabriel, che per la prima volta gli appariva stranamente fragile e preoccupato. Sentì l’istinto di abbracciarlo, ma Gabriel gli metteva soggezione.
 
Andrè aprì gli occhi, la porta finestra aperta fece entrare l’aria frizzante dell’alba.
Si alzò dal letto e uscì in giardino così come si trovava, scalzo e con i pantaloni del pigiama.
Fece lo stesso percorso fatto con Gabriel, ma non salì verso la parte alta del giardino, piuttosto si diresse verso la balconata per affacciarsi sul mare.
Pensava e ripensava all’incontro con Gabriel che diversamente dalle altre volte aveva parlato molto, gli aveva detto tante cose, gli aveva parlato da amico, ma qualcosa non gli tornava. Mancava qualcosa. Cosa mancava al suo discorso? Andrè era perplesso, per la prima volta Gabriel sembrava essere stato così chiaro, eppure c’era un non detto…
Conoscendo Gabriel, Andrè realizzò che era proprio in quello che Gabriel non aveva detto che si nascondeva l’essenza di tutto.
 
Incursione
 
Eravamo tutti nel anfiteatro, dalle nostre postazioni seguivamo quelli di noi in missione nelle galassie.
C’era un chiasso assordante, una confusione indomabile!
Per favi un’idea c’era la stessa baraonda che potete trovare in alcune vostre stazioni dei treni.
Sommersi in quel delirio io e Gabriel eravamo curvi a leggere la nuova lettera di Andrè, cercando a fatica di rimanere concentrati:
 
Sono preoccupato per Alan. Sembrava avesse trovato un equilibrio tra il suo solito cinismo e il suo nuovo impegno con la Police Nationale, invece no. Il suo nichilismo ha superato i livelli di guardia, sono preoccupato, la pausa non gli è servita a niente, è peggio di prima. Fa discorsi troppo cupi: dice spesso che la vita lo ha sfiancato, non la sua vita, ma la vita in generale. Dice che la vita è una prigione, che è solo una sequenza infinita di eventi che non portano a nulla. Continua a ripetere che non ce la fa più, che la vita gli è insopportabile e non vede prospettive. Mi ha anche detto che se avesse coraggio si butterebbe giù dalla finestra. E’ brutto sentire dire queste cose da una persona che conosci da tanto tempo, gli voglio bene, è come un fratello per me. Non so cosa fare per aiutarlo. Tra l’altro il suo lavoro con la Police Nationale sta dando risultati eccellenti: ha scoperto una grossa organizzazione che gestisce il traffico planetario di organi e armi… grazie a lui stanno per sgominarla! Una cosa grossa! Dovrebbe andarne fiero, invece il suo carattere e il tempo passato nel Dark Web lo stanno distruggendo. Ma non è solo questo, mi ha raccontato di un incubo che lo ha terrorizzato. Ha detto di essersi svegliato perché non riusciva a respirare, con una sensazione di gelo intorno al collo. Quando ha aperto gli occhi dice di aver visto uno sconosciuto, con i capelli nerissimi e lunghissimi che lo guardava con cattiveria. Questo personaggio aveva gli occhi viola che ad un certo punto si sono accesi come fossero lampadine, più gli occhi si illuminavano più la morsa intorno al collo si faceva gelida e soffocante. Ha detto che tutto sarà durato si e no una manciata di secondi, ma sembrava un tempo infinito.
 
Michael si accostò a noi sporgendosi verso la lettera,
Gabriel tamburellò l’indice sul foglio, indicandogli il nome di Alan
- Questo rischia di perdere definitivamente la testa – sbuffò Michael
Gabriel guardò dritto negli occhi Michael, si capirono all’istante:
Michael con un cenno chiamò Charuth, Grafathas, Melioth​.
Gabriel chiamò Eyael, Rochel, Haiaiel
- Andate anche voi - disse
Così Michael con la sua pattuglia di sei corsero fuori dalla sala.
- Ehi! Ehi! Ehi! – strillò il Re verso di loro vedendoli uscire
- Ne parliamo dopo – brontolò Michael senza neanche voltarsi.
La Regina divertita guardò prima il Re, disorientato dall’ostinazione di Michael,
poi me e Gabriel:
- I miei ordini non contano più niente? – ci disse
- Dai non te la prendere! Noi siamo i buoni – gli risposi
Il Re alzò gli occhi al cielo facendo cadere le braccia…
com’è che dite voi? “gli caddero le braccia”.
 
Alan era appena arrivato davanti alla porta dell’ufficio per il suo turno di lavoro:
era in un vero e proprio bunker segreto, nascosto nei sotterranei di Parigi.
Stava per aprire la porta quando venne ostacolato da una nuvola argentata da cui si materializzò Habuhiah, subito apparvero anche Michael, Charuth, Grafathas, Melioth​.Eyael, Rochel, Haiaiel che entrarono nell’ufficio oltrepassando la porta chiusa e la parete.  Alan sobbalzò:
- Che ca…? – provò a urlare Alan
Habuhiah si lanciò su di lui tappandogli la bocca con una mano, spingendolo violentemente contro il muro:
- Dovrai dar via tutte le tue macchine, tutto, telefoni, computer, tutto quello che hai! Tutto! Sono stata chiara?  – gli disse risoluta fissandolo negli occhi
Alan annuì spaventato, svenne cadendo a terra.
Appena Michael, Charuth, Grafathas, Melioth, Eyael, Rochel, Haiaiel entrarono nell’ufficio tutti i colleghi di Alan persero i sensi, ed a quel punto loro sette presero possesso dei computer.
Michael nervosissimo cominciò a impartire ordini, sugli schermi dei computer apparvero i seguaci del nostro Avversario, successe il finimondo! Furono loro sette ad annientare tutta l’organizzazione che Alan aveva scoperto.
Finito il pandemonio Michael, Charuth, Grafathas, Melioth, Eyael, Rochel, Haiaiel sparirono e i colleghi di Alan si risvegliarono perfettamente ai loro posti, allegri, festosi.
Alan si ritrovò seduto sul pavimento del corridoio con un calice di champagne in mano.
- Sei contento? – gli chiese il suo superiore che passava in quel momento – Tutto grazie a te!
- E vieni con noi non startene lì per terra! Abbiamo vinto! – disse un collega di Alan affacciandosi dalla porta dell’ufficio – Hai vinto Alan! Hai vinto tu! Hai vinto!
Alan era stordito, era l’unico che aveva contezza di quello che era davvero accaduto. Guardava il calice di champagne ripensando ad Habuhiah, si soffermò a pensare a lei come mai prima: abbigliata in modo che gli suonava strano, lunghi capelli rossi, lineamenti aggraziati, aspetto elegante e molto femminile, ma con una forza fisica e quel fare bizzarramente mascolino…
- Ma cosa sei? Una suora? Una fotomodella? Un templare? – mormorò tra sé - Gerard continua a dire che sei un angelo - sbuffò
 
La Via Dei Canti
 
La nave di Gabriel sorvolava l’Australia avvolta da una notte stellata.
Eyael, Rochel osservavano rapiti linee luminose che emergendo dal suolo
attraversavano tutto il territorio dell’Australia da cui proveniva il suono del didgeridoo che ipnotico arrivava fino a loro, invece Gabriel era seduto in disparte, con i suoi pensieri altrove:
 
Alice era seduta alla fermata del bus, un cane attraversò la strada dirigendosi verso di lei scodinzolando, appoggiò il muso sulle game di Alice che lo accarezzò, il cane alzò lo sguardo verso di lei.
Alice riconobbe Gabriel dal colore degli occhi.
 
Manakel si piegò verso Gabriel con il suo viso davanti a quello di mio fratello:
- Stanno cantando – disse indicando lo schermo
Gabriel trasalì, Manakel si scostò da lui:
- Andiamo da loro - disse Gabriel
Gabriel, Manakel, Eyael, Rochel, Haiaiel scesero non lontano da Alice Springs e
si inoltrarono nel bush, guidati dal canto.
Eyael ammirava la natura di quella zona, rapito dal suono del didgeridoo:
- Ogni volta mi emoziona – disse a Haiael che annuì
Seguirono le linee luminose che, sinuose e lente, si muovevano raso terra;  sollevavano la sabbia creando intorno a loro un’atmosfera sospesa, onirica.
Trovarono un gruppo di 7 Aranda (i nativi australiani) seduti intorno ad un falò: uno cantava, uno suonava il didgeridoo, 3 battevano ritmicamente le mani e legni, uno disegnava con le dita, linee e punti sulla sabbia, uno soffiava verso il fuoco lanciando scintille in aria:
- Stelle volanti – mormorò Manakel guardando le scintille muoversi nel buio
Gabriel, Manakel, Eyael, Rochel, Haiaiel si sedettero davanti al fuoco,
tra i nativi che continuarono il loro canto.  
 
André passeggiava da solo nella campagna del Normandia-Maine.
Ormai erano passate diverse settimane da quando lui Marcel, Alan e Gerard avevano lasciato Parigi: “Domani mattina partirete”  questo gli aveva ordinato Gabriel, senza preavviso, senza dirgli verso dove, “Segui i tuoi sogni, come hai sempre fatto” era stata la sua unica indicazione. Partirono con il camper di Gerard, Françoise lo aveva cacciato da casa nel cuore della notte al culmine dell’ennesima litigata. Alan aveva venduto tutte le sue macchine e abbandonato l’impegno con Police Nationale , Marcel per la prima volta era stato lui ad abbandonare il suo ultimo fidanzato, si era convinto che avrebbe trovato l’amore della sua vita “a nord”, Alan lo canzonava continuamente: “a nord di che?” gli chiedeva. Erano così…liberi, leggeri, girovagavano come artisti di strada, improvvisando sul suono dei tamburi, canti e danze che raccontavano del Popolo delle Stelle. Andrè aveva definitivamente preso l’abitudine di esibirsi con il viso decorato da linee e colori, ricavandone un aspetto misterioso ma mai respingente, sempre intrigante, che attirava la curiosità.
 
Andrè si sedette sulla riva di un torrente, davanti ad una cascata, prese taccuino e penna che portava sempre con sé, staccò un foglio e iniziò a scrivere:
 
Quest'anno la Primavera è davvero bella, sembra tutto perfetto: non fa il caldo degli ultimi anni, non si è ripetuta la siccità, sembra tutto bellissimo, ma il mondo sta andando a pezzi: nei casi migliori la Terra è vissuta come un Luna Park, il più delle volte come una discarica. E’ tutto sporco, inquinato, abbandonato...e poi ancora guerre, povertà…ovunque…sembra non ci sia più un posto dove poter vivere in pace…in tutto questo ci siamo noi 4 che sembriamo immuni da qualsiasi difficoltà, a volte credo di camminare a 10 cm da terra, isolato da una campana di fortuna immensa. Anche Alan è tranquillo, quasi Zen, non sembra più neppure lui, sempre così calmo e ben disposto, è cambiato completamente.

Andrè smise di scrivere per soffermarsi a guardare l'acqua della cascata.
Con quella breve lettera fece una barchetta e la lasciò navigare sul torrente,
la seguì con lo sguardo finché la carta non si consumò fino a sparire nell'acqua.
 
Gabriel con lo sguardo sul falò davanti a lui seguì la breve navigazione della barchetta di Andrè.
Gabriel chiuse gli occhi, per raccogliere i suoi pensieri,
poi rivolse il suo sguardo a Manakel, Eyael, Rochel, Haiaiel, infine verso il suonatore del didgeridoo che immediatamente produsse un suono con un unica nota, lunghissima,
gli altri interruppero il canto e il ritmo delle mani e dei legni,
quello che disegnava sulla sabbia raccolse il bastone che aveva accanto a sé, si alzò in piedi
e batté il bastone a terra come per puntellarlo al suolo, l'altro soffiò verso il fuoco proiettando le scintille verticalmente verso il Cielo.
Il suonatore del didgeridoo posò lo strumento a terra si voltò verso Gabriel.
Anche Manakel, Eyael, Rochel, Haiaiel vi voltarono verso di lui colpiti da un misto di trepidazione ed entusiasmo.
 
Alice era a pochi chilometri da dove si trovava Andrè.
Avvolta nel suo mantello rosso se ne stava appoggiata al parapetto di un ponte in pietra,
affacciata verso il torrente osservava i riflessi dell'acqua.
Sotto il mantello rosso nascondeva la sua spada d'oro.