Cap 13: FRERES - FRATELLI
FRATELLI
Io
passavo gran parte del mio tempo a cercare di riattivare tutti i mezzi di
comunicazione dell’astronave con l’esterno.
La
situazione era insostenibile, ma io non mi davo per vinto.
Raphael
lavorava in una serra dove aveva riprodotto molte piante che usava per le sue
ricerche.
Gabriel
per diversi giorni non si fece vedere.
Si
trincerò nel suo appartamento in cui c’era un frenetico traffico di suoi
collaboratori: un via vai continuo. Io ne incontravo a decine ogni volta che
andavo da lui per fargli leggere le relazioni di Alice.
-
Ma cosa sta succedendo? - chiesi
-
Gabriel sta riordinando tutto il Clan - mi rispose Damabiah
-
Come sarebbe? - continuai a chiedere
-
Sembra che voglia lasciare la nave.
Queste
parole mi allarmarono, riferii tutto a Raphael e Michael.
Raphael
nell’apprendere la notizia ci rimase malissimo, continuava a ripetere che senza
Gabriel la Corte non sarebbe stata più la stessa.
Michael
neanche mi lasciò finire di parlare che andò di corsa da nostro fratello.
-
Cos’è questa novità?! - esclamò Michael entrando di prepotenza nella camera di
Gabriel
-
Perché non ti dai una calmata? - gli chiese l’altro
-
Che stai combinando? - domandò nervoso piantandosi di fronte a Gabriel come un
inquisitore
-
Ho dato nuove istruzioni ai miei collaboratori, starò via per un po’ di tempo
-
Dove vuoi andare?
-
In un posto che non ti piace.
Michael
rabbrividì.
Capì
immediatamente che Gabriel voleva trasferirsi nel Regno di Xantyan:
-
E’ una follia! Cosa vai a cercare laggiù?
-
Non cerco niente
- Tutto
questo non ha senso! Ma che ti è successo? Non riesco a crederci: tu in mezzo a
quel marciume!
-
Smettila di essere così severo!
- E
tu smettila di vedere la bellezza dove c’è solo schifo! Ma ti rendi conto dove
stai andando?
-
Non insistere, non sento ragioni!
-
Io lo so com’è la storia: tu vai da quelli per lei...
Gabriel
cambiò espressione.
Michael
capì di aver toccato il punto che per Gabriel era diventato drammatico.
-
Alice aveva molti amici nel Regno di Xantyan - disse Gabriel con calma - oggi
potrebbero essere i suoi nemici. Ci sono
delle cose che devo capire...
-
Laggiù non c’è niente da capire...
-
Lo sai cosa vuol dire vedere allontanare la persona che hai appena scoperto di
amare?
Michael
s’intenerì all’istante.
-
E’ come se venisse strappata una parte di te - continuò Gabriel - l’ho vista
sparire all’improvviso...E io che le avevo promesso proteggerla...Non mi è
possibile neanche parlarle...
-
Non so cosa fare per aiutarti - disse Michael commosso.
-
Non puoi fare niente.
Gabriel
era attraversato da un’inquietudine che lo rendeva fragile e vulnerabile agli
occhi di Michael, che lo scrutava, mai così coinvolto:
-
Qualunque decisione vorrai prendere - gli disse - conta su di me, avrai il mio
appoggio.
Gabriel
camminava tra i ghiacci di uno dei sei pianeti del cerchio esterno nel Regno di
Xantyan.
Un
luogo gelido attraversato da raffiche di vento improvvise che sollevavano
lastre di ghiaccio e pochi ciuffi di neve.
Si
guardava intorno: solo ghiaccio sovrastato da un cielo nero buio senza stelle.
Arrivò
vicino ad uno degli ingressi che conducevano ai sotterranei dove vivevano i
seguaci di Xantyan.
Non
entrò subito ma si sedette a terra per raccogliere i suoi pensieri.
Si
accorse, con meraviglia, della presenza di un suono famigliare:
lo
strusciare di tessuti leggeri che si avvicinavano. Alzò lo sguardo.
-
Non è che mi liquidi come hai fatto l’ultima volta che ho provato a parlare con
te?
-
La mia Regina preferita! - sorrise Gabriel felice di vederla.
La
Regina si sedette accanto a lui cingendogli le spalle con un braccio, Gabriel
si accucciò posando la testa sulle ginocchia di lei.
-
Come hai fatto ad arrivare fino qua? - le chiese
-
Dolce Gabriel - rispose accarezzandogli i capelli - Xantyan non ha poteri su di me!
La
Regina sorrise guardando il panorama che li ospitava:
-
Sei fuori posto quaggiù
-
Ho già sopportato la ramanzina di Michael!
La
Regina si fece più seria. Guardò Gabriel che sembrava essersi rilassato;
sperava fosse anche più disponibile ad ascoltarla:
-
Sei offuscato dalla malinconia. Incolpi il tuo Re di averti allontanato da
Alice. Xantyan ti perseguita: non mi meraviglio che tu sia qui. Il tuo guaio è
che hai capito troppo tardi quello che era palese a tutti da subito ed ora ti
stai facendo mangiare dal rimorso. Prova a vedere le cose in un’altra
maniera...
-
Quale altra maniera?
-
Non aver ascoltato quello che sentivi dentro di te...
-
Queste sono chiacchere che stanno bene in bocca a Raphael! - esclamò
indispettito.
La
Regina decise comunque di continuare.
-
Tu eri troppo preso dal tuo ruolo di Maestro che non hai voluto capire cosa ti
stava succedendo, Alice così selvatica da non ascoltare i suoi sentimenti,
tanto da infatuarsi di un povero diavolo usato dai suoi compagni e abbandonato
a se stesso. E’ questo che vi ha separato, non il tuo Re.
-
Credi di avermi tranquillizzato adesso? - le chiese Gabriel sollevandosi e
guardando la Regina.
-
Forse no, ma hai sentito da un’altra voce il motivo per cui tu stai così male,
senza cercare altre spiegazioni inutili.
Mio
fratello scosse la testa per nulla convinto da quelle parole.
Si
alzarono in piedi. La Regina fece un sorriso a Gabriel:
-
Sembra che tu abbia dato tutta la tua forza alla tua allieva: lei continua
indefessa nella sua missione e tu qui scosso dalle emozioni.
Appena
terminò di parlare la Regina scomparve.
Gabriel
si voltò verso l’ingresso dei sotterranei e decise di entrare.
Si
trovò a camminare in un lungo e stretto cunicolo scavato nella roccia,
che
scendeva in profondità.
Più
il cunicolo scendeva, più la temperatura saliva.
Arrivato
ad un incrocio con altri corridoi simili, istintivamente, decise di continuare
in avanti.
Il
percorso era più largo e comodo, si sentiva anche un sottofondo di voci e
musica.
Aprì
una porta.
Entrò
in un locale fumoso e caldissimo, pieno di gente che faceva un chiasso
assordante, poco distante, separata da un arcata, un’altra sala dove dei
musicisti suonavano ad un volume che avrebbe fatto tornare l’udito ad un sordo.
Non
appena Gabriel entrò nel locale, tutti i presenti si voltarono e dopo un
silenzio di pochi secondi un brusio riempì la sala.
Vedere
Gabriel fu per tutti più di una sorpresa.
C’era
un bancone dove venivano servite delle bevande.
Da
là dietro, un uomo altissimo con collo taurino e due spalle titaniche, che
doveva essere il titolare del locale, tutto eccitato, si precipitò verso
Gabriel:
-
Tu qui da noi?! - esclamò - vieni siediti!
Con
una certa emozione accompagnò Gabriel ad un tavolo che confinava con la sala
dove i musicisti avevano ripreso a suonare.
Mio
fratello si meravigliò per quella accoglienza così affettuosa.
-
E’ un onore per me averti qui! Tutto avrei immaginato ma non di incontrare
Gabriel proprio nel mio locale. Come mai sei sceso fino qua?
-
Non c’è un motivo in particolare
-
Si che c’è - disse una ragazza piuttosto giovane - è venuto a vedere come si
vive da noi.
Lei
si appoggiò al tavolo sporgendosi in modo da avere gli occhi fissi in quelli di
Gabriel.
Aveva
un aspetto curioso, eccentrico: piccola ma muscolosa, con un paio d’occhi enormi
dal colore indefinibile.
I
capelli, di un giallo fosforescente, erano raccolti in una coda sulla cima
della testa, e tutte le ciocche cadevano intorno al viso paffuto, e grazioso.
Piena
di orecchini e anelli da tintinnare ad ogni gesto.
-
La tua allieva veniva spesso - continuò maliziosa
-
Alice! - esclamò il locandiere sedendosi al tavolo - Cantava anche con i nostri
musicisti - poi rivolgendosi direttamente a Gabriel continuò - sai che ti dico:
di tutti quelli, dei vostri, che venivano, era l’unica che non sperava di
redimerci!
Le
piacevamo!
- E
lei piaceva a noi! - continuò la ragazza sedendosi vicinissima a Gabriel -
passava dal vostro mondo al nostro con una naturalezza che la rendeva così
amabile!
Gabriel
si accorse che in tutto quel chiacchericcio si era ritrovato stretto fra il
locandiere e la ragazza, quasi fosse stato catturato.
-
Cosa posso offrirti? - continuò il locandiere tornando verso il bancone.
Gabriel
notò un commensale mangiare un tocco di carne molto sugoso e fumante. Così sugoso
che si stava sporcando tutta la faccia con il condimento, così fumante che
aveva gli occhi arrossati dal calore.
-
Niente ti ringrazio - rispose distrattamente perché aveva notato che la
ragazza, si era avvicinata così tanto da averla praticamente addosso.
Lei
l’osservava con uno sguardo fisso ed ipnotico che la faceva somigliare ad un
serpente.
Gabriel
sorrise divertito.
-
Devi essere molto innamorato per spingerti fin quaggiù.
Gabriel
non le rispose.
-
Il più splendente dei Principi che si allontana dal suo Re per venire da noi -
continuava lei - c’è un chè di romantico...Per quanto tempo ti fermerai?
-
Non lo so
-
Ti servirà un alloggio allora - intervenne il locandiere
-
Credo che avrai bisogno di più alloggi - continuava sempre più sinuosa l’altra -
ti aiuterò io a trovare dove dormire - poi con un tono piuttosto inquietante
concluse - se riuscirai a dormire.
Gabriel
guardava incuriosito la ragazza dai modi sempre più ingovernabili. Intuì che il suo viaggio si
sarebbe rivelato più utile di quanto già non osasse sperare.
Dopo
pochi giorni dal suo arrivo Gabriel ripensò alle parole di Alice:
Un posto dove c’è una bella
energia, ma compressa.
Quello
era in effetti un luogo dove non ci si poteva mai rilassare né riposare, ancora
meno dormire.
Mio
fratello si meravigliò nel notare che non c’era una grossa differenza fra la
vita che conducevamo noi nella nostra città e quella che vide lì.
Tutto
era però portato all’estremo, potenziato, da una frenesia e una aggressività
distruttiva.
Non
c’erano albe o notti, non c’era il cielo, non c’era aria.
Gabriel
si trovò a vivere in luoghi chiusi caldi spesso decadenti.
Sentiva
la mancanza di una via di fuga, l’assenza del silenzio e di intimità.
Non
ebbe mai occasione di rimanere solo con se stesso, non c’era un solo istante
che non si sentissero delle voci o dei rumori assordanti provenire da qualche
parte.
Non
c’era nessuna comunicazione con l’esterno come: finestre o condotti
d’areazione, per fare solo due esempi.
Cosa
facevano gli abitanti di quei sei pianeti?
Niente
e tutto, fondamentalmente oziavano o giocavano.
Uno
dei giochi era: chiudere una persona in un sacco trasparente, legarla alle
caviglie a testa in giù e lasciarlo penzolare. Poco dopo si dava fuoco alla
corda a cui il soggetto era legato. Non solo, si accendeva un falò proprio
sotto la testa di chi penzolava. Se il prigioniero riusciva a liberarsi in
tempo, ben per lui, altrimenti la corda si spezzava e il poveraccio cadeva nel
fuoco.
Questo
passatempo era un gran divertimento per loro.
Il più
diffuso tra i giochi era il tiro a bersaglio: lanciare i coltelli su chiunque,
mirando parti del corpo aventi specifici punteggi: naso-7 punti, occhi-50
punti, gambe-3 punti, e via di seguito.
Come
pure inchiodare sulla parete di uno dei corridoi, un passante a caso. Lasciarlo
lì alla mercè di chi percorreva il corridoio.
Gabriel
mi raccontò un’infinità di queste primizie, ma, se permettete, io mi fermerei a queste tre.
C’erano
anche dei combattimenti.
Combattimenti
fra animali ma anche fra gli stessi seguaci di Xantyan, che non perdevano mai
occasione di azzuffarsi.
Gabriel
fu invitato a battersi in un vero e proprio duello con i bastoni.
Lui
accettò volentieri.
I
seguaci di Xantyan avevano sviluppato una tecnica particolare: usavano gli
incantesimi, con cui creavano illusioni...
Insomma
baravano.
Gabriel
si divertì molto in quel combattimento, specialmente perché per tutta la prima
parte lasciò vincere il suo avversario.
Gli
piaceva studiare gli stratagemmi e le illusioni che questo creava:
si
moltiplicava, spariva e compariva continuamente.
Si
trasformò in un leone, in una roccia che rotolava sulle pareti, in piccoli
insetti, in un aquila.
Tutto
pur di stordire e annebbiare l’attenzione del concorrente.
Combattevano
al buio con due fuochi accesi alle estremità dei bastoni,
il
ché rendeva tutto più suggestivo.
Con
una notevole sorpresa Gabriel scoprì di avere dalla sua parte molta gente che
aveva scommesso sulla sua vittoria.
Vittoria
che giunse inaspettata tanto da lasciare tutti a bocca aperta. Improvvisamente
Gabriel si lanciò, puntando il bastone come una lancia, contro il suo sfidante:
costringendolo con la spalle al muro, gli conficcò l’arma infuocata nello
stomaco. Lo trafisse da parte a parte.
Che
dire? Mio fratello divenne un idolo! Una vera Superstar!
C’erano
anche molte feste dove tutti si scatenavano in balli e musiche chiassose e
irrefrenabili.
Tutti
sembravano invasati da un’energia che non trovava mai sfogo anzi sembrava una
turbina in perenne movimento.
In
una di queste feste Gabriel ritrovò la ragazza che aveva conosciuto al suo
arrivo.
Lui
era seduto su un divano in buona compagnia, lei lo sorprese alle spalle
abbracciandogli il collo e baciandolo su una guancia.
-
Gabriel! - esclamò continuando a ballare - Non è una festa splendida?!
Lui
scoppiò a ridere travolto da quelle effusioni entusiaste:
-
Tieni assaggia...
Gli
posò sulle labbra un piccolo frutto simile ad un lampone.
Gabriel
lo fece cadere in bocca.
-
Ha un buon sapore vero? - gli domandò avvicinandosi come se volesse
baciarlo.
Non
appena lei si allontanò Gabriel prese il frutto, che aveva nascosto sotto la
lingua e lo fece mangiare ad un curioso animaletto che si aggirava nella sala:
una specie di cane, con tre code, orecchie alte come quelle di un asino, ma
piumate, e le zampette palmate.
Lei
continuando a ballare lo salutava sorridente.
Gabriel
la studiava. Tra tutti quelli conosciuti nel Regno di Xantyan, verso di lei,
nutriva uno strano sentimento: un misto simpatia e diffidenza; avvertiva, nei
suoi modi, qualcosa di indefinibile, che non lo convinceva.
Un
giorno, mentre camminava in uno dei cunicoli, sentì arrivare dalle sue spalle
un frastuono che rimbombava tanto da far tremare le pareti.
Il
boato si fece assordante.
Si
voltò e subito si schiacciò contro il muro per far passare quello che vide. Una
vera e propria mandria di pattinatori urlanti che correvano all’impazzata
travolgendo tutto quello che trovavano sulla loro strada, alzando un vento e un
polverone tale che per alcuni minuti non si potè vedere nulla.
Erano
i nostri pattini!
Gabriel
provò una grande di gioia quando li rivide.
Ripensò
a quando ero io, con molti del mio Clan, a correre per la nostra città con quei
pattini.
In
mezzo al polverone qualcuno lo prese per mano:
-
Vieni accompagnami a fare gli innesti!
Gabriel
senza avere il tempo di capire, fu trascinato da un ragazzo in una delle sale
dove i seguaci di Xantyan modificavano il loro corpo.
Si
facevano innestare dei materiali di loro invenzione, sotto la pelle creando
così nuovi volumi ai loro corpi.
Il
risultato era raccapricciante: da queste operazioni ne uscivano mostruosi.
-
Ah! Il Principe - esclamò una voce non sconosciuta.
Gabriel
si voltò, riconobbe la sua amica.
-
Il Meraviglioso! - continuava lei - Allora: e così schifoso il nostro mondo?
Gabriel
non rispose, era circondato da troppe distrazioni:il chiasso assordante delle
sale vicine, i pattinatori che passavano urlando, la ragazza che si avvicinava,
tutta quella gente seduta sulle poltrone che si faceva infilare dei pezzi di
non si sa bene cosa, in faccia, nelle braccia, ovunque...
Più
un tipo che minacciosamente gli si gettò addosso:
-
Non è posto per te questo! - strillò - Tornatene da dove sei venuto e lasciaci
in pace!
La
ragazza liberò Gabriel dall’intruso che continuava a sbraitare:
-
Dillo a Michael, di starvene a casa vostra! Razza di...
-
Non farci caso - si scusò lei - è così quando non è ubriaco, altrimenti sarebbe
anche carino! - si mise a ridere guardando il tipo andare via barcollando.
-
Gli è caduto questo - disse Gabriel raccogliendo un piccolo marchingegno di metallo, un po’
arrugginito.
-
Tienilo pure, consideralo un souvenir. E’ l’unico mezzo che abbiamo per sapere
cosa succede fuori da qua.
Mio
fratello ebbe un sussulto: aveva tra le mani lo strumento che aveva provocato
la distruzione della nostra città:
-
Cosa ci fate?
-
Guardiamo fuori, ci mandiamo dei messaggi, spesso facciamo degli scherzi...
-
Che genere scherzi?
-
Ma si, mandiamo dei messaggi falsi e ci divertiamo a vedere le reazioni...
Così
era andata: Hal aveva ricevuto un messaggio dalle milizie di Xantyan.
Un
messaggio mirato, conoscendo a perfezione il tipo di reazione che Hal avrebbe
avuto. Essendo comunque innamorato della sua sposa di fronte ad una minaccia di
invasione avrebbe sicuramente rotto il coprifuoco e dato l’allarme. Un piano
semplice.
Gabriel
ripensando a quegli eventi sentì un brivido lungo la schiena.
Restituì
il piccolo oggetto alla ragazza.
-
Non conosco ancora il tuo nome - le disse
-
Puoi chiamarmi come tu vuoi - sorrise lei appoggiandosi al petto di Gabriel -
allora è così schifoso questo posto? - tornò a chiedergli con suo il solito
fare sinuoso
-
Abbastanza - sorrise Gabriel
-
Non hai visto tutto però - disse sempre più felina
-
Hai ragione, domani mi trasferirò nei pianeti interni.
Gabriel
provava a concludere la conversazione, ma lei incalzava cercando di
trattenerlo:
-
Blah! Cosa ci vai a fare lì, è una caserma quella!
La
ragazza lo prese sotto il braccio e si strinse a lui.
-
Vieni ti ho trovato un posto dove finalmente potrai riposare.
Lo
condusse in una piccola stanza un po’ appartata, dentro la quale era appesa una
grossa amaca.
-
Qui forse troverai un po’ di pace.
Gabriel
per la prima volta si trovò solo in una camera.
Si
sdraiò sull’amaca e approfittò di quella parvenza di quiete.
Malgrado
fosse isolato sentiva comunque il chiasso provenire dalle sale intorno. Non
riuscì a rilassarsi, aveva la sensazione di essere caduto in una trappola.
Si
guardava intorno dubbioso, ma poi vide che non c’erano pericoli e chiuse gli
occhi.
Ad
un certo punto si sentì avvolgere da un abbraccio che lo immobilizzò.
-
Davvero non vuoi compagnia?
Gabriel
aprì gli occhi e riconobbe la sua strana amica.
-
Non voglio compagnia - rispose annoiato.
La
ragazza svanì nel nulla, Gabriel s’innervosì, fu quasi tentato di andarsene,
ma
decise comunque di rimanere.
Dondolava
sull’amaca osservando il soffitto pieno di incrostazioni e macchie. Fuori l’eco
di voci e musica.
Chiuse
dinuovo gli occhi.
Non
passò molto tempo che si sentì nuovamente imprigionato da un abbraccio, questa
volta ancora più tentacolare, che scivolava su di lui morbidamente.
-
Sei davvero tanto innamorato della tua Alice. Si è parlato spesso di voi due...
Era
ancora lei.
Gabriel
lasciò andare un sospiro stanco.
Aprì
gli occhi e si voltò per guardarla.
-
Anche noi sappiamo amare sai?
Mentre
lei parlava cambiava continuamente aspetto.
Diventava:
una bambina, un uomo, una donna, un ragazzo, un gatto, una farfalla; prese
anche le sembianze di Alice.
-
Non vuoi conoscere il nostro modo di amare?
-
Non sò che farmene del vostro amore!
Lei
offesa tornò immediatamente alle sue fattezze originarie:
-
Sei superbo! Come tutti voi! - disse acidamente - la tua Principessa è migliore
di te! Infatti ha sposato uno dei nostri! Il nostro amore le bastava. Pensaci
bene: a te ha preferito Hal!
-
Vattene! - la colpì con il gomito.
La
giovane sparì e Gabriel rimase solo con in testa le ultime parole che
risuonavano nella mente.
Ad Alice bastava il loro
amore. Che
voleva dire bastava?
Gabriel
ripensava a tutti loro che vivevano chiusi e isolati, con quell’energia
imbizzarrita e imprigionata tra i ghiacci.
Al
senso di pesantezza che anche lui sentiva da quando si era trasferito laggiù.
Era
evidente che i seguaci di Xantyan avevano perso la caratteristica fondamentale
della loro natura originaria.
Ne
avevano creato una nuova, ma parziale e lontana anche da noi che eravamo loro
fratelli.
Si
trasferì nei sei pianeti del cerchio centrale.
Non
ci volle molto tempo per capire che il vero regno di Xantyan cominciava lì.
Non
trovò la confusione e la goliardia, che vide nei pianeti esterni.
Trovò
invece una disciplina ferrea e un rigore severissimo.
In
quei sei pianeti si addestravano i guerrieri.
Ogni
volta che nasceva un bambino, veniva consegnato e trasferito in una vera e
propria caserma.
Dopo
una serie di addestramenti, diciamo
standard, se ritenuto valido passava ad un livello superiore. Superato
questo livello l’allievo non sarebbe più
uscito da lì, se non per andare in guerra.
Così
venivano formate le milizie che Alice incontrava nei suoi viaggi nelle
galassie.
Gabriel
si aggirava silenzioso tra le squadre di soldati ordinati e dall’aspetto
robotico.
Gli
unici suoni che riempivano le sale erano i comandi dei superiori.
Agli
allievi era proibito parlare tra di loro. Erano obbligati a tenere lo sguado
fisso nel vuoto, guai a soffermarsi su chi avevano di fronte!
Tutto
si svolgeva senza interruzione, in saloni spogli asettici, aridi, dalla
temperatura bassissima.
Tutti,
allievi e maestri, erano vestiti con lunghe tonache nere.
Nessuno
faceva caso alla presenza di Gabriel, anzi lo ignoravano quasi con sdegno. Gli
passavano accanto come fosse
invisibile.
Lui
si fermava a guardare gli addestramenti con attenzione, ma invaso da una tristezza
infinita.
Gabriel
arrivò nei sei pianeti più vicino alla casa di Xantyan.
Ogni
cosa si fece più chiara.
Tutta
quella energia selvaggia compressa nei sotterranei, era in realtà un nutrimento
per i pianeti successivi.
Energia
che veniva convogliata e organizzata proprio in quei sei pianeti interni per
poi indirizzarla unicamente verso Xantyan.
Xantyan
era come un vampiro, viveva della vita degli altri.
In
quei sei pianeti Gabriel vide moltitudini di seguaci compresi in rituali cupi e
angoscianti.
Rituali
che sancivano leggi e punizioni, mantenendo l’ordine proclamato dal loro
Sovrano.
Il
buio era rischirato a malapena da fiaccole che emanavano una luce rossa.
I
suoni che riempivano l’aria erano cupi, simili a canti funebri.
Le
pareti della sale erano ricoperte da simboli scolpiti o dipinti sulla roccia
viva.
Le
parole che tutti pronunciavano avevano un solo scopo innalzare la Maestà di
Xantyan e cancellare il nostro Re, la Regina, tutti noi e chi simpatizzava per
noi.
I
nostri nomi e le nostre leggi erano pronunciati alla rovescia e ricoperti di
insulti.
Gabriel
veniva scrutato come fosse un insetto da schiacciare, gli lanciavano occhiate
sinistre e feroci, ma nessuno gli rivolse mai la parola.
In
tutto questo Gabriel si sentì rapito, capì che c’era qualcosa di profondo e
coinvolgente che lo spaventava.
La
paura che provò era data dalla consapevolezza che Xantyan si era arroccato in
un Credo talmente estremo che affascinava, ipnotizzava, quindi, potenzialmente vincente.
Decise
che era il momento di parlare con lui.
Entrò
nella casa di Xantyan.
Scese
una decina di gradini che portavano in una camera quadrata scavata nella
pietra.
Gabriel
vedeva: di fronte a sé un tavolo di legno scuro, alla sua sinistra un grosso
camino con il fuoco acceso da grandi fiammate che riscaldavano l’ambiente.
Di
fronte al camino una poltrona di velluto viola e legno intarsiato, scolpito con
decorazioni raffinate che rappresentavano una specie di drago con grandi corna.
Sulla
parete alla sua destra, e sulla parete di fronte l’ingresso, due enormi arazzi
raffiguranti due Arcangeli dalle grandi ali che volavano in picchiata; quello
di destra era armato di una lunghissima lancia, l’altro di una spada
d’oro.
Sembrava
non ci fosse nessuno.
Gabriel
s’indirizzò verso l’unica porta che vedeva: sulla sua destra accanto
all’arazzo, c’era un arco acuto.
Lo
attraversò.
S’inoltrò
in un corridoio buio e ripido che si avvitava su se stesso.
Dopo
una discesa di circa una ventina di metri il corridoio si aprì in una seconda
(l’ultima) camera.
Era
quadrata spoglia illuminata da una sola fiaccola.
Al
centro della stanza un grosso pozzo circolare.
Gabriel
si sporse per vederne l’interno.
Si
sentì stretto da un’angoscia soffocante:
- A
questo sei arrivato - mormorò.
Il
pozzo era pieno, quasi fino all’orlo, di una poltiglia dall’odore nauseabondo.
Una poltiglia che conteneva sangue, fango, muffe; in cui si distinguevano:
carcasse, pezzi di animali o uomini, in putrefazione, che emergevano e venivano
inghiottiti come se quel magma fosse in ebollizione.
Gabriel
fece un passo indietro, ma non toglieva gli occhi dal pozzo.
Non
voleva credere a quello che vedeva.
Fece
un bel respiro cercando di tranquillizzarsi, e tornò indietro.
Trovò
la prima camera non più disabitata.
Xantyan
era seduto sulla poltrona, assorto in contemplazione del fuoco.
Gabriel
si sentì strigere il cuore quando lo vide.
Restò
muto ad osservare nostro fratello con una certa tenerezza.
-
Non pensavi che ci si potesse nutrire dei rifiuti del mondo, non è vero? -
disse Xantyan con la sua voce vellutata.
-
Sei tu che li hai creati.
Xantyan
scrollò le spalle con un sorriso sarcastico, mantenendo sempre gli occhi fissi
sulle fiamme.
Gabriel
si diresse verso di lui.
Si
sedette su un bracciolo della poltrona per osservare la luce del camino.
Il
crepitio del fuoco li aiutò a rilassarsi.
Dopo
tanto tempo si erano ritrovati in una dimensione intima e famigliare.
Xantyan
sembrava molto triste.
-
Era davvero questo che volevi? - disse amareggiato Gabriel.
Xantyan
non rispose.
-
Cosa stai facendo? Hai creato un mondo di morte, solo per il gusto di
distruggere!
-
Cosa pensavi che sarei rimasto confinato qua in eterno? - rispose Xantyan
girandosi finalmente verso di lui - Te lo dissi il giorno che andai via: voglio
qualcosa di mio, solo mio. Niente che ricordi un altro Sovrano deve fare ombra
sulla mia nuova creazione!
Gabriel
si alzò dalla sedia e si accovacciò al lato stringendogli il braccio:
-
Torna da noi
-
Non posso
-
Non è vero! - insistette Gabriel
-
Perché dovrei tornare? Per essere un servitore, quando io qui sono il Re!
Gabriel
si alzò in piedi e cominciò a camminare intorno a lui nervosamente:
-
Ma guardati! Sei prigioniero di te stesso! La tua è una scelta che ti porterà
al fallimento! - Gabriel era agitato
-
Questo è da vedere - sorrise con ironia
Xantyan
-
Lo sai che è così!
Tornò
il silenzio. Tornò anche la calma tra di loro.
Gabriel
ravvivò le fiamme si sedette sul gradino del camino di fronte a Xantyan.
-
Se tu fossi così sicuro delle tue scelte - continuò Gabriel - non dovresti
avere questo aspetto. Tu non sei felice.
Xantyan,
non voleva rispondere, ma la presenza di Gabriel lo metteva a disagio:
-
Io non torno indietro - gli rispose infine
-
Si può sempre tornare indietro.
Xantyan
appoggiò la testa sullo schienale della poltrona.
Lasciò
andare lo sguardo nel vuoto.
-
Xantyan io ti voglio salvare - incalzava Gabriel chinandosi verso di lui.
Xantyan
sorrise, si sporse verso Gabriel con un’espressione ironica:
-
Non perdere tempo con inutili discorsi, tu non sei qui per me, sei voluto
venire solo per Alice!
-
Cosa centra...
-
Alice c’entra sempre. Ogni cosa che ti riguarda ha a che fare con lei.
Me
la ricordo bene, l’ho incontrata diverse volte quando ancora vivevo con voi.
Era una tipa in gamba. Che scherzo: io l’ho conosciuta prima di te e proprio tu
sei il suo Mentore! Devo dire che il tuo addestramento l’ha resa ancora più
speciale, hai fatto un ottimo lavoro, il risultato è eccellente! Non mi
dispiacerebbe se una testa come la sua venisse dalla mia parte...
-
Impossibile!
-
Mah! Eppure quando decise di sposare uno dei miei Principi, ho pensato che non
fosse così impossibile. In fondo molti del Clan di Uriel mi hanno seguito!
-
L’hai usata per distruggere la nostra città!
-
Attento a come parli Gabriel! - esclamò minaccioso - Lei sa per cosa è stata
addestrata in quel modo? Non lo sa! Lo sappiamo solo io te ed i tuoi Sovrani!
Allora chi è che usa le persone? Credi di essere così puro? Allora dimmi dov’è
il Male? Michael non è tanto diverso dai miei guerrieri! Tu non ti sei fatto
scrupoli di infilzare un mio seguace durante un combattimento! Allora tu me lo
sai dire dove confinano il Bene e il Male?
-
Sei tu il confine
-
Sempre con la risposta pronta non è vero?
Gabriel
si alzò dinuovo in piedi e riprese a camminare.
Xantyan
allungò le mani verso il fuoco fino ad affondarle nelle fiamme.
-
Forse la tua Principessa non passerà mai dalla mia parte, ma posso sempre
ostacolarla - poi si girò verso Gabriel sorridendo - in questo sono
imbattibile!
-
Lasciala stare!
-
Perché? Ci dovremo incontrare prima o poi. E’ bene che sappia con chi dovrà
avere a che fare.
Gabriel
si fermò qualche secondo a pensare.
Tornò
a rivolgere il suo sguardo a Xantyan, poi disse con tono severo:
-
Non è più possibile parlare con te.
Prese
la direzione dell’uscita.
Xantyan
si alzò dalla poltrona ansioso.
-
Stai andando via? - chiese Xantyan sfiorandogli il braccio.
Gabriel
che stava già salendo le scale si voltò.
-
Tornerai a trovarmi? Sono sempre felice di vederti - disse Xantyan visibilmente
emozionato - sono sincero credimi!
-
Non ho motivi per venire quaggiù, il mio posto è altrove.
Fra
Gabriel e Xantyan scorreva una strana elettricità, si attraevano e si
respingevano contemporaneamente: Gabriel avrebbe voluto portarlo via da quel luogo,
Xantyan sperava che Gabriel restasse con lui.
-
Rimani sempre mio fratello non è vero? - gli domandò Xantyan guardandolo salire
le scale.
Gabriel
non gli rispose.
Xantyan
vide sparire Gabriel in una piccola luce argentata, così in un attimo. Rimase
da solo al centro della sua stanza.
Gabriel
tornò sulla nostra astronave.
Si
recò direttamente dal Re e la Regina che s’illuminarono di gioia quando lo
videro.
S’inchinò
davanti a loro:
- Sono
ancora qui