Cap 17: LA REVELATION - LA RIVELAZIONE
LA RIVELAZIONE
Michael
radunò tutti i suoi guerrieri. L’astronave di Gabriel partì.
Sulla
Terra molti avvistarono in cielo strani movimenti, che fecero la felicità di
giornalisti, scrittori e filosofi di vario genere.
Hal
dal terrazzo della villa dove viveva, osservava il cielo con un binocolo.
Xantyan
apparve cogliendo di sorpresa Hal.
-
Se Gabriel esce allo scoperto vuol dire che c’è qualcosa di grosso in ballo -
disse Xantyan guardando l’astronave muoversi sopra le loro teste
-
Cosa sta’ succedendo? - domandò Hal
-
Vogliono farci tornare a casa
-
Devo lasciare questa villa?
-
Eh si! - sospirò Xantyan con un sorrisetto maligno
-
Non posso rimanere?
-
Oh! Oh! Certo che puoi - rispose avvicinandosi ad Hal - ma tu hai scelto di
seguire me
-
Loro non mi accetterebbero?
Xantyan
rideva. Fece schioccare le dita e abbassò il braccio:
-
Loro accettano tutti.
Hal
non si accorse che Xantyan aveva fatto comparire un pugnale, che teneva
nascosto nella manica del lungo soprabito damascato.
-
Voglio che chi decide di stare con me, mi segua ovunque io vada - disse con
voce vellutata.
Hal
si sentì a disagio. Xantyan gli stava vicinissimo:
-
Lo sai che sono geloso - sussurrò con un sorriso dolce.
Con
un gesto veloce, Xantyan passò la lama del pugnale sulla gola di Hal.
Questo
portò la mano al collo e cadde a terra in ginocchio.
Xantyan
lo guardò con indifferenza e gli disse:
-
Prova a cambiare idea adesso.
Si
allontanò lasciandolo agonizzare in una pozza di sangue.
L’astronave
di Gabriel si fermò di fronte la chiesa dove Alice era segregata.
Il
portone si spalancò come se fosse stato abbattuto da un ariete.
Alice
vide entrare quattro dei collaboratori di Gabriel che si posizionarono intorno
a lei formando un quadrato.
Un
quinto collaboratore entrò le si inginocchiò difronte, pose a terra la scatola
blu che teneva in mano e scoprì la spada d’oro.
La
consegnò ad Alice.
Gabriel
entrò nella chiesa in quel momento.
Si
fermò davanti alla Principessa.
-
Con questa spada tu sconfiggerai Xantyan - le disse - E’ per questo compito che
ti ho addestrata.
Alice
guardava la spada e Gabriel, forse non troppo sorpresa.
Alzò
la spada in alto facendola scintillare contro i raggi del Sole.
Noi,
nell’anfiteatro, avvertimmo un tremore , come se l’astronave si fosse sgrullata
qualcosa di pesante che aveva addosso.
-
Possiamo muoverci! - esclamò Sapriel.
-
E’ ancora presto - disse il Re - la nave deve rimanere ferma.
Poco
male, l’importante per noi, era la consapevolezza di sentirci liberi dalla
morsa di Xantyan che ci aveva bloccato e isolato.
Gabriel
si avvicinò ad Alice.
Le
le cinse le spalle e la accompagnò sulla soglia della chiesa.
Rispetto al momento in cui Alice era stata
imprigionata, la campagna ciscostante era piena di colori e profumi.
- Dopo
il roseto - le indicò Gabriel - c’è un sentiero. Seguilo è quella la strada che
devi percorrere. Non troverai più ostacoli, incontrerai solo persone che ti
aiuteranno.
-
Dove devo andare?
- A
nord, come tutti. Troverai una torre su una scogliera. Abiterai lì finchè
Michael con i suoi guerrieri non ti accompagneranno sul posto dove ti batterai
con Xantyan. Lo vincerai - poi con un tono più confidenziale concluse - solo
allora potremo tornare a casa.
Gabriel
la invitò ad uscire ed incamminarsi nel suo nuovo percorso.
Lui
ripartì subito con la sua astronave.
Il
suo compito era riportare sulle stelle e sui pianeti abitati, tutti i nostri
compagni che furono invitati a tornare da noi al momento in cui Xantyan iniziò
ad occupare l’Impero.
Non
era una missione semplice.
Agli
occhi di tutti eravamo visti come dei clandestini, degli infiltrati del nemico,
addirittura degli usurpatori.
Xantyan
ci disegnava come un pericolo per la pace nell’Universo.
Annunciare
il ritorno dei nostri Sovrani fu difficile:
la
diffidenza e l’incredulità erano diffuse.
A
volte Gabriel in persona si presentava a sorpresa direttamente nelle case degli
abitanti originari delle galassie; provocando meraviglia ma anche
avversione.
Sapeva
essere molto severo verso chi metteva in dubbio le sue parole o descriveva la
nostra Corte come se si trattasse di qualcosa inesistente.
Malgrado
le difficoltà, i nostri viaggiatori intanto, ci inviavano realzioni piene di
fiducia.
Si
erano quasi tutti ritrovati, erano moltissimi ed a loro si unirono coloro che
credevano alle parole di Gabriel.
Xantyan
era furioso.
Usò
tutti i mezzi per colpirci, spesso riusciva ma il suo potere su di noi non
aveva alcun effetto.
Michael
tornò a combattere in prima persona, vinceva sempre.
Per
vendicarsi Xantyan colpiva alla cieca.
Distruggere
tutto ciò che cadeva sotto i suoi occhi era il suo imperativo.
Ci
ripeteva continuamente che se fossimo riusciti a riprenderci l’Impero avremmo
trovato solo terre aride e popoli sterminati o pieni di rancore.
Il
Re gli rispondeva sempre che noi eravamo, comunque, in grado di ricostruire
ogni cosa e che, le sue, erano parole di chi si sentiva colare a picco.
Alice
nel frattempo aveva ripreso a viaggiare.
Percorse
molti chilometri a piedi in totale solitudine nella campagna francese.
Io
la tenevo aggiornata riguardo ciò che stava succedendo nel mondo.
Lei
era spesso di buon umore.
Io
le chiedevo se aveva difficoltà a seguire il percorso che le indicava Gabriel.
Lei
rispondeva di no, specificando che ormai si reputava il personaggio di una
fiaba.
La
guida di Gabriel si faceva notare con un segno chiaro: ai piedi di Alice
appariva un cordoncino luminoso, bastava che lei lo tirasse e subito la corda
si scioglieva indicandole la direzione da prendere.
Finchè
una notte non pensò di seguire il ritmo di tamburi che sentiva in lontananza.
Trovò
così un gruppo di quattro ragazzi molto particolari:
con
la pelle dipinta e tatuata; riuniti intorno ad un falò cantavano nenie
ipnotiche accompagnati dai tamburi.
A
guidare questa specie di rito c’era un tipo che aveva il viso completamente
nascosto dai colori fosforescenti del trucco.
Solo
gli occhi nerissimi emergevano.
Alice
si fermò ad ascoltare.
Terminata
la cerimonia il tipo tutto colorato la chiamò:
-
Bonsoir mademoiselle
-
Salve - rispose Alice - cosa state macchinando?
-
Chiamiamo il popolo delle stelle
- E
rispondono?
-
Per ora sei arrivata tu
-
Come ti chiami?
-
Je m’appelle Andrè
-
Io Alice
-
Alice e Andrè: stesse iniziali e stesso numero di lettere - continuò Andrè
- E’
una cosa importante? - Alice chiese scherzando
-
Hai bisogno di noi se ci siamo incontrati stanotte - rispose Andrè
-
Dove sei diretta? - le domandò un’altro
- A
nord
-
Come noi...Come tutti ormai
-
Si ma tu da che parte stai? - domandò Alice ad Andrè - Già che ti nascondi
tanto?
-
Dalla tua - rispose subito lui puntandole l’indice
-
Possiamo accompagnarti - intervenne uno
-
Noi dobbiamo arrivare in Irlanda - disse Andrè - proseguiremo domani mattina
con il camper fino a Gaen poi da lì prenderemo un battello
-
Attraverserò la Manica con voi, poi proseguirò da sola
-
Tres bien, ça va - sorrise Andrè - bienvenu Princesse.
Venne
accolta con calore da tutti che subito le sistemarono il letto sul camper per
farla riposare.
Alice
si sentì a casa.
-
Io mi chiamo Gerard - le sorrise un ragazzone massiccio dai modi impacciati
-
Io Alan - le strinse la mano uno con i capelli a strisce viola e arancione
-
Io Marcel - piccolo magrissimo ma dalla voce molto bassa.
Il
giorno dopo Andrè salì sul camper per svegliarla.
Era
completamente diverso, senza più il trucco, la faccia era finalmente visibile.
Anche
i capelli erano comparsi. Tutti arrotolati in treccine lunghe.
-
Tieni abbiamo la stessa taglia io e te - le disse porgendole un paio di
pantaloni e un maglioncino - starai più comoda
-
Grazie!
-
Noi siamo fuori a fare colazione
-
Chi sei ?
-
Non sono della tua gente, sono solo un francese che ha creduto a quello che
Gabriel sta’ annunciando da un pezzo
-
Voglio parlare con te
-
Appena sei pronta mi trovi qua fuori.
Alice
si vestì in un secondo.
Quel
tipo la incuriosiva e non voleva perdere tempo.
Appena
uscì dal camper i suoi nuovi amici la salutarono con un Bonjour in coro.
Andrè
la prese per mano e si incamminarono nella campagna.
-
Da quando sono nato - disse Andrè - la mia vita è stata caratterizzata da sogni
strani che per molti anni non ho capito.
In
seguito nei sogni sono apparse delle figure, fra queste la più frequente e
stata Gabriel. Mi ha detto che avrei incontrato una Principessa e che mi sarei
dovuto prendere cura di lei, fin tanto che avesse deciso di rimanere sulla
Terra...
-
Io non ho intenzione di rimanere sulla Terra! - Alice si risentì
-
E’ una scelta che hai a disposizione...
-
Ma io non voglio rimanere!
-
Non ti arrabbiare con me!
Assicurato
che Alice si fosse calmata, Andrè continuò:
-
Ogni cosa che accade in cielo ha una corrispondeza sulla Terra. Io sono il tuo
corrispettivo terrestre.
-
Cosa sei? - rise Alice - Un clone?
-
No - sorrise Andrè - è importate che tu sappia che se deciderai di sostare su
questo pianeta, potrai contare su di me e sui miei amici. Non sei più sola.
Siamo tanti. Ci stiamo spostando per incontrarci. Ritroverai anche i tuoi
compagni che sono partiti come te dalla tua città
-
Li hai conosciuti?
-
Si
-
Hai incontrato una ragazza che si chiama Jeanne?
-
No
-
Accidenti! - battè un piede per terra - Proprio su di lei ti volevo chiedere un
po’ di cose...
-
Perché non vuoi restare con noi? Molti dei tuoi compagni hanno deciso di
trattenersi...
-
Non volevo neanche partire - esclamò Alice spazientita - figurati se ho
intenzione di restare!
-
Parli così perché non hai affetti qui - Andrè parlava con garbo cercando di non
farla innervosire - molti di voi che ho incontrato avevano la tua stessa
inquietudine, erano perseguitati dalla nostalgia - si fermò, la guardò bene e
riprese - però c’e qualcos’altro...Credo che sia rimasta una parte di te
altrove e vuoi tornare a riprenderla
-
E’ un po’ peggio - rispose Alice - ho scoperto quanto fosse importante per me
solo al momento in cui l’ho persa.
Alice
sapeva essere fastidiosa quando voleva evitare di parlare.
Andrè
ebbe la buona idea di rimproverarla:
-
Devi fidarti di chi ti vuole aiutare - le disse - è finito il tempo in cui
trovavi solo ostacoli.
Camminando
camminando erano tornati dagli altri tre che nel frattempo avevano preparato il
camper per la partenza.
-
Andiamo! - disse Alan - Cerchiamo di arrivare prima di sera!
Andrè
e Alice saltarono sul camper.
Gerard
chiuse la porta e subito partirono.
-
Cosè quella faccetta? - domandai ad Alice
Alice
alzò gli occhi al cielo, non mi rispose.
Per
tutto il viaggio rimase zitta a guardare il panorama.
Non
so se si gustò il viaggio, accigliata com’era, eppure intorno a lei l’atmosfera
era piacevole: Marcel e Gerard giocavano a carte e bevevano vino, Andrè
chiaccherava con Alan che guidava il camper.
Capii
comunque che era il caso di non darle fastidio con ulteriori chiacchere, la
conversazione con Andrè, forse, l’aveva scombussolata.
Arrivati
in un paesino Andrè chiese di fermarsi.
Si
avvicinò ad Alice:
-
Scendiamo - le disse - facciamo la spesa.
Gironzolarono
per il mercato e le strade, osservati con sospetto dagli abitanti del posto.
-
Tu viaggi sguarnita di tutto - disse Andrè ad Alice - non hai proprio niente
-
Fino a qualche tempo fa’ avevo uno zaino.
Andrè
si preoccupò di comprarle un nuovo zaino e dei vestiti.
Alice
provò disagio quando Andrè la consegnò il suo nuovo bagaglio:
non
voleva accettare quella che le sembrava un’elemosina.
-
Non voglio che Gabriel mi rimproveri di non essermi occupato di te. Sa essere
molto irascibile il tuo amico sai!?
Durante
il viaggio Andrè prese con telo molto robusto e cucì un fodero per la spada che
Gabriel aveva consegnato ad Alice.
-
E’ bene che non si capisca cosa ti porti appresso se non vuoi essere arrestata
- le disse Andrè
-
Cosa farai in Irlanda? - domandò lei
-
Non lo so. Stiamo andando a prendere altri amici. Credo ci fermeremo per un po’
di tempo. Poi ripartiremo. Io seguo i miei sogni. Sono loro che mi dicono cosa
fare.
-
Sei felice?
-
Io si. Cerca di esserlo anche tu.
Io
speravo che la compagnia di Andrè permettesse ad Alice di capire che non c’era
bisogno di tornare da noi per vivere serenamente.
Gabriel
le aveva fatto incontrare questo ragazzo proprio per questo motivo.
Invece
lei era di buon umore solo quando sentiva la nostra presenza.
Ciò
non era bene.
Ma
percarità guai a ricordarglielo! Ricominciava a sbuffare e non parlare più!
Arrivarono
a Gaen la sera.
Non
li fecero salire sull’ultimo battello in partenza.
-
C’è posto solo per un passeggero - disse un marinaio che si fermò a parlare con
loro - può partire la ragazza intanto, domani partirete voi con il camper.
Alice
ed Andrè si guardarono dubbiosi.
-
Lei rimane con noi - disse Andrè avvicinando a sè Alice
-
Però le potreste evitare di passare una notte per strada - continuò il
marinaio.
Gerard,
Alan e Marcel si avvicinarono al marinaio, Andrè strinse Alice e con un braccio
allontanò il marinaio da loro, ribadendo, con una cortesia che mascherava una
certa fermezza, che sarebbero partiti tutti insieme.
-
Ci voleva dividere! - esclamò Gerard
-
Ci provano sempre - rispose Andrè guardando Alice - sperano di disperderci per
non farci ritrovare.
Partirono
la mattina successiva con il primo battello.
Gabriel
si trovava su Rosinèr.
Insieme
a tre dei suoi collaboratori erano fuori dall’astronave ferma sulla riva di un
fiume limpido con riflessi rosati.
Intorno
montagne altissime coperte dalla vegetazione che in quel pianeta aveva dei
colori cupissimi in contrasto con la chiarezza del cielo e dell’acqua.
Gabriel
insieme a Mankel, Eyael, e Rochel, con una navicella, dell’astronave, fecero
un’ escursione lungo un fiume.
Eyael
prendeva appunti, Manakel parlava con Mumiah rimasto con gli altri
sull’astronave, Rochel chiaccherava con Gabriel:
-
E’ più difficile di quanto immaginassi
-
Finchè sarà Xantyan a governare - rispose Gabriel - sarà sempre difficile.
Dobbiamo riprenderci la nostra città non c’è altro da fare
-
E’ un grotta quella? - indicò Eyael
-
Sembra di si - rispose Manakel
-
Andiamo a vedere - ordinò Gabriel.
La
navicella prese velocità ed entrarono nella grotta.
Mentre
volavano Gabriel teneva immersa una mano nell’acqua divertendosi a creare dei
disegni.
-
E’ freddissima! - esclamò Rochel provando ad immergere la sua mano.
Gabriel
affondò e riemerse la mano facendo cadere delle gocce.
L’acqua
si congelò e sulla lastra si ghiaccio apparvero Alice e Andrè che
chiaccheravano, sul battello che li portava in Inghilterra.
-
Pensi che terminato il suo compito Alice vorrà rimanere sulla Terra? - domandò Eyael
-
No - sorrise Gabriel
-
Alcuni vogliono rimanere - insisteva Eyael
-
Non lei. Lei tornerà da me.
Tutti
e quattro spiavano Alice ed Andrè che parlottavano affacciati verso il mare.
-
Vogliamo andarla a trovare? - chiese Gabriel agli altri tre
-
Si si! - esclamò Rochel
Gli
altri due erano tutti eccitati all’idea.
Alice
ed Andrè furono distratti dagli schiamazzi degli altri passeggeri del battello.
- I
delfini ci sono i delfini! - strillò una signora che passò accanto a loro
-
Li hai mai visti da vicino? - chiese Andrè ad Alice
-
No e non me li voglio perdere!
Corsero
nella parte più bassa del traghetto.
Quattro
delfini saltavano attaccatissimi alla barca.
Tutti
i passeggeri esclamavano emozionati.
Andrè
ed Alice si sporsero per vederli bene.
I
delfini si avvicinarono proprio dove erano loro due.
Uno
di questi fece un balzo altissimo e, con il muso, colpì al petto Alice che
cadde a terra.
Gli
altri passeggeri rimasero sbigottiti.
I
delfini si allontanarono velocemente dall’imbarcazione.
-
Stai bene? - chiese Andrè soccorrendo Alice
-
Beh...Stavo meglio prima
-
C’è una collanina per terra. L’hai persa tu?
-
No - Alice prese la collana e sorrise guardando le incisioni sul ciondolo.
Andrè
riconobbe i simboli di Gabriel.
-
Tieni te la regalo - Alice agganciò la collanina intorno al collo di Andrè
-
Non dovresti tenerla tu?
-
Mi fa’ piacere regalartela.
Andrè
passò le dita sopra i segni incisi sulla medaglietta:
-
Ma certo! - disse guardando Alice - Tu non vuoi rimanere, Gabriel vuole che
torni con lui. Volete la stessa cosa.
Gerard,
Alan e Marcel corsero verso di loro.
-
Li avete visti?! - gridava Gerard
-
Si, ci hanno fatto anche un regalo - rispose Andrè
-
Vuol dire che stiamo andando verso la direzione giusta - disse Marcel
osservando il ciondolo che gli mostrò Andrè.
Tornarono
sul ponte. Si sdraiarono sui lettini a prendere il Sole.
-
Cosa scrivi sul quaderno? - domandò Alice ad Alan
-
Niente - rispose nascondendo il quaderno dietro la schiena - sono
poesie...pensieri...
-
Dai fammele leggere!
-
E’ meglio che cambi genere alle tue poesiole! - rise Marcel prendendo il
quaderno dalle mani di Alan
-
Perché? Sono curiosa! Le potrei cantare...
-
Non so se sono indicate... - sghignazzò Gerard
-
Diciamo che sono un pò scurrili - continuò Marcel
-
Dammi il quaderno - Alice strappò con prepotenza il quaderno dalle mani di
Marcel - fate decidere a me cos’è
indicato o no!
Alice
iniziò a leggere le poesie.
Gli
altri aspettavano silenziosi il responso.
Alan
era rosso, paonazzo, non per il caldo del Sole.
-
Beh, diciamo che sei lontano dal premio Nobel - disse Alice - però si possono
cantare lo stesso.
Così
Alice iniziò a cantare le parole scritte da Alan.
Si
creò un piccolo gruppo di curiosi che alla fine dell’esecuzione applaudì.
-
Sei riuscita a far diventare una cantata di Bach le porcherie che scrive Alan!
- rise Andrè
-
Non sono porcherie! - Alan si offese
-
No - specificò Gerard - sono pensieri! Hai mai pensato a farli leggere a
qualche psicologo?
-
Siete dei clown! - esclamò Alice
-
Più o meno - rispose Andrè.
Io
ero in compagnia della Regina, che aveva cominciato a ricamare un grosso
arazzo.
La
Regina sapeva essere misteriosa quanto il Re: ricamava senza seguire nessun
disegno, era quindi impossibile per me capire cosa rappresentasse l’opera che
stava realizzando.
Qualcosa
intuivo però: due figure che reggevano un cerchio d’oro e d’argento.
-
Non si può sapere cos’è, vero? - le domandai
-
Non lo vedi?
-
Cosa devo rispondere? Vedo degli intrecci di seta...
Entrò
Gabriel che si fermò ad osservare il lavoro della Regina.
-
Tu che sei sempre avanti a tutti - gli dissi - mi sai dire cosa sta’ ricamando
la Signora?
Gabriel
si avvicinò, osservò bene tra i ricami.
Si
voltò verso la Regina e la guardò silenzioso.
-
Dovè Alice? - mi chiese
- A
Birmingham - risposi continuando a studiare l’arazzo
-
E’ ancora con Andrè?
-
Si, ma ha deciso di continuare da sola
-
Perché?
-
Non le piace che le si ricordi che può rimanere sulla Terra - intervenne la
Regina - ha paura di essere intrappolata
-
Cosa stanno facendo adesso? - chiese ancora Gabriel
- I
turisti - risposi - girano per paesi e per siti archeologici. Fanno i turisti.
Comunque Alice si diverte insieme a loro
-
Sono belle persone - disse Gabriel
-
Ma tanto li lascerà presto - continuò la Regina - vuole incontrare Jeanne
-
E’ testarda! - brontolai - Andrè le ha chiesto di andare con loro in Iralanda,
ma ha già detto di no
- A
Liverpool si separeranno - concluse la Regina.
Così
andò: Alice salutò i suoi amici al porto malgrado loro insistettero non poco
perché non li lasciasse.
-
Au revoir Princesse - sorrise Andrè - ma ricorda che noi saremo sempre pronti
ad accoglierti - le si avvicinò sussurrando - ma tu non vuoi prioprio rimanere.
Alice
scosse la testa.
Si
salutarono almeno trecento volte, finchè la nave non si allontanò.
Così
la Principessa salì su un pullman e ripartì da sola.
-
E’ la più grande fesseria che potevi fare - le dissi
-
Non mi rimproverare!
-
Ti sei sempre lamentata che eri sola e che non incontravi nessuno come te e
proprio ora che avevi trovato questi ragazzi li lasci così?
-
Dov’è la torre in cui devo andare ad abitare?
-
Si si cambia discorso...
-
Su rispondimi!
-
E’ ancora lontana
-
Io spero di incontrare Jeanne, mi aveva scritto che si sarebbe stabilita in
Inghilterra
-
Vattela a pesca! Lo sai quanti sono gli abitanti...
-
Dobbiamo litigare?
Come
una zingara, percorse molti chilometri passando da paesi a città seguendo il
tracciato che Gabriel le indicava.
Inviava
relazioni dettagliatissime con immagini quasi pittoriche:
le
migliori che avesse mai realizzato
Le
capitò curiosa avventura.
Si
era addormentata sulle scale di una palazzina, così che venne scambiata per una
clochard e soccorsa da un gruppo di
passanti.
Lei
insisteva a ripetere che stava bene e non aveva bisogno di niente, questi
convinti che vaneggiasse la portarono in ospedale per una visita.
Non
volle farsi visitare.
I
medici non riuscirono a toccarla.
Diede
addirittura dei morsi ad un infermiere!
Una
selvaggia ecco cos’era!
Non
contenta tentò di fuggire, nascondendosi in un’autoambualza che stava uscendo
per un’emergenza, creando uno scompiglio non indifferente e complicando
ulteriormente la sua situazione.
Così
che la psicologa dell’ospedale, la fece trasferire in un centro specializzato
per la cura e la protezione delle donne che avevano subito violenze e
maltrattamenti.
A
suo dire Alice era stata, senz’altro vittima, di qualche sopruso. Andava,
quindi, seguita e tutelata, per non permetterle di creare danni a sé ed agli
altri.
-
Che bella cameretta - dissi comparendole accanto
-
Uriel! - esclamò vedendomi - Cosa ci fai qui?
-
Sono venuto a prenderti a schiaffi! Testona!
-
Provaci!
Ci
abbracciammo.
Era
la prima volta che ci vedevamo da quando era partita.
-
Che bella sorpresa! - esclamava - Tu qui! - mi abbracciò ancora
-
Che posto è questo?
-
Si chiama THE NEW AMAZON è una comunità di sole donne. Sono delle pazze
scatenate: odiano gli uomini, dicono che l’uomo serve solo per riprodursi, e
che va’ tenuto lontano perché inquina l’evoluzione della donna. Così vivono
solo fra femmine con le loro figlie.
-
Ed i maschi?
-
Li lasciano ai padri, come le amazzoni
-
Usciamo - dissi aprendo la porta della camera
-
Sei pazzo? - disse sottovoce - se ti vedono pensano che sei venuto a prendermi
per riportarmi a casa con la forza...
-
Non mi vedranno - aprii la porta
-
Fermo! - continuò - non posso uscire quando voglio
-
Ma insomma dove sei finita?
-
Per la sicurezza delle donne ricoverate qua, ci sono degli orari. Molte di loro
sono vittime di mariti, fratelli o padri violenti, che continuano a
perseguitarle...
-
Dal tetto - intervenni - usciamo dal tetto.
Come
due gatti ci arrampicammo e visitammo il paese guardandolo dall’alto.
Dopo
una serie di salti e di arrampicate fra tetti e grondaie, avemmo la geniale
idea di scendere per strada.
La
genialità fu mia perché decisi di essere visibile.
Così
fummo bloccati dalla direttrice del THE NEW AMAZON che si arrabbiò con Alice
vedendola in compagnia di uno sconosciuto:
-
Chi sei? - tuonò verso di me - chi ti ha autorizzato di avvicinare costui? -
tuonò verso Alice - Finchè sei sotto la nostra protezione devi dirci chi ti
avvicina!
-
Ma io non sono ... - cercai di rispondere
-
E’ mio cugino - mi interruppe Alice pestandomi un piede - è l’unico della mia
famiglia che mi è stato davvero vicino nei momenti più difficili. Ora vive in
Danimarca e mi vuole ospitare in casa sua con sua madre, sua sorella, sua
moglie e sua figlia...
Io
avevo gli occhi di fuori, dove la trovava tutta quella fantasia?
-
Vieni - mi ordinò - dovrai firmare dei documenti che chiariscono la tua
posizione! - la direttrice era spaventosamente autorevole!
La
signora ci precedeva con una camminata da soldato, io e Alice eravamo più lenti
e molto più indietro.
-
Cosa sei andata a raccontare!?
-
Preferivi che la dicessi che non sei un essere umano, che vivi in un’astronave
su un satellite di Giove? Che stiamo combattendo una guerra per riprenderci la
nostra città, con tre Lune e tre Soli? Ricoveravano anche te puoi giurarci!
Per
circa tre quarti d’ora io dovetti ricordarmi di avere: una figlia di tre anni
di nome Carolina, una moglie (Ulla era il suo nome) orfana di padre e madre da
quando era bambina, un appartamento con giardino, un cane di tredici anni di
nome Full, un canarino di sette anni di nome Quik, una madre ottantasette anni
sorda, con un cancro alle ossa...
Insomma
ero un santo che si prendeva cura di tutto e di tutti.
Invasi
la scrivania della direttrice con foto della mia presunta moglie nel giorno del
nostro anniversario, di quella che poteva essere mia madre mentre scartava i
regali sotto l’albero di Natale, di mia figlia con i compagni di scuola, del
cane mentre giocava, del canarino mentre beveva, del giardino di casa,
dell’interno dell’appartamento, della camera dove avrebbe vissuto mia cugina Alice.
Non
solo.
Le
foto dei miei colleghi di lavoro (dissi che lavoravo in una fabbrica di
palloncini! Non so perché mi vennero in mente i palloncini, ma sembrava una
bella idea).
Poi
fogli a non finire: documenti, fotocopie, carte bollate, visti, passaporti,
autorizzazioni di ogni genere...
Sembravo
un mago! Dovevo far solo comparire il coniglio dal cilindro!
La
direttrice autorizzò Alice a lasciare il ricovero.
Prendemmo
i bagagli e ci recammo alla fermata del autobus.
Riconoscemmo
la direzione da prendere perché sulla panchina della fermata del bus si srotolò
un gomitolo di filo argentato.
Mi
venne da ridere:
-
Da quando Gabriel ti segue da vicino la tua vita è cambiata non è vero?
Alice
sorrise ma non rispose. Ci sedemmo sulla panchina.
Il
bus arrivò subito.
Mi
stavo divertendo, dopo tanto isolamento sull’astronave quella gita sulla Terra
proprio ci voleva!
Anche
Xantyan lo diceva: Alice era di buona compagnia.
Guardavamo
fuori dal finestrino o gli altri passeggeri che salivano e scendevano
dall’autobus.
Alice
era caustica, spesso prendeva in giro il modo di camminare, di parlare o di
vestire di alcuni di loro.
Io
le dicevo che era troppo snob.
Lei
ribadiva, scherzosa, che in fondo era una Principessa.
Rimasi
con lei sei giorni.
La
notte la passavamo spesso all’aperto.
Alice
era velocissima a costruire capanne o rifugi di fortuna.
Qualche
volta invece entravamo nelle case.
Forzavamo
la serratura o rompevamo un vetro di una finestra ed entravamo come due ladri.
Non
è bello da dire, ancora meno da fare, però era divertente!
Spiavamo
la vita dei proprietari delle case rovistando nei cassetti, aprendo armadi,
guardando ciò che mangiavano o leggevano.
Ascoltavamo
la loro musica. Leggevamo la posta. Guardavamo la televisione.
Una
volta ci sbagliammo ed entrammo in una casa dove erano presenti gli inquilini,
che, poverini, si spaventarono di brutto.
Alice
approfittò della mia presenza per evitare di redarre le sue relazioni.
Io
stesso scrissi ciò che facevamo o vedevamo intorno a noi.
Quando
entravamo nei centri commerciali Alice controllava sempre i prezzi.
Da
lì s’infervorava su discorsi complicatissimi di economia politica, sul costo
del denaro, sulle banche, il cambio valuta, la Borsa...
Quei
ragionamenti mi faccevano deflagrare il cervello!
Io
mi divertii a riparare: radio, televisori, e computer di alcune persone che
incontrammo nel nostro vagabondare.
Per
la verità erano tutte macchine antiquate (da buttare) ma era piacevole vedere
dei ruderi tornare a funzionare e rendere felici i loro proprietari.
Un
signore, dal momento che non chiedevo soldi per il mio lavoro, per sdebitarsi,
ci offrì un passaggio in macchina che accellerò di parecchio il viaggio di
Alice.
Era
già notte fonda.
Io
e Alice eravamo sdraiati sotto il riparo che avevamo costruito.
Tenevamo
le teste fuori per guardare il cielo.
-
Lo vedi lassù? - indicai - Michael è ripartito.
Fra
le stelle si vedeva una grossa scia rosso sangue che attraversava il cielo.
-
Xantyan più passa il tempo più pare inferocirsi
-
Comincia ad avere paura - presi Alice sotto il braccio - allora cugina - dissi più scherzoso - quali
sono i tuoi programmi, già che hai mollato Andrè...
-
Ah aah... - sbuffò
-
Lo sai che non mi è andata giù!
-
Comunque... - sorvolò - Cerco Jeanne, lei è qui in Inghilterra non in Irlanda
-
Non sai dove abita però
-
No - poi sorrise - spero che il buon Gabriel mi ci porti! - si accoccolò vicino
a me - signor cugino, mi è venuto
sonno
-
Buona notte signora cugina! - sorrisi
baciandole la fronte.
Dopo
che si fu addormentata mi alzai e camminai fra gli alberi e le siepi.
Ero
convinto di aver sentito la presenza di qualcuno.
Avevo
ragione: due brutti ceffi mi saltarono addosso.
Li
misi a terra con pochi colpi e poco sforzo.
Senza
dar loro il tempo di alzarsi, sparai grosse sfere di fuoco che i due schivarono
agilmente.
Si
alzarono, cambiando aspetto: da robusti omaccioni mal vestiti, tornarono ad
essere due figure alte ed eleganti, devote di Xantyan.
-
Sei Uriel - esclamò uno
-
Cosa ci fai qua? - domandò incredulo l’altro
-
E’ finito il tempo in cui eravamo bloccati su Giove - dissi fiero - state
lontano da me e da Alice!
Lanciai
altre due fiammate contro di loro.
I
due indietreggiarono stupiti. Io avanzai minaccioso. Sparirono.
La
mattina dopo io e Alice riprendemmo il cammino, ma non le raccontai niente di
quello che era accaduto durante la notte.
L’accompagnai
alla stazione, aspettai che il treno partì per salutarla.
Lei
continuò il suo percorso, io tornai dai Sovrani.
Gabriel
con la sua astronave si stava avvicinando ad un pianeta coperto da incedi ed
eruzioni vulcaniche.
-
Dobbiamo scendere? - chiese Mumiah
-
No - rispose Gabriel - nessuno abita questo pianeta
-
Prossima fermata Klemora, prenotarsi prego - disse Manakel
-
No proseguiamo - rispose Gabriel guardando la mappa stellare.
La
sua attenzione si fermò sul pianeta Terra.
-
E’ ancora lontano - gli disse Rochel indicandogli dove si trovavano loro.
Gabriel
sorrise e annuì.
Tamburellò
con un dito su una stella.
-
Fai rotta su Liorya - ordinò
-
Quello è Michael! - esclamò Eyael
Le
legioni di Michael filavano nel cielo come saette.
Michael
si mise in contatto con loro:
-
Attento Gabriel - avvisò - Xantyan vuole colpire la tua nave
-
Che ci provi! - rispose contrariato Gabriel
-
Sono moltissimi - continuò Michael stizzito - si moltiplicano come topi!
-
Eccoli li vediamo - intervenne Haiaiel
Le
navicelle di Xantyan apparvero in lontananza.
-
Aumenta la velocità - ordinò Gabriel - dobbiamo toglierci da questa situazione.
Erano
un’infinità, schierate tutte davanti all’astronave di Gabriel, immobili e
minacciose.
-
Che facciamo? - domandò Rochel a Gabriel
-
Proseguiamo - rispose Gabriel senza dubbi.
La
nave proseguì, ma i nemici non si muovevano.
-
Rischiamo di andarci a schiantare addosso a loro
-
Andiamo avanti - insistette Gabriel.
La
nave proseguì il suo volo.
Effettivamente
i nemici non si spostavano.
Finchè
la nave di Gabriel non arrivò vicinissimo alla prima formazione che gli
bloccava la strada.
Xantyan
si mostrò su uno degli schermi:
-
Cosa sei un eroe adesso? - disse arcignio
-
Lasciaci passare - rispose Gabriel
-
No no - rispose Xantyan scuotendo la testa - mi mette buon umore farvi perdere
tempo!
Gabriel
fece cenno di fermare la nave.
-
Ecco così mi piaci - rise Xantyan - il tuo è un animo troppo dolce, perchè
guastarlo per fare la guerra contro di me?
-
Lasciaci passare - continuò severo Gabriel.
Xantyan
si fece più cupo meno sarcastico:
-
Cosa vuoi fare? Rubare il mestiere a Michael?
-
Non mi diverto - rispose Gabriel. Ordinò di far ripartire la nave.
L’astronave
volava velocisima contro le navicelle ancora immobili.
-
Neanche io mi sto divertendo! - strillò Xantyan - Continua pure ad annunciare
il ritorno dei tuoi Sovrani, non troverete niente! Nessuno sa più chi siete!
-
Fuoco! - comandò Gabriel.
L’astronave
di Gabriel colpì la prima fila nemica.
Xantyan
sparì dallo schermo.
Anche
la nave di Michael ed i suoi guerrieri attaccarono, mentre quella di Gabriel
passava tra le nevicelle di Xantyan continuando a colpirle, abbattendone moltissime.
-
Mi piace lavorare con te fratellone! - esclamò Michael - Dovresti venire con me
più spesso!
-
Il Principe della Luna ogni tanto mostra l’altro lato - rispose Haiaiel con una
certa baldanza.
Le
navi di Xantyan sparirono, Gabriel potè continuare il suo viaggio
liberamente.
Alice
lavorava in un Pub come cameriera.
Alcune
sere addirittura cantava con dei musicisti che frequentavano il locale.
Non
mi sembrava vero: aveva ripreso ad interessarsi al mondo.
Tendeva
sempre meno ad isolarsi e sempre più a stare in compagnia.
Le
relazioni che mi inviava erano spiritose piene di simpatia verso i
frequentatori del pub, che soprannominò:
La Compagnia dei Simpatici Pettegoli
E’ una vocazione la loro!
Attraverso una sola persona si possono avere informazioni su
ciò che accade nel raggio di molte miglia.
Riferisci al Re che se voleva avere avere notizie
dall’Impero: bastava farmi venire direttamente qui senza farmi girare il mondo!
Però di me non riescono a sapere niente!
A volte li sento parlottare fra di loro, inventano storie di
tutti i generi sul mio conto.
Li faccio impazzire! E poi non riescono a tollerare il fatto
che lavoro in un pub e non bevo la birra!
Io gli ho risposto che sono partita da Venere, e lì non c’è
la birra.
Quando dico queste cose ridono e dicono che sono simpatica.
Però e vero: è vero che il mio viaggio è partito da Venere
ed è vero che sono simpatica!
Gabriel
e Manakel camminavano sulle strade polverose di Paa’Lam, un villaggio della
provincia di Faar.
-
Che caldo insopportabile! - esclamò distrutto Manakel - scrivo anche questo! -
digitò su un piccolo apparecchio che aveva in una mano. Poi si piegò
appoggiando le mani sulle ginocchia - non riesco a respirare
-
Non credere che io stia meglio - disse Gabriel portando le mani sui reni e
guardandosi intorno.
Erano
arrivati in una piazza polverosa, l’aria sembrava ancora più arroventata.
-
Guarda là - indicò Manakel - stanno innaffiando uno straccio di giardino
-
Andiamo ad innaffiarci anche noi - disse Gabriel
Si
tolserò la casacca e la legarono alla vita sopra le lunghe gonne che sfioravano
il suolo.
Si
piazzarono sotto il getto d’acqua.
-
Mi sento rinascere! - esclamò Manakel - Io non mi sposto più da qua sotto!
-
Ti piacerebbe eh?!
-
Dai aspetta ancora un po’ - lo supplicò Manakel.
Quel
sollievo durò abbastanza ma non quanto avrebbero voluto.
Furono
costretti ad andarsene perché l’irrigazione venne interrotta.
Ripresero
a camminare.
L’aria
era così bollente che passarono pochi
minuti e si ritrovarono più accaldati di prima.
-
Vado a vedere cosa c’è là - disse Manakel indicando un’apertura nel muro di
recinsione di una palazzina.
Gabriel
proseguì per il vicolo che passava dietro il muro.
Un
vicolo dove trovò alla sua sinistra: case basse dipinte con un tono di giallo
accecante. Porte e finestre serrate.
Alla
sua destra il muro alto che però dava pochissima ombra.
Gabriel
camminava sfiorando la parete per entrare in quella poca ombra.
Seduta
sulla soglia di una delle case, c’era una bambina che parlottava con una
bambola.
Somigliava
molto ad Alice.
Per
un attimo il caldo fece credere a Gabriel che proprio di Alice si trattava, ma
gli bastò ricordare che lei si trovava a milioni e milioni di anni luce
lontana.
Gabriel
portò il braccio sulla fronte per ripararsi gli occhi.
Guardò
il cielo verde smeraldo.
Alice
si trovava nel pub seduta ad un tavolo, in occasione del compleanno di Brendan,
il proprietario del locale.
-
Io voglio vederti volare - sussurrò Gabriel - il tuo posto è tra le stelle, non
laggiù...
Alice
fu attraversata dalle quelle parole.
Lui
guardava il cielo, lei si sentiva sfiorare dalla sua voce:
-
...Quanto mi manchi... - le sussurrò Gabriel.
Alice
lo sentiva vicino a sé, la sua presenza invisibile e improvvisa la stordì.
-
Non stai bene? - le chiese Jude la fidanzata di Brendan
-
Niente di grave ho le vertigini - rispose lei distratta
-
Ehi! - strillò Manakel correndo lungo il vicolo.
Gabriel
si voltò.
Alice
non sentì più né la voce né la presenza di Gabriel.
-
Come và? - chiese ancora Jude - Sei qui o sei su un’altro pianeta?
Alice
sorrise sorpresa:
-
Si effettivamente ero su un’altro pianeta!
-
Il Re ci sta’ chiamando - disse Manakel - dobbiamo tornare
- Torniamo
dal nostro Re.
Stavano
voltando indietro quando Gabriel guardò dinuovo la bambina che parlava con la
bambola; si avvicinò a lei.
La
porta alle spalle della bambina si aprì violentemente.
Si
affacciò una vecchia arcigna, vestita con un abito nero molto pesante.
-
Cosa guardate vagabondi!? - urlò questa agitando un bastone
Manakel
si spaventò.
-
Fatti in là - brontolò questa colpendo Gabriel con la punta del bastone - se
volete qualcosa da lei dovete pagare!
Manakel
sgranò gli occhi rabbrividendo, Gabriel sentì un colpo al cuore.
-
Entra in casa tu! - concluse la vecchia tirando la bambina per un braccio
facendole cadere la bambola sulla sabbia.
Gabriel
si lanciò verso di loro.
La
donna chiuse la porta violentemente come l’aveva aperta.
Manakel
fermò Gabriel che chiamava la donna ad alta voce, bussando con veemenza.
-
Non siamo qui per salvare il mondo - gli disse Manakel
-
Quando finirà tutto questo? - mormorò Gabriel - Se è questa la gente con cui
abbiamo a che fare, chi accetterà di cacciare Xantyan?
Si
abbassò per prendere la bambola, che la bambina aveva perso e la guardò
afflitto e deluso.
Appoggiò
la bambola sulla seggiola dove poco prima era seduta la bambina.
-
Torniamo dal nostro Re - disse a Manakel.
Alice
chiese un po’ d’acqua, Jude le portò un bicchiere grande con acqua e zucchero.
Alice lo rifiutò.
Indicò
il boccale di birra che Brendan stava riempendo.
-
Così: solo acqua - spiegò
-
Alice si ubriaca d’acqua! - rise Marie
-
Te l’ho detto che sono un’extraterrestre - disse Alice prendendo il boccale e
iniziando a bere
-
Ma tu ci credi agli extraterrestri? - chiese John a Marie - Io nemmeno guardo i
film di fantascienza
-
Si io ci credo...
-
Ogni tanto qualcuno avvista degli oggetti strani nella brughiera - disse Jude
- E
perché i cerchi che si erano formati nel campo di Malcom l’estate scorsa? -
disse Brendan
-
Ma sono scherzi! - disse John
Si
ammutolirono osservando Alice.
Mandava
giù tutta l’acqua in una sola veloce sorsata, come se fossero mesi che non
beveva.
-
Io mi strozzo alla prima sorsata, ogni volta che ingoio qualcosa! - esclamò
Marie
-
Ho cambiato idea - disse John - da stasera credo ai marziani
-
Voglio incontrare Malcom - disse Alice - e voglio andare a vedere la brughiera
dove avvengono gli avvistamenti
-
Agli ordini! - rise Marie
-
Domani andiamo da Malcom - disse John.
Nel
frattempo il Re e la Regina avevano ordinato a molti dei nostri viaggiatori
sulla Terra di ritornare con noi ed unirsi alle legioni di Michael.
A
questi si unirono molti abitanti di Falbash che avevano organizzato veri e
propri eserciti.
Alcuni
ex seguaci di Xantyan chiesero di essere accettati come guerrieri di Michael,
ma lui li rifiutò energicamente.
Non
ci fu verso, né il Re né la Regina riuscirono a fargli cambiare idea: per lui
non esistevano pentimenti, chi aveva scelto Xantyan era un nemico da abbattere.
Gabriel
venne inviato sulla Terra.
Proprio
questo pianeta era sullo schermo della sua astronave.
Dopo
essere passati vicino alla Luna, Gabriel ordinò di atterrare.
-
Eccola qua! Siamo arrivati - disse Mumiah - guarda quanto mare!
-
Qual’è la prima tappa? - domandò Habuhiah
-
Mali, in Africa - rispose Gabriel - ci sposteremo in: Alaska, Groenlandia,
Nuova Zelanda, poi ripartiremo...
-
Basta così! - implorò Jamabiah - una cosa per volta: sono già stanco!
Entrarono
nell’atmosfera terrestre in picchiata tagliando le nuvole.
-
Non è più così lontana - disse Manakel a Gabriel
-
Stiamo venendo da te Principessa! - esclamò Rochel allungandosi sulla poltrona
incrociando le braccia dietro la testa; si voltò verso Gabriel e gli sorrise.
Istintivamente
Alice portò gli occhi verso il cielo e vide passare l’astronave, grande e
silenziosa.
La
vide solo lei.
Paradossalmente
tutte le volte che, insieme a Brendan, Jude, John e Marie andava nella brughiera
per avvistare qualche UFO, o per scoprire la formazione dei famosi cerchi nella
piantagione di Malcom, non accadeva mai niente.
Anzi
meno di niente.
Passavano
intere nottate col naso all’insù ma, a parte un poderoso torcicollo, non ebbero
nessun risultato.
Erano
belle notti però; di una primavera calda, che invitava a stare all’aperto
seduti sull’erba a chiaccherare.
Spesso
i discorsi che venivano fuori erano concentrati sulle storie di fantasmi,
o
sui sogni fatti dai suoi amici quando erano bambini.
Pochi
credevano a questo genere di argomenti ma tutti avevano qualche esperienza da
raccontare.
-
Ci volevi tu per coinvolgermi in situazioni come questa! - disse John ad Alice
-
Non è mai voluto venire a vedere i cerchi su i campi - disse Malcom - sono
venuti quelli della televisione a fare le riprese, ma lui niente! Dice che è
tutta un burla
-
Ma già che guardi sempre il cielo - ancora John ad Alice - li conosci i nomi
delle stelle?
-
Certo! - rispose.
Si
sdraiarono a terra e Alice iniziò a raccontare le leggende legate ad ogni
costellazione.
Furono
conquistati dalle storie che raccontò, tanto che Marie decise di comprare dei
libri che le permettessero di approfondire questi argomenti.
Loro
non lo sapevano, ma Alice aveva appena deciso di lasciarli e riprendere il suo
viaggio.
Senza
né avvisarli, né salutarli, la notte successiva andò via.
Seguì
diligentemente il filo che si scioglieva davanti ai suoi piedi.
Scelse
un notte senza Luna, le uniche luci erano quelle dei fari delle auto che le
passavano accanto.
L’astronave
di Gabriel sostava su un altopiano dell’Altaj in Mongolia.
Due
adolescenti, fratello e sorella, videro per caso l’atterraggio e ne furono
sconvolti.
Corsero
da loro padre, il capo del villaggio, per avvisarlo.
Pochi
minuti dopo i due ragazzi con il loro genitore e gli altri videro Gabriel,
Manakel e Rochel, avvicinarsi, a piedi, verso il loro accampamento.
-
Devo parlare con te - disse Gabriel al padre dei due giovani.
Questo
fece cenno di entrare nella Yurta, la sua capanna.
Manakel
e Rochel rimasero fuori.
Intorno
a loro si creò una certa curiosità.
Alcuni
offrirono ai due una parte del Ganbir, l’arrosto, e due bicchieri di Kumis,
latte di cavalla fermentato.
Rochel
insisteva a rifiutare.
-
Bevi - sussurrò Manakel
-
Non ce la faccio - rispose schifato Rochel
-
Sono ospitali, non facciamo brutte figure
-
Non ci riesco.
Manakel
diede un colpo al bicchiere e Rochel si trovò costretto ad ingoiare tutto il
latte.
Rochel
s’interessò ad un uomo che aveva una gamba gonfia e deforme.
Si
chinò a toccare il ginocchio e il malato accusò un forte dolore:
-
Voglio chiamare Raphael - disse a Manakel. Si rialzò in piedi rivolgendosi
all’uomo - non puoi lavorare in questo stato.
Il
malato scosse la testa.
La
figlia del capo villaggio era attratta dal colore rossiccio dei capelli di
Manakel. Lui si curvò per farglieli toccare.
-
Quello è il vostro capo? - chiese il fratello a Rochel indicando la yurta dove
era entrato Gabriel
-
Si
-
Come mai non esce? - chiese Manakel a Rochel
Rochel
alzò le spalle:
-
Boh?!
Manakel,
tenendo per mano la ragazzina, entrò nella yurta e sentì la parte finale della
conversazione di Gabriel con il capo villaggio:
-
Noi siamo nomadi - diceva l’uomo - abbiamo le nostre tradizioni, e sono secoli
che seguiamo solo queste. Di Re ne sono passati tanti. Quanta gente ho visto
venire qua, cercando di farci diventare come loro...Non ci sono mai riusciti.
Ora tu mi dici che sta per tornare un antico Re. Non so di chi parli, siamo
gente semplice, che conduce una vita semplice...
-
Ho capito - disse Gabriel alzandosi in piedi interrompendo la conversazione
-
Vi darò i miei cavalli e la mia capanna per tutto il tempo che vi fermerete da
noi
-
Grazie - rispose Manakel inchinandosi.
Gabriel
e Manakel uscirono dalla capanna.
-
Problemi? - chiese Rochel
-
No - rispose Gabriel - mettiamoci al lavoro.
Il
capo villaggio radunò intorno a sé tutti, compresi i suoi due figli.
-
Cosa vogliono? - chiese diffidente un uomo
-
Niente - rispose il capo - non sono peggiori di tanti altri
- Il
loro capo mi fa’ paura - disse il figlio
-
Tu invece - disse l’uomo alla figlia - non ti invaghire dello straniero con i
capelli rossi. Sei promessa a Yesukai, che ne dica l’indovino - poi si rivolse
agli altri - non sono uomini come noi
-
Chi sono allora? - domandò una donna
-
Sono esseri speciali, lasciamoli lavorare.
Gabriel,
Manakel e Rochel, avevano scelto una pianura tra le montagne.
Si
erano disposti a distanza equivalente l’uno dall’altro.
I
due adolescenti li osservavano attoniti.
Gabriel
sfiorò l’erba rada con le mani.
Manakel
e Rochel fecero la stessa cosa.
Apparve
un gigantesco triangolo sospeso in aria che luccicava come se fosse fatto
d’acqua.
La
ragazzina corse verso Manakel.
-
Siete dei maghi?
-
No.
Rochel
a Gabriel si avvicinarono a Manakel:
-
Cosa vuoi sapere? - chiese Gabriel alla ragazzina
-
Un indovino ha predetto che avrei sposato uno straniero - rispose guardando
Manakel - ma mio padre mi ha promessa a Yesukai...
-
Ma chi lo zoppo?! - esclamò ridendo Rochel
-
Tuo padre dovrà cambiare le sue aspettative - rispose Gabriel, dando una spinta
a Rochel per farlo smettere di ridere - sposerai un pastore di una tribù che si
fermerà qui vicino fra tre anni - continuò - avrai due figli, maschi. La tua
vita sarà faticosa ma non infelice. Invecchierai e la morte ti verrà a prendere
senza farti soffrire.
-
Uhmm... - mugugnò la ragazzina guardando Manakel
-
Non sei contenta? - chiese Rochel
-
Uhmm... - ripetè lei - Di mio fratello cosa dici?
-
Non posso dire niente su tuo fratello - rispose Gabriel più serio.
La
giovane corse via. Rochel domandò:
-
Perché?
-
Lo perderà presto - rispose Gabriel - sarà l’unico vero dolore della sua vita.
Precipiterà da quella rupe. Lo troveranno solo dopo cinque giorni di ricerche
-
Che brutta storia... - mormorò Rochel
-
Ci guardano - indicò Manakel.
Da
lontano un gruppo di persone osservavano loro tre e il triangolo misterioso che
galleggiava a mezz’aria.
Verso
sera, al villaggio, ci fu una festa con canti e danze in onore degli stranieri.
Rochel
suggerì a Yesukai come curare il suo ginocchio.
Gli
disse che non poteva sperare di camminare meglio, ma senz’altro i dolori
sarebbero passati se avesse continuato a seguire la cura che Raphael aveva
indicato.
Durante
la notte Gabriel si svegliò più volte.
-
Si può sapere che ti prende? - domandò seccato Manakel - Non fai dormire
neanche me!
-
Preparatevi fra poco partiamo - rispose Gabriel uscendo dalla yurta.
Manakel
sbuffò insonnolito.
Svegliò
Rochel:
-
Che vuoi!? - rispose scocciato
-
Andiamo, si parte
-
Adesso! Così, su due piedi?!
-
Si adesso! Prima di subito!
-
Andiamo bene...Ma lui dove è andato?
Gabriel
galoppava con il cavallo donato dal capo villaggio, allontandosi dalle capanne.
Salì
a piedi su un picco che dominava una vallata immensa, costringendo il cavallo
ad un’arrampicata per lui inconsueta.
Alice
passeggiava serafica nella brughiera ai confini con la Scozia.
Il
filo che le indicava il cammino sparì.
Gabriel
si inginocchiò a terra di fronte alla Luna piena.
Alice
si sedette a sull’erba appoggiandosi sui gomiti, stiracchiando bene le gambe.
Gabriel
sollevò un braccio e mise la sua mano aperta contro il chiarore della Luna.
Alice
tolse il cappuccio del mantello dalla testa e alzò il viso verso il Sole.
-
Ehi, Cappuccetto Rosso! - esclamò una voce femminile verso Alice, che si voltò
subito.
Gabriel
si rialzò in piedi.
-
Michael mi ha detto che ti avrei trovato qua.
Era
una ragazza con i capelli e gli occhi nerissimi, in sella ad un cavallo.
Alle
redini tirava un’altro cavallo sellato ma senza cavaliere.
-
Sono Jeanne - le disse - dai monta, ti porto a casa mia.
Alice
saltò in piedi felicissima.
Gabriel
salì sul suo cavallo e lo proiettò in una corsa forsennata.
Alice
e Jeanne galopparono velocemente nella
brughiera.
Gabriel
rallentò la sua corsa soltanto nei pressi dell’accampamento.
Alice
e Jeanne rallentarono la loro corsa nei pressi di un villino.
Gabriel
lasciò il cavallo vicino alla capanna dove dormiva il capo villaggio e sparì.
Alice
e Jeanne sistemarono i cavalli nella scuderia ed entrarono in casa.
Michael
piombò, nella mia camera, sempre più impaziente.
-
Si sono trovate? - mi chiese
-
Si, sono a casa della tua allieva
-
Ah! - sospirò più sereno sedendosi accanto a me - meno male!
-
Ci siamo quasi
-
Speriamo, io non ne posso più: è un’attesa estenuante!
La
casa di Jeanne era bellissima: piccola su due piani, con un giardino ben
curato, un orticello due caprette, un cane, una piscina non grandissima,
circondata da alberi; il mattonato utilizzato per il rivestimento la faceva sembrare
un laghetto.
Jeanne
era sorridente espansiva dinamica, fece di tutto per far sentire Alice a
proprio agio.
Alice
dal canto suo era felice di averla finalmente trovata, ma avvertì una
sensazione che non riusciva a definire:
qualcosa
che la separava dall’allieva di Michael.
Poche
ore dopo l’arrivo di Alice entrarono in casa un uomo ed un bambino.
Jeanne
subito li presentò ad Alice:
-
Lui è Paul il mio fidanzato - prese in braccio il bambino - e questo rospetto è
Zed, il nostro pargolo!
Alice
salutò Paul, che si rivolse a lei come quando si incontra qualcuno di cui si è
tanto sentito parlare.
Poi
si chinò verso Zed:
-
Quanti anni hai? - gli chiese
-
Cinque - rispose aprendo le dita di tutte e due le mani.
Paul
e Zed e uscirono in giardino, mentre Alice e Jeanne entrarono nella cucina.
Alice
guardò Jeanne aspettando delle spiegazioni. Jeanne sorrise:
-
Lo so che tu non vedi l’ora di tornare a casa - disse stringendo il naso ad
Alice come si fa’ con i bambini - ma molti di noi si sono fermati; Antor era
uno di questi te lo ricordi?
-
Si che me lo ricordo - rispose Alice - quanti altri non torneranno?
-
Molti, anzi moltissimi. Ma non è vero che non torneremo, ci siamo fermati si,
ma torneremo, più tardi, ma torneremo
-
Perché?
-
Ho pensato che fosse bello creare in questo pianeta qualcosa che ricordi la
vita nella nostra città. E’ come fare un regalo al mondo.
Alice
era perplessa ma ascoltava interessata le parole di Jeanne.
-
Non ti è proprio mai sfiorata un’idea del genere?
-
No
-
Tu hai tanto da dare, forse non lo sai...
-
Io voglio tornare a casa - ribadì Alice.
Jeanne
capì facilmente che il discorso andava chiuso lì.
-
Micheal mi parla spesso di te - concluse - credo di conoscerti bene anche se ti
vedo solo ora.
Alice
si sedette al tavolo mentre Jeanne trafficava ai fornelli.
-
Cosa fai sulla Terra?
-
La mamma - rise Jeanne - io e Paul abbiamo preso questa casa quando lui decise
di lasciare il suo lavoro e trasferirsi in campagna...
-
No aspetta! - interruppe Alice sistemandosi bene sulla sedia - racconta bene
sono curiosa: chi è Paul e come vi siete conosciuti?
-
Ho conosciuto Paul ad una conferenza. Fino a due anni fa’ era uno psicanalista
-
Ma sa chi sei e da dove vieni?
-
Si - si fermò e sorrise - a suo modo si, ma non importa - continuò a raccontare
- ad un certo punto decise di cambiare la sua vita, di lasciare il lavoro e di
dedicarsi alle sue passioni: il giardinaggio è una di queste...
-
E’ lui che cura il giardino?
-
Si. Io volevo gestire un Bed &
Breakfast, lui accettò la mia idea e ci siamo trasferiti tutti e tre in
questa bella casa. E’ stato tutto molto semplice. Lo devo dire: non ho avuto
una vita difficile da quando sono andata via dalla nostra città. Michael mi ha
seguita e consigliata sempre per il meglio, ma è anche vero che non ho trovato
ostacoli da superare
-
Chi sono io per Paul?
-
Una mia amica come tutti i viaggiatori che ho ospitato in questa casa. Ne sono
passati parecchi. E’ una grande emozione vederli sapendo che le indicazioni che
ho dato si sono rivelate esatte. Sono sicura di aver fatto il mio dovere!
- E
di averlo fatto bene
-
Ma che sto facendo! - esclamò Jeanne - Ho preparato da mangiare per quattro!
-
Cosa cucini?
-
La pasta - rispose indicando una mensola vicino ad Alice - vedi quei libri lì?
Li ho scritti io: girando il mondo ho raccolto molte ricette e le ho pubblicate
in tre volumi. Ho avuto un certo successo!
Alice
curiosa sfogliò i ricettari.
-
Anche illustrazioni e le foto le ho fatte io
-
Sei piena di talenti! - esclamò Alice - Proverò ad assaggiare il tuo piatto
-
Veramente?
Alice
sorrise ed annuì.
-
Vedrai ti piacerà: Tagliatelle con
gamberi e Marsala.
Alice
si avvicinò ai fornelli e guardò da vicino il lavoro di Jeanne, che le spiegò
per filo e per segno come cucinare il piatto:
-
Si prendono: 250 gr di Tagliatelle, 500 gr di gamberi, 3 cucchiai di olio di
oliva, 1 spicchio d’aglio, mezzo bicchiere di Marsala, 200 gr di pomodori
Pachini, sale quanto basta. Una volta fatti rosolare i gamberi nell’olio con
aglio e prezzemolo (attenta a non far bruciare l’aglio), si versa il mezzo
bicchiere di Marsala. Evaporato il Marsala, aggiungi i pomodori freschi.
Nell’altra pentola intanto fai bollire l’acqua metti il sale, fai cuocere la
pasta. Quando la pasta ti sembra cotta (al dente) la versi nella padella
insieme ai gamberi ed i pomodori. Fai mantecare per pochi secondi (pochi
secondi altrimenti la pasta si scuoce). Fatto!
-
Buon appetito - sorrise Alice
-
Assaggia dai!
Jeanne
avvicinò la forchetta alla bocca di Alice.
-
E’ buono! - disse meravigliata
-
Visto che si può vivere bene anche lontano dalla nostra città!?
L’astronave
di Gabriel sorvolava lentamente il Mar Mediterraneo.
-
Non ci siamo più fermati - si lamentò Damabiah - io sono davvero stanco - si
appoggiò sul tavolo dove Gabriel controllava la geografia della Terra.
Mio
fratello distolse lo sguardo dalla mappa e si voltò ad osservare Damabiah che
aveva incastrato la testa fra le braccia incrociate.
Si
guardò intorno e vide che tutti i suoi collaboratori erano sfiniti:
-
Facciamo una pausa - disse.
Damabiah
sollevò la testa con gli occhi increduli, gli altri sembravano rianimarsi dal
letargo.
-
Possiamo andare a riposarci? - chiese Mumiah indicando verso le loro camere
-
Non volete scendere? - chiese sorpreso Gabriel
Molti
scossero la testa assonnati.
-
Ci porti al mare? - domandò Eyael
-
Io scendo volentieri - si fece avanti Rochel
-
Andiamo al mare - disse Gabriel - ci mescoleremo fra i villeggianti.
Come
dei turisti: Gabriel, Haiaiel, Rochel, Eyael
con tanto di borsa, asciugamano e pantaloncini andarono sulla spiaggia
di Porto Cervo, sulla Costa Smeralda in Sardegna, in Italia per la precisione.
Arrivati
sulla spiaggia immediatamente si gettarono in acqua per fare il bagno.
Solo
dopo un bel po’ di tempo uscirono e si sdraiarono al Sole.
Haiaiel
dalla borsa estrasse una bottiglia di crema.
Rochel
la prese scoppiando a ridere:
-
Che fai?
-
Ci dobbiamo nascondere fra gli altri - disse Haiaiel - vedi tutti si spalmano
la crema...
-
Sei demente, o cosa? - continuò Rochel impedendogli di riprendere la bottiglia.
Eyael,
che nel frattempo si era allontanato, stava tornando con un giornale in mano.
Si
sedette a terra ed iniziò a leggere i titoli a voce alta.
-
Non ci dovevamo riposare? - disse Haiaiel - Queste notizie mi fanno venire la
depressione
-
Leggo la cronaca rosa? I sondaggi di quest’estate?
-
Non leggere proprio!
Giunse
un ragazzo:
-
Ciao! Sono uno degli animatori della spiaggia: stiamo organizzando una
gara. Volete partecipare?
-
Gara di che? - domandò Rochel
-
Una parodia di Miss Italia: Mister Cervo
-
Non vorrei insistere ma sta’ guardando te - sussurrò con un sorriso Gabriel ad
Eyael
-
Dai partecipa! - sussurrò Haiaiel
-
Che dovrei fare? - chiese Eyael
-
Una sfilata indossando vestiti caraibici - rispose l’animatore
-
Vai e fatti onore! - spronò Gabriel, sempre più divertito
-
Vuoi partecipare? - insistette l’animatore direttamente a Eyael.
-
Ma si! - gli rispose alzandosi in piedi.
Seguì
l’animatore che lo accompagnò a provare il costume della sfilata.
Gabriel,
Rochel e Haiaiel lo incitarono a tornare vittorioso.
Dopo
qualche minuto Gabriel si allontanò dai suoi compagni e si mise a passeggiare
sul bagnasciuga osservando la gente che popolava la spiaggia.
-
Guardalo - disse serio Rochel a Haiaiel - ci ha fatto fare la pausa, ma è lui
l’unico che non si rilassa mai!
-
Non vorrei stare nei suoi panni neanche mezzo nano/secondo - rispose Haiaiel
sdraiandosi sull’asciugamano.
Gabriel
si tuffò fra le onde.
Alice
si trovava ai bordi della piscina, in compagnia di Paul e Zed che giocavano
vicino a lei.
Immerse
un braccio nell’acqua per recuperare un giocattolo che era caduto a Zed.
Si
sentì afferrare il braccio come se qualcuno volesse trascinarla dentro la
piscina.
Quando
la presa si fece più morbida, riconobbe il tocco di Gabriel.
Tirò
fuori il braccio dall’acqua, porgendo il giocattolo a Zed.
Gabriel
tornò dai suoi compagni che continuavano a fissarlo.
-
Che vi guardate? - domandò
-
Lo sai che i dipendenti parlano sempre male del capo, quando il capo non c’è! -
rispose allegro Haiaiel
-
Non vi ci porto più al mare! - rise Gabriel sdraiandosi sull’asciugamano.
Al
tramonto ci fu la sfilata per eleggere Mister
Cervo.
Divertente:
bella la scenografia, belli i costumi colorati, bella musica.
Eyael
si rivelò molto spiritoso ed infatti fu lui a vincere.
Rochel
e Haiaiel fecero un tifo da stadio.
Quando
il presentatore gli chiese a chi volesse dedicare la vittoria Eyael
rispose:
-
Dedico il titolo ai miei amici, ed al mio capo, quello là con i pantaloni
bianchi e la maglia grigia.
Tutti
si girarono per vedere Gabriel che si raggiunse il palco insieme a Rochel ed
Haiaiel.
-
Un bel applauso! - esclamò il presentatore - adesso consegniamo il premio della
serata!
Eyael
prese una busta contenente l’invito per l’ingresso gratuito di sei persone in
discoteca.
Gabriel
invitò Eyael a scendere dal palco.
-
Possiamo andare in discoteca - gli disse Eyael
-
Si in discoteca...Andiamo sull’astronave sirenetto! - sorrise Gabriel
spingendolo sulla schiena - la pausa è durata abbastanza
-
Che peccato però - mugugnò Eyael
-
Si era già immedesimato nel suo ruolo di bello
da spiaggia! - rise Rochel prendendogli il premio dalla mano
-
Dai qua - Haiaiel prese l’invito dalla mano di Rochel e lo lanciò in aria.
La
busta cadde fra le mani di un gruppo di ragazzi e ragazze che vedendone il
contenuto strillarono felici.
Alice
e Paul giocavano a Ping-Pong.
Alice
era un vero disastro, non si muoveva mai, aspettava che la pallina colpisse da
sola la racchetta.
In
alcuni casi invece di andare incontro alla pallina la evitava scansandosi.
-
La tua amica ha inventato un gioco tutto suo - disse Paul a Jeanne. Si rivolse
ad Alice - io vado a dar da mangiare alle caprette
-
Vengo con te - disse Alice
-
No - intervenne Jeanne - vieni con me: ho da farti vedere una cosa - agitò in
aria una carta geografica.
Le
due amiche si sedettero sull’erba.
Jeanne
indicò un promontorio all’estremo nord della Scozia.
-
Devi arrivare quassù.
Alice
guardò Jeanne seccata.
-
Non ti preoccupare, ti accompagnerò io. Andremo tutti e quattro con la Jeep,
faremo un bel giro turistico così vedrai anche Glasgow ed Edimburgo.
Proseguiremo fin dove Michael mi ha detto di lasciarti. Infine troverai una
torre di cristallo. Sarà la tua ultima tappa. Lì aspetterai Michael, che ti
darà il comando per incontrarti con Xantyan...
- E
gli altri dove si stanno radunando?
-
Non lontano da te. Dalla torre ci vedrai arrivare: ci riuniremo per accogliere
il ritorno del nostro vero Re!
-
Paul e Zed?
-
Ci saranno anche loro. Siamo di più di quanto tu non possa immaginare, il
povero Xantyan si deve rassegnare a tornarsene nel suo rifugio di ghiaccio!
-
Ma perché sono stata investita io per una missione così imponente? Io non
facevo altro che cantare nel Clan di Uriel...
-
Era stato deciso dai Sovrani che sarebbe stato un allievo di Gabriel a
sconfiggere Xantyan, Gabriel ha scelto te...Perché lo sanno solo lui, il Re, la
Regina e Xantyan - con tono ironico concluse - ma se ti ascolti bene lo sai
anche tu. Non credi?
-
Troppi sottintesi, troppi misteri! - Alice scalpitava.
Io
Raphael e Michael eravamo di fronte all’arazzo della Regina.
C’era
una strana frenesia intorno a quest’opera:
fu
ordinata una cornice di cristallo che la decorasse.
Venne
realizzata rapidamente, come se fosse la cosa più importante da fare in
assoluto.
-
Dicono che è quasi finito - dissi a Michael - a me sembra più incomprensibile
di prima
-
Io vedo delle nuvole - disse Raphael
- A
me sembra una cascata - disse Michael non troppo sicuro
-
Le cascate del Niagara! - esclamai indispettito - Ma come fate a vedere
qualcosa? Io distinguo solo il cerchio al centro!
-
In effetti, non hai tutti i torti - mormorò Michael.
Jeanne
Alice Paul e Zed partirono con la Jeep.
L’ultimo
viaggio per Alice, che s’impossessò della macchina fotografica di Paul.
In
quei giorni divenne la fotografa ufficiale della famiglia di Jeanne.
Si
divertiva molto a fotografare l’espressioni buffe di Zed.
Un
bambino piuttosto capriccioso e permaloso, che si arrabbiava ancora di più
proprio quando scopriva di essere stato fotografato da Alice, che non perdeva
occasione per fargli dispetti ed irritarlo ulteriormente.
Andrè
era da solo, intento a pulire una moto.
Alle
sue spalle una voce famigliare lo chiamò.
-
Gabriel! - esclamò sconcertato
-
Sono venuto per ringraziarti - gli disse Gabrel con voce calma per
tranquillizzarlo
-
Di cosa? Non ho fatto niente di più di quello che mi avevi chiesto...
-
Per non averla trattenuta
-
Non penserai che Alice permetta a chi che sia di farle fare quello che non
vuole?
-
Non è sempre così.
Andrè
osservava Gabriel stupito:
-
Vuoi riportarla indietro? - gli domandò
-
Se potessi lo farei, ma è ancora presto.
Andrè
azzardò una confidenza, sperando di non offenderlo:
-
Non immaginavo che fra la tua gente ci si potesse innamorare.
Gabriel
lo guardò con simpatia e rispose:
-
Chi se non noi?
-
Si sa così poco del vostro mondo
-
Tu sei nato in un Universo scisso, frammentato, diviso, pieno di sentimenti
contraddittori, di rancori. Non era così prima - Gabriel si fermò abbassò lo
sguardo intristito dalle sue stesse parole - io questa separazione non la
sopporto più! Ma le cose stanno per cambiare: così anche tu vivrai in un mondo
governato dall’armonia, senza strappi, senza recinzioni, senza confini
-
Dobbiamo allontanare Xantyan - disse Andrè risoluto
-
Riportarlo nel luogo che si era scelto.
Andrè
era emozionato, era la prima volta che incontrava Gabriel di persona, scoprirlo
così ben disposto al dialogo fu per lui una sorpresa e una gioia immensa.
-
E’ un onore parlare con te - disse Andrè
-
Ti auguro tutto il bene che desideri.
Gabriel
svanì nel nulla.
Andrè
si sentì perso, ma felice.
Il
Re e la Regina passeggiavano con i cani del Re all’esterno dell’astronave,
sulla superficie di Amaltea :
-
Gabriel ha terminato anche il suo compito sulla Terra - disse la Regina
-
Possiamo farlo rientrare - disse il Re accarezzando uno dei cani.
I
due cani si misero a correre e giocare fra di loro.
Il
Re ordinò all’astronave di Gabriel:
-
Potete tornare alla base
-
Ma Gabriel non c’è - rispose Habuhiah
Il
Re e la Regina si guardarono sorridendo.
-
Recuperatelo - ordinò la Regina.
Alice
camminava spedita seguendo il suo filo che si srotolava ai suoi piedi.
Il
filo si fermò. Lei si inginocchiò per toccarlo, ma questo sparì.
Allora
la Principessa si rialzò.
Venne
sorpresa da un mantello che la avvolse dalle spalle:
-
Non vuoi perderti nel mio mare?
Alice
si voltò e vide Gabriel.
Lo
abbracciò stringendolo fortisimo. Non si staccava più.
Gabriel
alzò gli occhi al cielo e vide la sua astronave che lo chiamava:
-
Posso rimanere solo pochi minuti
-
C’è sempre qualcuno al quale bisogna obbedire! - disse Alice guardando
l’astronave.
Contrariata
riprese a camminare velocemente:
-
Quando finisce questa odissea? - brontolò - Che razza di vita mi avete
costretto a vivere?!
Gabriel
rise e la riavvicinò a sé:
-
Tu hai accettato di seguire il mio addestramento - le rispose - chi sceglie me
come Guida non ha una vita facile
-
Mi stai elegantemente dicendo che me la sono cercata! Stai a vedere che è colpa
mia...
Gabriel
la baciò.
Alice
assoporò quel bacio come se avesse bevuto qualcosa di fresco:
-
Le tue labbra profumano di gelsomino - disse burlesca
-
Una poetessa! Ecco cosa sei! Non un guerriero! Cos’è che mi dicesti una volta? Tu sei come il mare, avvolgi tutto quello
che ti è vicino e lo porti lontano...
-
Non prendermi in giro! - Alice lo spinse lontano da lei.
Gabriel
le afferrò il braccio e la riavvicinò a sé:
-
Devo andare via - disse guardando l’astronave - tornerò presto a trovarti
-
Ci devo credere?
-
Si. Voglio portarti in in posto...
-
No! Un’altro! - esclamò Alice, poi abbassò la voce - E’ un bel posto almeno?
-
Il più bello: dove si amano gli angeli.
Alice
sorrise.
-
E’ un posto che ci piace - rispose briosa
Gabriel
sparì lasciando ad Alice una bicicletta.
Pedalando
pedalando, dopo pochi chilometri, arrivò di fronte ad una torre altissima di
cristallo luccicante, ma bianca come l’avorio.
- Dove si amano gli angeli - ripetei a
Michael - che frase ad effetto!
-
Gabriel e Alice: il giorno che accadrà sarà il più bello della mia vita! -
disse lui raggiante