Cap 6:FLOCONS DE NEIGE ET PETALES DE FLEURS - FIOCCHI DI NEVE E PETALI DI FIORI
FIOCCHI DI
NEVE E PETALI DI FIORI
Preparai
io lo zaino di Alice. Io sapevo che cosa le sarebbe servito e non volevo che
facesse brutta figura con Gabriel.
Ero
orgoglioso che fosse stata scelta lei, un po’ perché era del mio Clan, e poi
perché era una cara ragazza, dal temperamento forte e un buon carattere.
-
Dimmi se è pesante - dissi aiutandola ad indossare lo zaino
-
Certo leggero non è - rispose - sai, credo di essere emozionata - rise grattandosi
una guancia.
-
Lo credo bene che sei emozionata! Vedrai sarà dura, ma sarà anche un’esperienza
che non potrai dimenticare
-
Bene dopo questa tua benedizione possiamo andare - rise Alice
-
...E anche per Gabriel sarà un’esperienza unica - dissi fra me ridendo.
L’accompagniai
sulle pendici di tre grosse montagne.
Gabriel
era là che ci aspettava.
-
Eccoci, puntuali - dissi
-
Bravo - poi rivolgendosi ad Alice - vogliamo andare?
-
Andiamo - gli rispose guardandosi intorno
-
Fammela salutare! - esclamai abbracciando Alice e dandole un bacio sulla fronte
- E non la strapazzare!
Gabriel
mi salutò con un cenno della mano mentre già avevano cominciato a
camminare.
Procedettero
per un sentiero tipicamente montanaro:
all’inizio
comodo e largo: era possibile gustare il panorama e non era necessario guardare
dove si mettevano i piedi.
Più
avanti si fece ripido pieno si sassi e rovi.
Poi
sempre più ripido fino a scomparire del tutto, e camminare voleva dire:
posizionare con cautela i passi fra un sasso e una buca.
Arrivarono
poco prima del tramonto di fronte ad una parete di roccia che cadeva come un
muro difronte a loro.
S’intravedeva
alla sua cima una pianura rocciosa.
-
E’ là che dobbiamo arrivare - indicò Gabriel
- E
come?
-
Ci arrampicheremo.
Alice
rimase immobile a fissare che razza di arrampicata avrebbe dovuto fare.
Gabriel
iniziò il percorso e lei lo seguì copiando attentamente tutto ciò che il suo
maestro faceva: come afferrava la roccia, come si spostava, ogni più piccolo
movimento.
-
Se ti dico che soffro di vertigini mi rimandi a casa? - gli chiese perplessa
-
Non guardare in basso - rispose lui senza dar peso ai dubbi della sua allieva.
Procedettero
comunque con un certo ritmo.
Gli
ultimi metri Gabriel salì molto più velocemente e non appena arrivò alla meta
allungò un braccio ed aiutò Alice risparmiandole un’ulteriore fatica.
-
Quella sarà la nostra casa.
Gabriel
indicò una grotta molto grande.
Tutto
intorno era una geografia di rocce, speroni taglienti, crepacci, burroni; più in
alto c’erano le cime delle montagne coperte di neve.
Un
luogo fra i più inospitali e sinistri che si potessero trovare.
Subito
si organizzarono per la notte.
Le
loro giornate erano scandite da orari e una organizzazione marziale che non
lasciava spazio a nient’altro che all’addestramento.
Dall’alba
al tramonto con poche ore di riposo frammentate nella giornata, Gabriel e Alice
si allenavano.
Con
il vento, senza vento, sotto la neve, al freddo, sul ciglio di burroni o in
zone meno pericolose.
Gabriel
iniziava gli esercizi senza spiegare nulla.
A
volte passavano ore e ore immobili quasi senza respirare.
Altre
volte i movimenti erano serrati senza tregua; oppure lenti, tanto lenti da
essere snervanti.
Alice
non doveva far altro che seguire tutto senza far domande, senza chiedere il perché non ci fosse un
senso logico alle procedure che il suo Maestro attuava.
Gabriel
la osservava e la studiava in silenzio, Alice dal canto suo si stava rivelando
una allieva diligente.
Una
sera, mentre stava accendendo il fuoco nella grotta, notò che le labbra di
Alice sanguinavano a causa delle ferite provocate dal freddo.
-
Mettiti qui, accanto al fuoco - la guardò da vicino - tieni passa questo sulle
labbra.
Alice
si coprì le ferite con il medicamento.
-
Cos’è una tempesta di neve?
-
Passerà presto - rispose Gabriel che era all’ingresso della grotta - non ti
muovere da là - disse con tono severo vedendo che Alice si stava alzando -
rimani vicino al fuoco, non ti sei accorta che hai la febbre?
-
Si, brucio come un tizzone
-
Cerca di dormire. Domani partiamo
-
Lasciamo la grotta? Peccato mi ero quasi affezionata.
La
discesa fu anche più difficile della salita.
Attraversarono
le montagne passando in gallerie buie.
Camminarono
sui bordi dei burroni.
Si
calarono con le corde per passare al versante opposto dei monti.
C’era
la neve, spesso ghiacciata, e scivolare era la cosa più frequente che poteva
capitare.
In
tutto questo gli allenamenti non ebbero interruzioni.
I
due dormivano all’aperto, si esercitavano, poco riposo e poi dinuovo
ricominciava la discesa.
-
Legala intorno alla vita - ordinò Gabriel tirandole la corda.
Alice
eseguendo l’ordine guardò verso il basso.
Gabriel
nel frattempo aveva legato la cima della stessa corda ad una roccia.
Erano
tutti e due pronti per scendere.
-
Dobbiamo arrivare laggiù? - chiese perplessa Alice
-
Si
-
Ma è un tratto lungo...La corda è corta...
-
Basterà - rispose sicuro.
Si
calarono con ampi balzi finché la corda non rimase tirata e loro sospesi nel
vuoto.
Dondolarono
un po’ finché Gabriel non si liberò dalla corda e si agganciò come un ragno
alla parete di roccia.
-
Sciogli la corda e salta - disse Gabriel
-
Eh!? - esclamò Alice - Ma dico sei matto?
-
Salta! - strillò deciso lui
-
Ma è una follia!
-
Non discutere! Salta giù! - si spazientì
-
No! - urlò con rabbia Alice.
Allora
Gabriel afferrò la corda con una mano.
Con
quel gesto la spezzò, facendo precipitare nel vuoto Alice.
Gabriel
saltò immediatamente e i due affondarono, dopo una caduta di centinaia di
metri, sulla neve bianca e morbida.
Alice
era furiosa si rialzò immediatamente scrollandosi la neve dalla veste. Gabriel
le tirò il suo zaino e l’aggredì:
-
Di cosa hai paura?!
Alice
non rispose.
-
Avanti! - continuò Gabriel spintonandola con rabbia - Di cosa hai paura? Hai
paura di me, o di te stessa?
-
Non ho paura di niente io! - urlò lei con orgoglio - Lasciami stare! - concluse
allontanando Gabriel con uno strattone.
Si
trovarono in una pianura coperta da neve molto alta.
Intorno
si cominciava a vedere un po’ di vegetazione:
cespugli
imbiancati e pochi alberi.
Il
cielo però era livido, un coperchio pesante e scuro.
I
due procedevano a fatica, ma con passi lunghi e decisi.
Gabriel
e Alice scavarono nella neve per cercare delle pietre.
Con
quelle pietre, tagliarono e levigarono due lunghi rami.
Con
quei rami realizzarono due bastoni da combattimento.
Le
giornate sembravano infinite. Il tempo era come distorto, permettendo ai due di
accumulare sempre più attività.
Le
ore di riposo quasi sparirono, per trovarle nella notte che sembrava non
arrivare mai.
Alice
stava male. La febbre non era passata, anzi il suo stato era di gran lunga
peggiorato: tossiva continuamente e respirava a fatica.
Ma
questo sembrava non interessare Gabriel.
Non
rallentò mai il ritmo dell’addestramento, anzi i combattimenti con il bastone
erano spesso violenti ed inaspettati.
Alice
imparò presto a stare all’erta perché, da un momento all’altro, Gabriel poteva
iniziare il combattimento attaccando alle spalle o, addirittura, colpendola mentre dormiva.
Si
trovavano nella foresta quando si sentirono i primi tuoni. Costruirono così un
riparo stretto e basso, con pesanti massi che trascinarono e sollevarono
inventandosi le tecniche più fantasiose per ridurre lo sforzo.
Si
sdraiarono lì sotto e aspettarono la fine del temporale.
-
Cosa pensi: con tutta l’acqua e la neve che abbiamo preso - disse Alice -
aumenteremo di statura o ci crescerà il muschio fra i capelli?
-
Non hai il fiato per respirare, ma ne hai abbastanza per fare la spiritosa -
rise Gabriel, arrufandole i capelli bagnati
-
Stai fermo! - esclamò lei scuotendo la testa - Mi rovini la criniera - e poi
affondò i denti nel braccio di Gabriel.
Gli
fece piuttosto male.
-
Ma che fai mordi?! - scoppiò a ridere sorpreso - Io sono il tuo Maestro!
-
Maestro dei miei stivali! Guarda dove mi hai portato: a scavare buche, e
tagliar legna!
-
Ma voi del Clan di Uriel siete davvero tutti matti! - continuò a ridere Gabriel
-
Siamo i più simpatici di tutto il Creato! - rispose lei con un ampio gesto del
braccio.
-
Mi ricordo quando andavate in giro per la città con i pattini!
-
Pattini laser, veloci e luminosi! Quando il Re si accorse che
eravamo
sempre pieni di fratture li fece sequestrare. Qualcuno di quei pattini li ho
ritrovati fra i pupilli di Xantyan: organizzano veri e propri tornei. Altro che
fratture quelli si massacrano proprio!
Gabriel
approfittò immediatamente dell’occasione.
-
Vai spesso laggiù?
-
Si, vado a cantare
- E
cosa canti per loro?
-
Le stesse cose che canto per il Re
- E
sono apprezzate?
-
Si, infondo soffrono di nostalgia. Mi dicono che quando ascoltano le mie
melodie si sentono più sollevati. Il fatto è che laggiù c’è una bella energia,
ma sembra compressa. Ti rendi conto? Vivono in città sotterranee, senza mai
vedere il cielo. Fuori, all’esterno, non c’è luce, fa sempre freddo; che vita
può essere? - poi continuò intuendo che Gabriel era interessato - Quello che
proprio non riesco a capire è come mai siano così fedeli a Xantyan, quando lui
invece se ne sta’ lontano e non si fa mai vedere.
-
Non si vede mai?
-
Mai! Eppure lo adorano! - allungando una mano all’esterno del riparo disse - Ha
smesso di piovere
-
Incamminiamoci - decise Gabriel
Attraversarono
la foresta, per uscire su una grande radura.
Era
un bel posto.
Le
montagne facevano da cornice.
Alberi
alti che ondeggiavano al vento.
Colline
estese. Un fiume in piena che scorreva veloce.
La
neve ormai era alle loro spalle, ma la pioggia sembrava inseguirli.
Dovevano
adattarsi al fango ed all’umidità che entrava nelle ossa.
Ancora
tuoni.
Costruirono
una capanna di rami e foglie per passare la notte mentre l’acqua s’insinuava
sotto i giacigli.
Alice
si era addormentata, ma anche nel sonno continuava a tossire.
Gabriel
rimase sveglio: si accorse che Alice stava tremando e si lamentava, soffriva
davvero molto.
Ebbe
un moto di tenerezza e le accarezzò la fronte.
La
riscaldò con le proprie coperte.
Si
bagnò il palmo di una mano con un liquido argentato, poi la posò sul collo di
Alice, per alcuni secondi.
Era
l’alba quando Gabriel alzando gli occhi vide che le nuvole stavano aprendo il
cielo.
Tutto
era cambiato: la temperatura si era alzata, il cielo azzurro, la Principessa
completamente ristabilita.
Alice
ogni sera al tramonto nuotava nel fiume.
Anche
l’addestramento aveva preso una direzione diversa.
L’azione
serrata ed i combattimenti, avevano lasciato il posto a discipline che
sviluppavano la concentrazione.
Giornate
intere dedicate al tiro con l’arco, ma anche a discipline più creative.
Gabriel
e Alice realizzarono pennelli, fogli, colori, utilizzando tutti i materiali che
la natura circostante offriva.
Alice
non si dava pace: i colori di Gabriel erano sempre più brillanti dei suoi.
Passavano ore e ore, inginocchiati in terra, a tracciare una linea o studiare un
tratto. Giornate intere per ogni sfumatura di tono.
Di
colpo Alice lanciò i pennelli sul prato, si alzò in piedi difronte a Gabriel e
allungò una mano verso di lui, ancora attento al suo lavoro.
-
Si? - disse alzando lo sguardo
-
Vuoi ballare con me? - chiese Alice.
Gabriel
la guardò divertito. Posò i pennelli a terra e si alzò in piedi - balliamo -
rispose con un inchino.
Così
Alice iniziò a cantare, e i due improvvisarono una danza seguendo il canto.
Si
scoprirono ballerini provetti, piuttosto affiatati.
Fu
la prima e unica volta che spezzarono la disciplina ferrea dell’addestramento.
Poco
prima di riprendere il cammino Gabriel sistemò sul prato tutti i loro lavori
pittorici. Alice era convinta che li avrebbero portati con loro e ci rimase
molto male quando vide che Gabriel con un gesto delle mani fece sparire nel
nulla tutto il materiale.
-
Ma perché? - domandò dispiaciuta - li volevo tenere come ricordo!
-
Guarda avanti - disse con tono secco lui.
Con
una lieve pressione sulla spalla di Alice, la indusse a girarsi e iniziare a
camminare.
Seguirono
il corso del fiume, intervallando il viaggio con l’esercitazione al tiro con l’arco, finché
non arrivarono sulle rive di un lago.
Presero
una barca e Gabriel affidò i remi ad Alice che iniziò a vogare.
-
Dobbiamo arrivare sull’altra riva prima che faccia notte
-
Non ti preoccupare Biancaneve - sorrise Alice - ti riporterò sano e salvo a
casa.
Arrivarono
che si stava facendo buio.
Dormirono
nella barca, per ripartire immediatamente all’alba.
Camminarono
dall’alba al tramonto e questa volta anche di notte senza interruzioni.
Videro
iniziare un nuovo giorno.
E
ancora camminarono, finché Alice non si fermò e rimase sorpresa nel vedere che
Gabriel procedeva senza aspettarla.
-
Ehi! - lo chiamò facendolo voltare - Non ci fermiamo mai?
-
No
-
Come no?
-
No - Gabriel riprese a camminare. Si girò dinuovo - procedi.
Camminarono
per altri quattro giorni filati, di giorno e di notte, senza pause e senza
esercitazioni.
Passo
spedito e falcate lunghe.
-
Gabriel sono stanca! - si lamentò Alice
-
Cammina!
Poco
dopo Alice iniziò a lamentarsi sul serio:
-
Basta! Sono stanca: mi gira la testa, mi fanno male le gambe, non sento più le
spalle...Ho sete!
-
Coraggio! - Gabriel proprio non l’ascoltava.
Alice
continuò a camminare e poi riprese:
-
Sono stanca!
Poi
come una cantilena ripeté all’infinito quelle parole colpendo con la testa,
come un toro, la schiena di Gabriel.
Gabriel
la lasciava fare, poi esausto scoppiò a ridere! Si fermò.
-
Finiscila!
-
Una pausa ti prego!
- No
-
Allora ti sfido! - disse risoluta gettando lo zaino a terra - Un combattimento:
se riesco a buttarti a terra ci fermiamo, se vinci tu camminerò senza fiatare
-
Sta’ bene.
Il
combattimento iniziò con i bastoni.
Gabriel
faceva sul serio, approfittando dell’occasione, per vedere a che punto era
arrivato l’apprendimento della sua allieva.
Alice
quasi non si ricordava più della stanchezza di cui soffriva e combatteva con
una certa sicurezza.
Gabriel
le fece volare via il bastone.
Continuarono.
Come
si dice in questi casi? Se ne diedero di
santa ragione con un certo stile si, ma con notevole violenza.
Bastò
un piccolo errore di Alice che Gabriel la colpì immediatamente alle gambe,
facendola cadere.
-
Ti ho stracciato - le disse bloccandola a terra
-
Uffa! - sbuffò lei rialzandosi in piedi.
Riprese
il suo zaino, e ricominciò a camminare, zitta zitta, quasi non esistesse.
Ancora
camminarono, attraversando vallate e prati; poi poco lontano, Alice vide
qualcosa che la fece rinascere.
-
Una casa! - esclamò gettando in terra lo zaino.
Gabriel
la vide scattare via come un razzo:
-
Non eri stanca? - disse piuttosto sorpreso da tutta quella vitalità - Dove vai?
Aspetta! - le urlò vedendola allontanarsi - Ma tu guarda! - disse poi
accollandosi anche lo zaino di Alice.
-
Un letto! - esclamò felice lei aprendo la porta della casa - Finalmente potrò
dormire su qualcosa di morbido!
Con
un balzo ci si tuffò sopra.
Non
appena il suo peso affondò nel materasso, si vide circondata da piccoli
insetti, che fino a quel momento, avevano vissuto tranquillamente fra le
lenzuola.
Alice
scattò subito in piedi.
-
Cosa c’è ancora?! - esclamò guardando gli animaletti correre da tutte le parti.
-
Siamo qui per ristrutturare questa casa, non per riposare - disse Gabriel
-
Va bene - rispose lei sdraiandosi dinuovo sul letto - vorrà dire che prima di
iniziare i lavori di manovalanza farò un bel sonnellino in compagnia di queste
deliziose bestiole.
Come
Alice posò la testa sul cuscino, si addormentò all’istante.
Gabriel
aprì tutte e tre finestre, si affacciò
per guardare fuori, poi si voltò verso Alice che dormiva beata:
-
Certo che ne hai di forza - disse sorridendo.
Uscì
dalla casa e si avviò nella campagna.
Lentamente
passeggiava fra le spighe che sembravano d’oro, sfiorandole con le mani.
Andò
a riposare all’ombra di un platano, circondato dalle foglie dei rami spioventi.
Faceva
molto caldo, sullo sfondo vedeva la casa come un miraggio.
Notò
un piccolo fiore vicino a lui; lo colse per gustarne il profumo.
Quando
fece ritorno nella casa si accorse che per quanto stremata dalla stanchezza,
Alice si era svegliata già da un po’.
La
vide sostituire le lenzuola del letto.
-
Cosa stai facendo? - le chiese stupito
-
Ho sfrattato gli animaletti
Gabriel
si avvicinò e le offrì il fiore che aveva colto.
-
Grazie! Che gesto gentile!
-
Dobbiamo realizzare delle aiuole - disse Gabriel
-
Ma allora è un’altra lezione! - esclamò rassegnata - E io che pensavo fosse un
regalo!
Così
iniziò per Alice un nuovo periodo, dedicato interamente alla ristrutturazione
della casa che era diventata il loro alloggio.
Si
trattava in realtà, non tanto di una casa vera e propria, ma di un piccolo
edificio, con una sola camera contenente: un letto, un armadio, un tavolo ed un
camino.
Le
pareti avevano, all’interno, l’intonaco completamente scrostato, all’esterno
piante e tane d’insetti radicate nelle crepe dei mattoni.
Il
tetto era sfondato al centro.
A
ridosso di una parete esterna c’era quello che un tempo doveva essere il
deposito della legna, ma ai loro occhi si presentava come una catasta di
tronchi e tavole crollate a terra, abbandonata così.
Maestro
e allieva lavorarono dall’alba al tramonto di gran lena.
Alice
sembrava divertita da questo nuovo compito.
Le
piacevano le continue novità che doveva affrontare.
Passavano
da lavori pesanti (come ricostruire il tetto) a lavori più rilassanti e
artistici (come decorare gli interni della casa o restaurare la poca mobilia).
Oltre
l’edificio vero e proprio, ricostruirono anche l’ambiente circostante.
Realizzarono
delle aiuole piantando semi o trapiantando fiori e piante trovate nei campi.
Tutto
sarebbe stato più piacevole se la temperatura fosse stata moderata.
Faceva
troppo caldo.
A
volte l’aria era torrida, soffocante anche la notte.
Gabriel
appena arrivarono chiarì che avrebbero dormito in turni alterni ciascuno, sia a
terra (come ormai era prassi) sia sul letto che aveva l’aspetto di essere
morbido e accogliente.
Ben
presto Alice scoprì di aspettare con molta più gioia il suo turno per passare
la notte sul pavimento, rigido ma fresco, piuttosto che trascorrere pochi
minuti su quel letto che sembrava accumulare il calore del giorno.
Dormire
per lei, era impossibile.
Passò
ore e ore sveglia a girarsi e rigirarsi fra le lenzuola, sperando che almeno
tutto quel movimento la stancasse al punto da farla addormentare.
In
una di quelle nottate insonni Alice si fermò ad osservare Gabriel che sembrava
riposare con una invidiabile beatitudine.
Mentre
l’osservava le tornarono in mente molti episodi vissuti con lui.
Ripensò
alle arrampicate sulle montagne, alla traversata del lago, a quando salirono su
un albero per tagliare i rami e scolpire i bastoni per i combattimenti, a come
dal nulla erano in grado di creare i materiali più disparati per qualsiasi
evenienza.
Forse
solo in quel momento realizzò quanto fosse privilegiata.
Uno
dei compiti di Gabriel era proprio di istruire adulti o bambini a ciò che
avrebbero svolto all’interno e fuori dalla nostra città.
Era
però rarissimo che lui in persona scegliesse un allievo da seguire con quel
tipo di addestramento.
Gabriel
aveva scelto lei. Questa improvvisa consapevolezza la scosse.
Istintivamente
Alice allungò il braccio verso Gabriel per toccarlo, ma lui non era abbastanza
vicino, e le dita di Alice riuscirono a malapena a sfiorargli i capelli.
Gabriel si mosse voltandole le spalle.
Quel
movimento lo allontanò ulteriormente.
Alice
ritirò il braccio e si sentì attraversata da una malinconia insopportabile.
Con
rabbia diede un calcio alle lenzuola e rimase fissare il soffitto.
Era
pieno di decorazioni dipinte da lei pochi giorni prima.
Le
venne un’idea.
Tutte
le notti in cui non riusciva a prendere sonno, Alice abbandonava il letto, con
cautela usciva dalla casa e andava a sedersi fuori per portare avanti un suo lavoro
personale.
Realizzò
una piccola scatola di legno decorata da intarsi e miniature dipinte con i
colori ricavati dai petali dei fiori.
Creò
anche degli intrecci di rami e petali che sorreggevano una pianticella fiorita,
trapiantata nella scatolina.
Ebbe
cura di nasconderla sapientemente, fino al giorno designato.
Una
mattina Alice si avvicinò timidamente a Gabriel che lavorava in una delle
aiuole:
-
Gabriel - disse lei con notevole imbarazzo - avrei da dirti una cosa. Ecco si
vorrei parlarti!
Gabriel
si alzò in piedi e rimase di fronte a lei attento.
-
Quello che vorrei dirti è...che...
Gabriel
non capiva, ed era piuttosto stupito da quell’improvviso attacco di timidezza
da parte di Alice.
-
Il fatto è che avrei una serie di cose da dire, ma non sono molto brava a
trovare le parole...
-
Cosa c’è? - chiese lui incuriosito. Poi allungò lo sguardo verso la schiena di
Alice - Cosa nascondi lì dietro?
-
Ecco... - mormorò lei.
Poi
con un gesto repentino portò le braccia avanti.
Il
gesto fu così brusco che Gabriel fece un passo indietro.
Poi
Alice concluse:
-
E’ un regalo per te!
Gabriel
abbassò lo sguardo e vide che Alice teneva fra le mani un oggetto piccolo e
piuttosto grazioso. Lo prese:
-
Quando hai fatto tutto questo? - chiese Gabriel osservando con tenerezza il
regalo.
-
Di notte. Non riuscivo a dormire e così ho pensato di farti una sorpresa - le
parole le uscirono di colpo come un fiume in piena - Il fatto è che ti volevo
ringraziare.
Gabriel
sgranò gli occhi davvero incredulo.
-
Ho la sensazione che non vivrò più giorni felici come quelli che sto vivendo da
quando siamo partiti. E tutto questo è merito tuo, che rendi ogni cosa così
speciale! - poi indicando la scatolina - Spero ti faccia piacere: ho trattato i
fiori in modo che non appassiscano.
-
Alice... - sorrise Gabriel emozionato, guardando l’oggetto che teneva fra le
mani -Non so cosa pensare, mi stai dicendo delle cose bellissime. Grazie! Ti
ringrazio davvero!
Istintivamente
i due si abbracciarono ridendo.
La
casupola abbandonata e fatiscente, era diventata la casa delle Fate.
Mura
con mattoni bianchi, finestre con vetrate che neanche le più importanti
cattedrali avevano.
L’interno
brillava di pulizia e di colori.
Pareti
color albicocca, soffitto affrescato e decorazioni ovunque.
Fuori
il deposito della legna aveva ritrovato la sua ragion d’essere.
Le
aiuole intorno rendevano ancora più fiabesca l’immagine che Gabriel e Alice
avevano difronte: una nuvola di profumi e colori brillanti.
I
due rimasero un bel po’ a fissare il risultato di tanto lavoro,
poi
Gabriel ordinò di ripartire.
Mentre
si allontanavano Alice continuava a voltarsi per guardare ancora la casa, ma
Gabriel con tono severo continuava a ripeterle di non guardare indietro.
Finché
con una mano le girò a forza la testa, bloccandola:
-
Guarda avanti - ripeté Gabriel
-
Dì la verità - chiese Alice con tono sarcastico - dopo tutto il lavoro che
abbiamo fatto quella casetta è tornata il rudere che era all’inizio, non è
vero?
-
Che acume! - rispose altrettanto sarcastico Gabriel.
Non
dovrei dirlo, ma le cose stavano davvero così.
Ancora
una novità per Alice.
Gabriel
decise che avrebbero viaggiato di notte e dormito di giorno.
Ripresero
gli allenamenti ed i combattimenti con i ritmi vorticosi che Alice ormai
conosceva bene.
Tutto
però le sembrava diverso: la luce argentata della notte e il cielo pieno di
stelle, facevano sembrare tutto più leggero e semplice.
L’aria
non era più così calda, ma frizzantina, accompagnata da un vento sottile e
piacevole.
Era
l’alba quando arrivarono sul ciglio di un precipizio.
Intorno
a loro soltanto una distesa di verde e cielo traparente.
Più
in basso: il mare.
I
due si fermarono a guardare la distesa cristallina che si muoveva lenta e
maestosa.
-
Prendi la tua spada - disse improvvisamente Gabriel
-
Ah! Finalmente! - esclamò felice Alice, che sguainò subito la sua spada con un
movimento sicuro.
-
Chi te l’ha forgiata?
-
Sono stata io
-
Uhm...Però! - disse meravigliato guardando la spada di Alice.
Senza
preavviso attaccò, ma Alice non si fece trovare impreparata.
Alla
fine dell’esercitazione Gabriel si ritenne piuttosto soddisfatto di come Alice
combatteva con la spada.
-
Appena torneremo a casa, penso che ti affiderò per un periodo a Michael.
Quanto
sembravano lontani i giorni in cui si esercitavano sulle montagne, circondati
da neve e rocce.
L’orizzonte
si era spalancato improvvisamente.
Le
grandi scogliere ed i prati verdissimi, trasmettevano un senso di pace e
libertà immensa.
Gabriel
e Alice giunsero su una spiaggia, dove trovarono una piccola imbarcazione.
Sistemarono la vela sul pennone e immediatamente Gabriel spinse la barca in
mare.
-
Come navighiamo? - domandò Alice - Non ci sono né remi né timone!
-
Ti fai sempre troppe domande - rispose Gabriel salendo a bordo - siediti e goditi
il panorama.
Iniziarono
a navigare.
Senza
poter prendere decisioni o direzioni, i due passeggeri si ritrovarono a
costeggiare spiagge o perdersi in mare aperto.
Quando
la barca si fermava sulla sabbia, Gabriel e Alice scendevano a terra e continuavano
ad esercitarsi con la spada.
Altre
volte si immergevano in acqua nuotando fino a toccare il fondale.
Alice
amava risalire in superficie senza nuotare, ma lasciandosi trasportare dalla
corrente.
Fu
un navigare lento, finché non videro i gabbiani avvicinarsi.
Poco
più lontano alcuni edifici d’oro e d’argento sotto i quali Alice riconobbe il
porto.
Erano
tornati a casa.
Io
li aspettavo sulla banchina.
Tanto
ero felice di rivederli che li salutavo
agitando con moto perpetuo le braccia.
Erano
ancora lontani, ma Gabriel modificò lievemente l’assetto della vela così che la
barca prese una velocità insospettabile.
Alice
cadde indietro ritrovandosi seduta fra gli zaini.
Diede
un’occhiata indispettita a Gabriel
-
Non te lo aspettavi eh? - sorrise lui.
Raggiunsero
la banchina in un attimo.
Nel
rivederli provai un’emozione intensa: erano così belli, così sorridenti!
Subito
Alice mi prese sotto il braccio:
-
Andiamo, ho un sacco di cose da raccontarti! - mi disse con entusiasmo.
Michael
nel frattempo era entrato negli appartamenti del Re, che si trovava in
compagnia dei suoi due cani.
-
Gabriel e la Principessa Alice sono tornati - disse Michael
-
Bene - rispose il Re allontanandosi dai cani e avvicinandosi ad una grande
vetrata.
Toccò
il vetro con le dita e subito apparve l’immagine di me Alice e Gabriel mentre
ci allontanavamo dal porto.
-
E’ già un guerriero - disse il Re osservando Alice.